In questo lodo l’arbitro unico si pronuncia su alcune questioni preliminari di particolare interesse e, segnatamente, sulla disciplina delle preclusioni procedimentali – in rapporto, per un verso, alla fase introduttiva del processo civile ordinario e, per altro verso, alla domanda di mediazione di cui al d.lgs. n. 28/2010 – e sull’applicabilità all’arbitrato dell’art. 614-bis c.p.c.
In this award, the sole arbitrator decides upon interesting preliminary issues, namely procedural foreclosures – with reference, on the one hand, to the introductory phase of the ordinary civil proceedings and, on the other hand, to the application for mediation referred to in Legislative Decree 28/2010 – and on the applicability of art. 614-bis of the Italian Code of Civil Procedure.
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1. Il caso - 2. Decadenze procedimentali nell’arbitrato rapido amministrato dalla Camera Arbitrale del Piemonte: un percorso argomentativo fra disposizioni regolamentari, disciplina codicistica e discrezionalità dell’arbitro - 3. La domanda di mediazione: possibili effetti preclusivi ex art. 1492, comma 2, c.c.? - 4. Art. 614-bis c.p.c. e arbitrato - NOTE
La vicenda sottesa al lodo in commento – pronunciato all’esito di un “arbitrato rapido” celebrato in conformità al Regolamento della Camera Arbitrale del Piemonte – è un “classico” nel novero delle controversie in materia civile e commerciale. In estrema sintesi, e limitando il discorso ai profili di maggior interesse, Alfa s.a.s. ha venduto a Tizia un ramo d’azienda verso un determinato corrispettivo, che Tizia ha versato solo parzialmente. A seguito di un tentativo di conciliazione promosso da Tizia per ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento di Alfa s.a.s., quest’ultima ha attivato il procedimento arbitrale previsto dalla clausola compromissoria contenuta nell’accordo di cessione, chiedendo all’arbitro unico di accertare e dichiarare sia l’intervenuta risoluzione del contratto per inadempimento dell’acquirente all’obbligo di pagare il prezzo pattuito sia il diritto dell’alienante di trattenere a titolo di penale la somma già incassata in conto prezzo, nonché di condannare Tizia a restituire il ramo d’azienda e a pagare un somma determinata ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c. per ogni giorno di ritardo nella restituzione del ramo medesimo. Con comparsa di risposta tardivamente comunicata, Tizia si è costituita nel procedimento arbitrale, eccependo che la sospensione dei pagamenti sarebbe stata giustificata dalla scoperta di molteplici vizi e difetti del ramo d’azienda. Tizia ha dunque chiesto, in via principale, di respingere ogni domanda di Alfa s.a.s., accertando e dichiarando il grave inadempimento di quest’ultima e condannandola al pagamento di una determinata somma a titolo di riduzione del prezzo ex art. 1492 c.c. e, in via subordinata e di eccezione, per il caso di accoglimento delle domande attoree, di accertare e dichiarare la risoluzione del contratto per prevalente inadempimento di Alfa s.a.s., riducendo la penale a norma dell’art. 1384 c.c., in quanto manifestamente eccessiva. In sede di replica Alfa s.a.s. ha poi eccepito, a sua volta, l’inammissibilità delle riconvenzionali di Tizia, sia per la tardività della comunicazione della comparsa di risposta sia, limitatamente alla domanda formulata in via principale, per intervenuta prescrizione ex art. 1495 c.c. Precisate le conclusioni e [continua ..]
La prima questione, di carattere preliminare, che l’arbitro unico è chiamato a dirimere – e che consente di esaminare alcune disposizioni del Regolamento della Camera Arbitrale del Piemonte (di seguito indicato, per brevità, “Regolamento”) – è se la tardiva comunicazione della comparsa di risposta del convenuto determini per quest’ultimo la decadenza dalla facoltà di proporre domande ed eccezioni riconvenzionali. Il quesito scaturisce dalle domande della convenuta Tizia, la quale – costituendosi nel giudizio arbitrale con comparsa di risposta comunicata oltre i quindici giorni dal ricevimento della domanda di arbitrato previsti dall’art. 22.1 del Regolamento [1] – ha chiesto la riduzione del prezzo del ramo d’azienda in misura superiore al versato e la condanna di Alfa s.a.s. al rimborso di quanto pagato in eccedenza rispetto al dovuto post-riduzione e, in via di subordine, quale eccezione riconvenzionale, quantomeno la riduzione del prezzo stesso in misura sufficiente a determinare il rigetto della domanda avversaria di condanna al pagamento. L’arbitro ha risolto il nodo giuridico attraverso un’argomentazione articolata e, in linea di massima, condivisibile, muovendo dalla considerazione di carattere generale secondo cui il Regolamento ha lo scopo di assicurare una disciplina il più possibile “completa” al procedimento, tendendo a regolarne ogni aspetto. Tale rilievo trova riscontro nell’art. 10.4 del Regolamento, secondo cui «le regole applicabili alla procedura sono stabilite dalle parti prima della costituzione dell’organo arbitrale, nonché dal presente Regolamento o, nel silenzio del Regolamento, dagli arbitri, fermo restando il rispetto del principio del contraddittorio». La disposizione in parola traccia una sorta di gerarchia delle “fonti” del procedimento arbitrale amministrato [2], il quale è in primo luogo disciplinato dalle disposizioni stabilite dalle parti e dal Regolamento [3]; solo nell’ipotesi in cui la norma procedimentale non sia enucleata né dalle prime né dal secondo, è l’arbitro a dover fissare, in ultima istanza ed in via residuale, le regole del gioco [4]. A tal riguardo, è ben vero che il citato art. 10.4 del Regolamento non è contenuto né nella Parte [continua ..]
Dopo aver disatteso l’eccezione preliminare sopra esaminata, l’arbitro affronta le due ulteriori eccezioni formulate da Alfa s.a.s. con riferimento alle riconvenzionali di riduzione del prezzo dell’azienda proposta da Tizia, che ad avviso dell’attrice sarebbero inammissibili, in quanto nel procedimento conciliativo che aveva preceduto il giudizio arbitrale la convenuta aveva dichiarato l’intenzione di «avvalersi della risoluzione del Contratto» e, con riferimento alla domanda formulata in via principale, anche per intervenuta prescrizione, essendo decorso del termine annuale di cui all’art. 1495 c.c. In relazione alla prima delle due eccezioni predette, il lodo – dopo aver correttamente inquadrato la domanda di riduzione del prezzo nell’alveo dei rimedi manutentivi del contratto, e non di quelli risolutivi [11] – esamina se la dichiarazione contenuta nell’atto con il quale Tizia aveva avviato la procedura conciliativa debba essere parificata alla “domanda giudiziale” di cui all’art. 1492, comma 2, c.c., con ciò integrando una scelta irrevocabile per la risoluzione del contratto. Se la risposta a tale quesito fosse affermativa, allora l’eccezione di Alfa s.a.s. dovrebbe essere accolta e la domanda di riduzione del prezzo formulata da Tizia in sede arbitrale dovrebbe essere dichiarata inammissibile; viceversa, se la risposta fosse negativa, allora l’eccezione di Alfa s.a.s. sarebbe infondata e l’arbitro dovrebbe procedere ad esaminare l’ulteriore eccezione di prescrizionesollevata dall’attrice. Secondo quanto emerge dal lodo, la procedura di conciliazione in parola era espressamente prevista dal contratto di cessione di azienda, il quale rinviava, per quanto non disposto dalla relativa clausola, agli artt. 38 ss. del d.lgs. n. 5/2003. Tali disposizioni, tuttavia, sono state medio tempore abrogate dall’art. 23, d.lgs. n. 28/2010, con la precisazione che «i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto» [12]. Il d.lgs. n. 28/2010 ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto della mediazione civile e commerciale, sicché è a tale disciplina che, in ultima analisi, deve essere ricondotta la procedura conciliativa esperita da Tizia. Fatta tale premessa, il lodo [continua ..]
L’ultima parte del lodo è dedicata all’esame della domanda di Alfa s.a.s. di condanna di Tizia al pagamento di una determinata somma per il caso di ritardo nella restituzione del ramo aziendale, a norma dell’art. 614-bis c.p.c., secondo cui «con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento». Il tema dell’applicabilità o meno dell’art. 614-bis c.p.c. ai procedimenti arbitrali è di grande attualità, posto che la dottrina non è ancora pervenuta ad un orientamento univoco a riguardo, assumendo posizioni assai diverse, peraltro riconducibili a tre principali filoni interpretativi [20]. Secondo un primo orientamento, la mancanza in capo all’arbitro del requisito soggettivo della qualifica di “giudice” [21], nonché la natura esecutiva della misura ex art. 614-bis c.p.c. e la mancanza di poteri di imperium degli arbitri [22] porterebbero ad escludere l’applicazione della norma al di fuori del procedimento giurisdizionale. La tesi in parola, tuttavia, non appare convincente per tre diverse ragioni. Innanzitutto, il riferimento al “giudice” sembra avere lo scopo di circoscrivere il novero dei soggetti legittimati a pronunciare il provvedimento in esame a coloro che sono titolari di un “potere giurisdizionale” in senso lato, fra cui devono essere annoverati anche gli arbitri, a fortiori a seguito del recente riconoscimento della translatio iudicii fra giurisdizione arbitrale e giurisdizione statale ad opera della Corte costituzionale [23]. Inoltre, se è vero che lo strumento delle astreintes viene generalmente indicato come mezzo di esecuzione indiretta, è altrettanto vero che, dal punto di vista strutturale, non può essere definito come una misura di carattere esecutivo. Si tratta, infatti, di un “provvedimento di condanna” al pagamento di una somma di denaro, accessorio rispetto al provvedimento di condanna principale [continua ..]