Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

Sulla verità non si fanno compromessi, sulla chiarezza talvolta: discussioni sulla compromettibilità dell'impugnativa del bilancio di esercizio (di Luca Boggio)


La compromettibilità della controversia relativa alla deliberazione assembleare di approvazione del bilancio d’esercizio rappresenta uno dei temi più controversi. Sin dall’entrata in vigore della riforma del diritto delle società introdotta nel 2003, giudici e degli studiosi hanno messo in discussione i precedenti orientamenti, dividendosi in ordine alla portata applicativa delle nuove norme che consentono espressamente agli arbitri di decidere della validità delle deliberazioni assembleari. Le domande sono: per compromettere è necessaria la natura disponibile del diritto leso? Di più, se sì, i diritti connessi con il bilancio sono disponibili? Il commento ripercorre le tesi espresse in dottrina così come le molte decisioni dei giudici e presenta una possibile soluzione – nel senso dell’arbitrabilità – sulla scorta delle speciali norme sull’arbitrato societario che prevedono più ampie possibilità di arbitrare rispetto al diritto comune regolato dal codice di procedura civile.

No compromissory agreement on truth, on clear view sometimes: discussions about the arbitrability of the litigation concerning the balance sheet approval

The arbitrability of the litigations concerning the shareholders’ general assembly resolutions approving the balance sheet is one of the most controversial topics. Since the entry into force of the new company law adopted in 2003 judges and scholars started to criticize the pre-existent interpretations, discussing the practical effects of the new legal provisions, which allow explicitly arbitrators to rule on the validity of corporate resolutions. The questions are: to arbitrate it is mandatory the discretionary nature of the right violated? Moreover, if yes, the rights related to balance sheet are discretionary? The comment reviews the scholar opinions as well as many judgments and presents a possible solution – affirming the arbitrability – because of the special regulations concerning the company arbitration that provide wider possibilities to arbitrate with respect of the general law (Civile Procedure Code).

Lodo Arbitrale Milano, 25 febbraio 2008 (Grande Stevens presidente; Gambaro, Denozza arbitri) – Alfa s.p.a. (avv.ti Sicher, Monteverde, Cagnasso) – Beta s.p.a. (avv.ti Auletta, Zoppini, D’Angelo) Arbitrato – Arbitrato rituale – Incompetenza – Eccezione di non compromettibilità  – Tardività – Non compromettibilità – Decadenza – Insussistenza (Artt. 806, 817 c.p.c.; 34, 35, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5) La mancata proposizione dell’eccezione di incompetenza nel primo atto, o alla prima udienza utile, successiva alla proposizione della domanda cui l’eccezione si riferisce, si configura come un atto tacito al quale il regolamento della Camera Arbitrale di Milano riconduce un effetto abdicativo la cui efficacia giuridica presuppone tuttavia la disponibilità del diritto controverso. (1) Arbitrato – Arbitrato rituale – Domanda nuova – Principio del contraddittorio – Replica dell’altra parte – Ammissibilità (Art. 112, c.p.c.) La domanda nuova svolta dall’attore nella sua comparsa conclusionale è ammissibile, se, giusta la previsione del regolamento d’arbitrato che il tribunale arbitrale “decide sul merito” anche “delle domande nuove proposte dalle parti nel corso del procedimento”, è connessa ad altra pendente nel procedimento e è stato concesso al convenuto di rispondere per iscritto alla domanda medesima. (2) Società – Società a responsabilità – Deliberazione assembleare – Approvazione del bilancio di esercizio – Violazione di norme imperative – Nullità – Arbitrato societario – Compromettibilità (Artt. 2378, 2379, 2434-bis, c.c.; 34, 36, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5) Nelle società a responsabilità limitata la violazione delle norme imperative poste a presidio del bilancio di esercizio delle società di capitale dagli artt. 2423 e seguenti del codice civile, ridondando sull’oggetto stesso della delibera approvativa in modo tale da rendere illecito quello, determina che la decisione di approvazione possa essere impugnata per nullità entro il triennio ai sensi dell’art. 2479-ter c.c. (3)     [Omissis] CLAUSOLA COMPROMISSORIA Contenuta nell’art. 29 dello statuto della Beta del seguente testuale tenore: “29.1. Qualsiasi controversia dovesse insorgere fra i soci e la società che abbia ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, ad eccezione di quelle nelle quali la legge prevede l’intervento del pubblico ministero, dovrà essere risolta da un Collegio Arbitrale composto da tre membri nominato dalla Camera Arbitrale di Milano. 29.2. Le modalità di nomina e funzionamento dell’organo arbitrale saranno disciplinate [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Il quadro legale di riferimento - 3. Gli orientamenti emersi nel primo decennio di applicazione della disciplina dell’arbitrato societario con riferimento alle impugnative del bilancio delle società di capitali - 4. La posizione espressa nel lodo - 5. Osservazioni critiche: il sistema “rinnovato” - 6. Segue: un nuovo problema posto dal sistema “rinnovato” - 7. Segue: “diritti” ed “interessi” rispetto alla deliberazione assembleare di approvazione del bilancio di esercizio - 8. Segue: l’impugnativa della deliberazione assembleare di approvazione del bilancio è quindi compromettibile? - NOTE


1. Il caso

La terza massima della (non recentissima) decisione in commento ha per oggetto l’im­pu­gnativa per violazione di norme imperative poste a disciplina del contenuto del bilancio di una società per azioni, impugnazione promossa dinanzi ad un Collegio di tre arbitri nominati dalla Camera Arbitrale di Milano da un socio per far valere la nullità del bilancio relativo all’esercizio 2007 per difetto di verità e di chiarezza. L’autorevole Collegio Arbitrale designato dalla Camera ed investito della questione pregiudiziale di compromettibilità ha deciso per il parziale diniego della propria potestas iudicandi, facendo applicazione della disciplina dell’arbitrato societario introdotta con la riforma del processo commerciale del 2003.


2. Il quadro legale di riferimento

È noto che l’art. 34, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 prevede che, quanto alla compromettibilità delle liti societarie, «gli atti costitutivi delle società, ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell’art. 2325-bis c.c., possono, mediante clausole compromissorie, prevedere la devoluzione ad arbitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale”, mentre il successivo art. 36 recita che «anche se la clausola compromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equità ovvero con lodo non impugnabile, gli arbitri debbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma dell’art. 829, secondo comma, del codice di procedura civile quando per decidere abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di delibere assembleari». In sostanza, la disciplina speciale dell’arbitrato societario sancisce il principio della libera compromettibilità per via statutaria delle controversie in materia di società commerciali, che abbiano per oggetto diritti disponibili, affermando – in modo positivo – dal 2003 un principio successivamente divenuto evincibile anche dalla formulazione – in negativo – scaturita dalla riforma del processo civile nel 2006 [1]. Poi, le norme speciali sanciscono anche la non incompatibilità della nuova forma d’arbitrato con le disposizioni dei diritti realizzate in virtù o in esecuzione di deliberazioni assembleari, limitando tuttavia l’ampiezza dei poteri attribuibili, in tal caso, agli arbitri e le possibilità di ridurre i margini di impugnazione del lodo che decida le impugnative delle predette deliberazioni [2]. Ancora in via preliminare si può osservare che, alla luce dell’art. 36 cit., non appare più legittimo discutere dell’arbitrabilità delle controversie aventi per oggetto l’impugnazione di deliberazioni delle assemblee societarie, escludendola in radice quand’anche sia questione di stabilire della validità delle medesime [3]. Ciò è tanto vero che una parte della dottrina sostiene che tali controversie sarebbero sempre compromettibili in [continua ..]


3. Gli orientamenti emersi nel primo decennio di applicazione della disciplina dell’arbitrato societario con riferimento alle impugnative del bilancio delle società di capitali

Tra i diversi contenuti che possono avere le deliberazioni delle assemblee delle società di capitali quelle di approvazione del bilancio di esercizio hanno senza dubbio registrato il maggior numero di casi decisi dopo le riforme del 2003. È emerso però un panorama di decisioni che evidenzia profondi contrasti interpretativi ripresi e discussi sia nei relativi commenti che in un’ampia gamma di studi in tema di arbitrabilità delle deliberazioni assembleari d’approvazione del bilancio di esercizio. Sebbene non manchino coloro che sostengono che sarebbe ancora ampio lo spettro del non compromettibile in materia di bilancio (in quanto non “disponibile”), molti interpreti affermano che la natura imperativa delle disposizioni che si assumono violate non sarebbe d’ostacolo alla soluzione per mezzo di arbitrato societario del conflitto avente per oggetto la sua approvazione. Con un notevole revirement ha trovato, consensi la tesi che nega l’esi­stenza di limiti di compromettibilità delle liti aventi per oggetto le deliberazioni assembleari di approvazione del bilancio d’esercizio [7]. A tale conclusione permissiva gli interpreti pervengono oggi, essenzialmente, per due vie non senza distinguo e diverse declinazioni delle soluzioni all’interno di ciascun orientamento. Secondo una prima lettura [8], non sarebbe ostativa alla soluzione per via arbitrale l’indi­sponibilità dei diritti litigiosi, in quanto l’art. 36 avrebbe il senso di ammettere l’impugnati­va arbitrale delle deliberazioni assembleari senza limiti, subordinatamente al fatto che agli arbitri sia imposta l’applicazione delle norme di diritto e, quindi, anche e particolarmente delle norme imperative (assai diffuse in campo contabile). Anche alla luce delle delega legislativa, non dovrebbe essere frustrato l’evidente intento del legislatore di affrancare sostanzialmente l’impugnativa delle deliberazioni assembleari dal requisito della disponibilità del diritto assunto come leso. Per altri [9], invece, proprio il concetto di “disponibilità” del diritto nel campo dell’arbitra­to societario avrebbe una particolare accezione, dovendosi considerare disponibile il contenuto di una deliberazione allorché i soci restino liberi di assumerla o meno. Ma non è tutto. Secondo una diversa [continua ..]


4. La posizione espressa nel lodo

Il lodo in commento si inserisce nel complesso panorama interpretativo esposto nel paragrafo che precede. Per comprendere meglio quale contributo la motivazione esplicitata dal Collegio Arbitrale offra al dibattito relativo all’arbitrabilità delle impugnative delle deliberazioni di approvazione del bilancio di esercizio delle società di capitali è però necessario anche tenere ben presente il momento storico in cui il lodo fu depositato. Infatti, ricordo, si tratta di un lodo dei primi del 2008, quando molte delle decisioni citate nelle note afferenti il testo contenuto nel paragrafo precedente non erano ancora state depositate. Dunque, gli arbitri non ebbero modo di prendere in considerazione molte delle argomentazioni emerse in seguito. Il nucleo centrale dell’architettura motivazionale del lodo si può sintetizzare come segue. Premessa la «difficoltà di coniugare il concetto di disponibilità con la tipologia dell’ac­certamento richiesto dall’applicazione dell’art. 2423, comma 2 che si pone indubbiamente nei termini dell’antitesi vero/falso», «se si ha riguardo alla natura dell’accertamento richiesto agli arbitri», risulta «arduo immaginare che la corrispondenza o meno alla realtà delle rappresentazioni esposte nel bilancio sociale possa essere materia disponibile», senza che sia suscettibile di rilievo il fatto che «si rimarrebbe sempre nell’ambito dei diritti patrimoniali» [21]. D’altronde, secondo il Collegio, non sarebbe lecito «sposta[re] l’attenzione su un interesse indirettamente tutelato dall’ordinamento» (cioè quello “patrimoniale”), quando sarebbe «pacifico che si debba avere riguardo all’interesse direttamente tutelato dalla norma e quindi al carattere della norma stessa che il soggetto decisore è chiamato ad applicare». Né, in contrario, potrebbe considerarsi fattore decisivo le «nuove regole in tema di sostanziale sanabilità del vizio per inerzia dei controinteressati», perché esse sono solo «attinenti al modo di essere dei rimedi» [22]. Nel sancire la preferenza per la soluzione dell’inarbitrabilità delle impugnative, perché l’interesse tutelato dalle norme regolatrici del contenuto del bilancio d’esercizio non sarebbe [continua ..]


5. Osservazioni critiche: il sistema “rinnovato”

Il problema affrontato nel lodo non dovrebbe essere risolto senza un’adeguata riflessione sull’istituto arbitrale societario ed un confronto con l’alternativa giudiziale, posto che l’af­fermazione dell’inarbitrabilità dell’impugnativa di bilancio condurrebbe a rimettere al giudice dello Stato la decisione della relativa lite. S’imporrebbe sicuramente un’esposizione più ampia di quella consentita dallo spazio di una nota per illustrare esaustivamente tutti gli argomenti da tenere in considerazione per la soluzione di uno dei casi più complessi di com­promettibilità/incompromettibilità delle liti societarie; per questo si segnaleranno una serie di rinvii ad altri studi ai quali il lettore paziente potrà rivolgersi per trovare maggiori chiarimenti ed approfondimenti. Punto di partenza è l’idea che la disponibilità sia anche funzione delle modalità secondo le quali l’atto dispositivo è realizzato [26]: cioè, maggiori sono le garanzie di conformità agli obbiettivi dell’ordinamento e più ampiamente è quindi consentito di disporre dei diritti [27]. Se si condivide questo presupposto, allora il nuovo istituto arbitrale non può non mettere in discussione gli orientamenti (restrittivi) consolidati ed imporre un riesame del “vecchio” diritto vivente alla luce del “nuovo” diritto vigente. Per quanto negata da una parte della dottrina [28], appare del tutto prevalente la constatazione che il legislatore processual-societario del 2003 abbia modificato l’istituto arbitrale, adattandolo alle esigenze del campo societario in funzione di renderne effettivo l’utilizzo e, così, evitando che questioni in ordine all’adegua­tezza della protezione riservata a tutti gli interessi coinvolti nella controversia oggetto di decisione possano pregiudicare l’efficace attuazione dei diritti. Scorrendo i repertori giurispru­denziali e consultando le banche dati, emerge un gran numero di decisioni anteriori alla riforma del 2003 nel senso dell’invalidità di clausole arbitrali statutarie e della rigorosa fissazione dei limiti di compromettibilità delle controversie soprattutto in quanto pertoccanti interessi “superindividuali”. Un quadro francamente sconfortante per un istituto che godeva di [continua ..]


6. Segue: un nuovo problema posto dal sistema “rinnovato”

Salvo accedere alle tesi più radicali [31], la disciplina legale sancisce quale requisito di legittimità del ricorso all’arbitrato societario, anche quando si abbia una domanda d’impugna­zione di una deliberazione assembleare, la disponibilità del “diritto relativo al rapporto sociale” che sia oggetto di controversia. Preliminarmente, l’attenzione dovrebbe essere, dunque, concentrata sul rapporto che intercorre tra delibera assembleare e “diritti relativo al rapporto sociale”; ma, prim’ancora, si deve chiarire quale posizione giuridica (sostanziale) [32] possa qualificarsi in tal modo. La nozione di “diritto relativo al rapporto sociale” compare per la prima volta nell’art. 34. Dunque, va ricostruita ex novo. La moderna dottrina tende a qualificare come “diritto” quegli “interessi” che integrino posizioni giuridiche alle quali l’ordinamento offre il presidio dell’attuazione coattiva. Quindi, se è condivisibile il rilievo della Suprema Corte per la quale il diritto, di cui sia necessario verificare la disponibilità, non va confuso con l’azione accordata dall’ordinamento a garanzia dell’attuazione del primo [33], non va però trascurato che attraverso l’indagine degli stru­menti di reazione – cioè, stabilendo chi abbia diritto di pretendere che si rimedi ad un illecito – risulta possibile stabilire se una posizione giuridica, per la quale un soggetto abbia interesse alla conservazione/restaurazione, assurga al rango di diritto. È noto, infatti, che un diritto non è una pura affermazione di principio da parte dell’ordinamento, ma una posizione giuridica protetta attraverso strumenti che ne assicurino anche l’attuazione forzata a domanda del titolare [34]. Dunque, se è condivisibile il rigetto dell’idea che la decadenza dall’impu­gnazione sia in sé sufficiente a qualificare come disponibile un diritto violato per mezzo della deliberazione illegittima, non lo è il rigetto – fatto proprio invece dal lodo in commento – di una prospettiva di indagine che comprenda anche il sistema rimediale “escutibile” in caso di lesione della posizione giuridica oggetto della verifica di disponibilità/indisponibilità. In un precedente [continua ..]


7. Segue: “diritti” ed “interessi” rispetto alla deliberazione assembleare di approvazione del bilancio di esercizio

Come già accennato, e riprendendo l’osservazione contenuta nel lodo in commento, la deliberazione di approvazione del bilancio di esercizio delle società di capitali [41], tra tutte le decisioni societarie, appare la più difficilmente valutabile sul metro della disponibilità/indi­sponibilità, poiché, prima di tutto, illustra la situazione patrimoniale-economica-finanziaria della società. La difficoltà che si vien dal sottolineare, se – da un lato – ha sicuramente influenzato la scelta operata nel lodo in commento (così come molte altre decisioni altrettanto negative in ordine all’arbitrabilità dell’impugnazione del bilancio), credo che – dall’altro – sia in gran parte frutto di un’insufficiente considerazione del contenuto della deliberazione in discorso, degli effetti che stessa produce, degli strumenti di reazione concessi ai titolari di interessi incisi o, comunque, lambiti dalla predetta deliberazione e della soggezione che l’ordinamento impone ai controinteressati quando un deliberazione di approvazione del bilancio di esercizio sia approvata, anche in modo illegittimo. Quindi, è proprio dal contenuto della deliberazione e dagli effetti che la stessa determina che si devono prendere le mosse per risolvere il quesito in ordine alla compromettibilità/incompromettibilità della sua impugnazione. È noto che il bilancio delle società di capitali ha una funzione quantomeno duplice: informativa ed organizzativa [42]. Orbene, sia l’una che l’altra coinvolgono le posizioni giuridiche della società e dei soci, così come incidono sugli interessi di una vasta gamma di terzi. Scontato che sul piano organizzativo il bilancio sia strumento di determinazione di diritti, potrebbe sorgere il dubbio che l’impugnativa della deliberazione di approvazione del bilancio di esercizio non possa essere oggetto di arbitrato, in quanto dotata – come scrive il Collegio Arbitrale – di “contenuto assertivo” e, dunque, non suscettibile di provocare quella modificazione della situazione giuridica delle parti che dovrebbe essere obiettivo del procedimento arbitrale [43]. In altre parole, potrebbe negarsi l’arbitrabilità per impossibilità di disporre di un oggetto, che può essere vero o falso, ma non acquisito, [continua ..]


8. Segue: l’impugnativa della deliberazione assembleare di approvazione del bilancio è quindi compromettibile?

Risolti i dubbi in ordine alla portata delle deliberazioni assembleari di approvazione del bilancio di esercizio con riferimento ai diritti di soci, creditori e terzi, la questione è ora di stabilire se con una clausola statutaria si possa pretendere di far decidere attraverso un arbitrato societario l’impugnazione di tali delibere, quando sia prospettata – come al Collegio di cui si sta commentando il lodo – la violazione delle cc.dd. clausole generali (verità, correttezza, chiarezza) o del diritto del socio all’informazione “complementare”. I due problemi, contrariamente a quanto deciso con il lodo in commento, non possono essere tenuti distinti se il predetto diritto d’informazione del socio viene fondato sulla clausola generale di chiarezza [51]. Il legislatore “bilancistico” non distingue tra informazioni destinate ai soci ed informazioni destinate ai terzi, precostituendo disposizioni di più ampia tutela per i primi rispetto ai secondi [52]. Va quindi smentito il distinguo operato nel lodo tra quelle che potremmo definire come “chiarezza erga omnes” e “chiarezza per i soci”, con la conseguenza che la questione dell’arbitrabilità è tutta da risolvere sul piano della disponibilità delle violazioni delle clausole generali di redazione del bilancio d’esercizio. Proprio sull’arbitrabilità delle impugnative per violazione di queste s’è manifestata la radicale divaricazione di orientamenti nella giurisprudenza dell’ultimo decennio. Il fulcro della questione non è tanto il carattere imperativo – ovviamente scontato – delle predette clausole generali, quanto piuttosto il fatto che le stesse siano poste a tutela non solo dei soci, ma anche dei terzi (i creditori sociali attuali e futuri; il “pubblico” ed il “mercato”) [53]. Il problema, come si vedrà, è comunque duplice, perché si deve porre attenzione non solo alla disponibilità “oggettiva” del diritto controverso, ma anche ai soggetti che ne dispongono in arbitrato societario [54], perché l’arbitrato è ammissibile non solo se abbia oggetto diritti disponibili (arbitrabilità oggettiva), ma anche se sia stato accettato da tutti i titolari di questi (arbitrabilità soggettiva) [55]. Ma l’aspetto [continua ..]


NOTE