Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

Considerazioni sparse sul dies a quo di decorrenza del termine lungo di impugnazione del lodo rituale (di Anna Andolfi)


Il contributo, nell’esaminare la sentenza delle sezioni unite del 30 marzo 2021, n. 8776, relativa al momento di decorrenza del termine annuale d’impugnazione per nullità del lodo rituale, evidenzia i profili cruciali dell’odierno indirizzo nomofilattico e verifica se sia percorribile (anche de iure condendo) una soluzione diversa rispetto a quella tracciata dall’art. 828, comma 2, c.p.c.

Considerations about the starting point of the long term for challenging an arbitral award

The comment addresses the judgment, March 30, 2021, of the Italian Court of Cassation, on the starting point of the long term for challenging an arbitral award. The Author highlighs the problematic issues of this case-law and explores if there is different solution from that propusant to article 828 of the Code of civil procedure.

Keywords: dies a quo – deadline for appealing – arbitral award appealing – relief

L’art. 828, comma 2, c.p.c. dà rilievo, ai fini della decorrenza del termine annuale, al momento in cui è apposta l’ultima sottoscrizione, perché il lodo – salvo il disposto dell’art. 825 c.p.c., ai fini della sua esecutività – produce gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria dalla data della sua ultima sottoscrizione. Il legislatore ha così stabilito una corrispondenza tra la pubblicazione della sentenza – con la quale il provvedimento viene ad esistenza e comincia a produrre i suoi effetti – e l’attività consistente nell’apposizione della ultima sottoscrizione degli arbitri. Ne consegue che non ha pregio la pretesa di alterare la lettera dell’articolo 828 c.p.c. – fissandosi giudizialmente la decorrenza del termine annuale per impugnare dal momento in cui il lodo è conoscibile dalle parti – in quanto la disposizione coerentemente esprime la logica e la struttura dell’intero sistema positivo dell’arbitrato. (2) Non si ravvisa il sospetto di incostituzionalità dell’art. 828, comma 2, c.p.c. nel riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.: né sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza, attese le perduranti differenze tra lodo arbitrale e sentenza; né quanto alla violazione del diritto di difesa o dei principi del giusto processo, non essendovi nessun effettivo pregiudizio per la decorrenza del termine c.d. lungo, tuttora mantenuto ampissimo, pur nel periodo di dieci giorni tra la sottoscrizione del lodo e la sua comunicazione alle parti. (3) Allorché ricorra il caso estremo dell’inerzia degli arbitri nell’operare la comunicazione, che sia omessa o avvenga in un momento prossimo alla scadenza del termine annuale, soccorre l’isti­tuto della rimessione in termini, idoneo a preservare comunque l’irriducibile principio di certezza del diritto sotteso alla previsione della decadenza dal termine lungo d’impugnazione. (4)     [Omissis] La Corte di appello di Bologna con sentenza del 19 dicembre 2013, n. 2262 ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di lodo arbitrale, proposta in via principale dall’A.t.i. CIME s.r.l. – STIM s.r.l. avverso la Orion soc. coop. a r.l., rilevandone d’ufficio la tardività, in quanto proposta oltre il c.d. termine lungo per l’impugnazione del lodo decorrente dalla data dell’ultima sottoscrizione, ai sensi dell’art. 828 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alla riforma del 2006; ha ritenuto altresì la questione, di natura esclusivamente processuale, rilevabile d’ufficio, senza la necessità di sottoporla al contraddittorio delle parti; ha, infine, ritenuto inefficace l’impugnazione incidentale e compensato tra le parti le spese di [continua..]
SOMMARIO:

1. La questione sottoposta alle Sezioni Unite e le possibili soluzioni tracciate dal­l’ordinanza interlocutoria - 2. La genesi (non necessariamente) sincronica degli effetti legati al perfezionamento dell’iter formativo del lodo - 3. L’impossibilità di rinvenire nella sottoscrizione (o nella comunicazione) del lodo un equivalente della pubblicazione della sentenza - 4. La salvaguardia dell’interezza del termine per impugnare e le (anguste) circostanze condizionanti la rimessione in termini secondo l’odierno indirizzo nomofilattico - NOTE


1. La questione sottoposta alle Sezioni Unite e le possibili soluzioni tracciate dal­l’ordinanza interlocutoria

Con l’ordinanza 24 settembre 2020, n. 20104 [1], la sezione I della Corte di cassazione rimetteva al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite, la quaestio della decorrenza del termine c.d. lungo per l’impu­gnazione per nullità del lodo rituale. Vale a dire, se il medesimo possa identificarsi con la data di ultima sottoscrizione del lodo (come richiesto dall’art. 828, comma 2, c.p.c.), anche allorché la comunicazione alle parti sia giunta a distanza di tempo rispetto ai 10 giorni previsti dall’art. 824 o se, per converso, debba sperimentarsi una diversa soluzione interpretativa, che assuma come parametro temporale di riferimento la conoscenza legale del lodo. La questione nasce da una pronuncia della Corte di appello di Bologna che ravvisava inammissibile l’impugnazione per nullità perché tardiva. L’im­pu­gnazione sarebbe stata, però, tempestiva se (oltre a considerare la sospensione feriale dei termini) il dies a quo di decorrenza del termine lungo fosse stato identificato nella data di comunicazione, nella specie avvenuta con dieci giorni di ritardo rispetto al termine fisiologico contemplato dall’art. 824 c.p.c. La sentenza della Corte di appello veniva impugnata in cassazione. Il ricorrente rilevava, in particolare, che il lodo deliberato e sottoscritto non è conoscibile dalle parti se non dopo la sua comunicazione, a differenza di quanto si verifica rispetto all’iter che conduce alla formale conoscenza delle sentenze, il quale consente alle parti di prendere visione del provvedimento pubblicato già prima della comunicazione, attraverso l’accesso in cancelleria. Il ricorrente riteneva, allora, che facendo decorrere il termine annuale di decadenza per la proposizione dell’impugnazione per nullità dalla data dell’ultima sottoscrizione, vale a dire in un momento nel quale le parti non hanno ancora effettiva conoscenza del lodo, la disciplina si porrebbe in conflitto con i parametri costituzionali del giusto processo. L’adita sezione I della Corte di cassazione rilevava l’“interesse nomofilattico alla soluzione della questione di diritto” perché potenzialmente “suscettibile di una pluralità di soluzioni”. D’altra parte, la quaestio era già emersa innanzi alla [continua ..]


2. La genesi (non necessariamente) sincronica degli effetti legati al perfezionamento dell’iter formativo del lodo

Anzitutto, la pronuncia in epigrafe postula l’unicità del momento nel quale il lodo produce “gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria” (art. 824 bis c.p.c.) e a partire dal quale comincia a decorrere il termine annuale per l’impugnazione [7]. Si afferma, invero, attraverso il richiamo alle pertinenti disposizioni, che il referente temporale di esistenza, efficacia e irretrattabilità del lodo si identifica nella data dell’ultima delle sottoscrizioni, sicché coerentemente da questa data inizia a decorrere il termine d’impugnazione del lodo in assenza di notifica [8]. La menzionata impostazione sembrerebbe evocare il dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulla identificazione del momento a partire dal quale la sentenza viene giuridicamente ad esistenza (e delle conseguenze giuridiche ricollegabili a tale esistenza). Si è osservato, in proposito, che la pubblicazione della sentenza costituisce il momento in cui essa si perfeziona, diviene giuridicamente esistente e produttiva di effetti, nonché irretrattabile  [9]. Dunque, “esistenza, efficacia e irretrattabilità della sentenza coincidono col momento del suo perfezionamento identificato con la pubblicazione a norma dell’art. 133 c.p.c.” [10]. Trattasi di un indirizzo che non è affatto neutro rispetto alla quaestio del momento di decorrenza del termine d’impugnazione in assenza di notificazione. Ne è prova la tormentata disputa maturata intorno alla fattispecie della sentenza con doppia data, laddove l’idea della necessaria produzione sincronica di tutti gli effetti connessi al perfezionamento dell’iter formativo della sentenza ha costituito la base concettuale sopra la quale è stata edificata la soluzione della decorrenza del termine lungo per l’impugnazione ex art. 327 già dalla data di deposito, anche allorché esso non sia immediatamente seguito dalla pubblicazione vera e propria della sentenza [11]. Non stupisce, allora, che la pronuncia in epigrafe riproponga l’argomento della produzione sincronica onde affrontare il tema della decorrenza del termine d’impugnazione per nullità del lodo rituale in assenza di notifica. Ma ad una più attenta analisi, l’argomento non sembra essere dotato di piena efficacia [continua ..]


3. L’impossibilità di rinvenire nella sottoscrizione (o nella comunicazione) del lodo un equivalente della pubblicazione della sentenza

Il secondo aspetto che suscita alcune riflessioni riguarda la congruità del termine c.d. lungo per la proposizione dell’impugnazione per nullità, il quale consente alle sezioni unite di declinare l’invito a sollecitare lo scrutinio di compatibilità costituzionale contenuto dell’ordinanza di rimessione. Al riguardo, occorre riconoscere che le pronunce della Corte costituzionale sul decorso dei termini processuali di decadenza per la proposizione delle impugnazioni non sono mai indifferenti alla durata del termine stesso. È esatta, allora, la considerazione delle sezioni unite secondo cui le pronunce della Consulta dichiarative dell’illegittimità costituzionale di talune disposizioni che fissa(va)no i termini di decadenza d’impugnazione ad una data diversa da quella della comunicazione, non sono spendibili nel caso di specie perché esse si riferiscono a casi in cui i termini d’impugnazione contemplati dalla legge erano assai ristretti [32]. Tuttavia, questi rilievi non si sottraggono all’ulteriore considerazione per cui “è parte integrante del diritto di difesa […] che i soggetti interessati abbiano tempestiva conoscenza degli atti oggetto di una possibile impugnazione, in modo che sino utilizzabili nella loro interezza i termini di decadenza previsti per l’esperimento del gravame”, secondo l’insegnamento della pronuncia n. 3/2015 della Corte costituzionale [33]. Chiamata a pronunciarsi sulla questione del decorso del termine c.d. lungo d’impugnazione ex art. 327 allorché la sentenza rechi due date, una riferita al deposito e l’altra alla pubblicazione, la Consulta ebbe modo di affermare che per costituire dies a quo del termine per l’impugnazione, “la data apposta in calce alla sentenza dal cancelliere deve essere qualificata dalla contestuale adozione di misure volte a garantirne la conoscibilità”. Invero, solo con il compimento delle operazioni prescritte dalla legge (tra le quali l’inserimento nell’elenco cronologico delle sentenze, con l’attribuzione del relativo numero identificativo) che rendono possibile l’acquisizione della conoscenza dei dati che costituiscono l’oggetto del provvedimento, può dirsi realizzata quella pub­blicità dalla quale consegue l’effetto di onerare la parte [continua ..]


4. La salvaguardia dell’interezza del termine per impugnare e le (anguste) circostanze condizionanti la rimessione in termini secondo l’odierno indirizzo nomofilattico

I profili della pronuncia in commento che sono stati sintetizzati nei punti (iii) e (iv) (relativi alla possibilità di ricorso all’istituto della rimessione in termini e alle cogenti esigenze di certezza in ambito arbitrale) meritano una considerazione unitaria. Seguendo questa impostazione, acquista un ruolo centrale l’istanza di rimessione in termini, che consente di reintegrare il termine di decadenza che sia stato ex facto abbreviato da una comunicazione tardiva. Il nodo rilevante consiste, allora, nel verificare quali siano i margini per una rimessione in termini della parte interessata che non abbia potuto beneficiare, nella sua interezza, del termine d’impugnazione. A tal proposito, la sentenza afferma che allorché “ricorra il caso estremo dell’inerzia degli arbitri nell’operare la comunicazione, che sia omessa o avvenga in un momento prossimo alla scadenza del termine annuale, soccorre l’istituto della rimessione in termini, idoneo a preservare comunque l’irri­nunciabile principio di certezza del diritto sotteso alla previsione della decadenza dal termine lungo d’impugnazione”. Questo è probabilmente il punto più critico dell’indirizzo nomofilattico tracciato dalla pronuncia in commento, rispetto al quale non è difficile scorgere un parallelismo con la pronuncia delle sez. un. n. 13794/2012 sulle fattispecie di sentenza con doppia data. Quest’ultima, come è noto, nell’affermare che il termine di decadenza previsto dall’art. 327 dovesse essere computato dalla data di deposito, contemplava la rimessione in termini quale rimedio allorché la pubblicazione vera e propria della sentenza fosse “avvenuta a notevole distanza di tempo ed in prossimità del termine di decadenza per l’impugnazione”. Eppure, quest’indi­rizzo veniva superato dapprima dalla Consulta e, successivamente, da alcune pronunce delle sezioni semplici. La prima chiariva che “il ricorso al­l’istituto della rimessione in termini per causa non imputabile (art. 153 c.p.c.), utilizzato dalle sezioni unite […] va inteso come doveroso riconoscimento d’ufficio di uno stato di fatto contra legem che, in quanto imputabile alla sola amministrazione giudiziaria, non può in alcun modo incidere sul fondamentale diritto [continua ..]


NOTE