Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

L'arbitrato a cinque anni dal revirement circa la sua natura: approdi giurisprudenziali, occasioni mancate e spunti di riflessione (Seconda parte) (di Fabio Antezza)


La presente indagine ha ad oggetto la portata delle ripercussioni in tema di arbitrato rituale del revirement circa la sua natura, con particolare riferimento a questioni giuridiche risolte, ad occasioni mancate ed ai relativi spunti di riflessione. In forza anche della natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, propria degli arbitri rituali, sono difatti emesse dalla Suprema Corte numerose decisioni, tra le quali talune in ordine: all’interpretazione del patto compromissorio ed alla relativa portata (anche in ipotesi di collegamento negoziale); alla conseguente distinzione tra arbitrato rituale ed irrituale; alla validità della convenzione di arbitrato – anche di quella stipulata tra professionista e consumatore –; all’applicabilità della clausola binaria; all’invalidità sopravvenuta della convenzione; all’impugnazione del lodo ed alle norme applicabili al relativo giudizio; oltre che in merito ai rapporti tra arbitri ed Autorità giudiziaria, con particolare riferimento all’eccezione di compromesso. Le argomentazioni a supporto del revirement, che si pongono altresì alla base di decisioni in ordine alla validità della convenzione di arbitrato estero, per converso, non fungono da grimaldello per la risoluzione di questioni in materia di ricusazione dell’arbitro, con particolare riferimento al profilo della non ricorribilità per cassazione, differentemente da quanto invece avvenuto in ordine alla questione della ricorribilità in cassazione contro il provvedimento che statuisce in materia di spese ed onorari degli arbitri.

Arbitration five years after the judicial reversal on its nature: case law findings, missed chances and insights (Part two)

The present paper discusses the impact of the judicial reversal concerning the juridical nature of arbitration, with specific reference to the issues resolved, the missed chances and the relevant insights. Taking into consideration the judicial nature of the ritual arbitration, different rulings on arbitration have been issued by the Supreme Court. In particular such rulings have addressed the interpretation of the arbitration clause (also in relation to the so called collegamento negoziale), the difference between arbitration (arbitrato rituale) and informal arbitration (arbitrato irrituale), the validity of the arbitration clause – specifically the arbitration clause entered into by professionals and consumers –, the applicability of the clausola binaria, the subsequent invalidity of the arbitration clause, the appeal against the arbitration award, the rules applicable to the arbitration proceedings, the conflict of competence between arbitrators and judges. The argumentation supporting the judicial reversal, which are also used in relation to the validity of the arbitration clause for an international arbitration, cannot be considered useful for the solution of the issue of the recusation of arbitrators (and of the possibility to appeal such recusation in front of the Supreme Court), differently from has happened with respect to the question concerning the possibility to appeal the Supreme Court against a ruling on expenses and fees of the arbitrators.

SOMMARIO:

7. Nullità del lodo e sua impugnazione: vizio di omessa pronuncia ed integrazione del dispositivo - 8. Incompatibilità degli arbitri e limite di deducibilità in termini di nullità del lodo - 9. Nullità per errori di diritto inerenti il merito della controversia: intervento delle Sezioni Unite, spunti di riflessione e nuova ordinanza interlocutoria - 10. Rilevabilità d’ufficio dei limiti all’impugnabilità del lodo ed immediata impugnabilità del lodo recante condanna generica - 11. Potestas iudicandi degli arbitri, verifica del giudice dell’impugnazione e sindacato di legittimità - 12. Il compenso degli arbitri e la ricorribilità straordinaria per cassazione - 13. Procedimento: ricusazione dell’arbitro, la sua non impugnabilità ed i profili di costituzionalità


7. Nullità del lodo e sua impugnazione: vizio di omessa pronuncia ed integrazione del dispositivo

In tema di nullità del lodo, in particolare di integrazione del dispositivo ad opera della motivazione al fine dell’esclusione del vizio di omessa pronuncia, interviene Cass., Sez. I, n. 19074/2015. Con la detta decisione la Suprema Corte applica all’arbitrato il principio di diritto per il quale la portata precettiva di una sentenza va individuata tenendo conto non solo del dispositivo ma anche della motivazione, quando il primo con­tenga comunque una decisione che, pur di contenuto incompleto e indeterminato, si presti ad essere integrata dalla seconda. Nella specie, è stata confermata la sentenza impugnata, la quale aveva escluso la ricorrenza del vizio in esa­me relativamente ad un lodo che, in motivazione, affrontava, ritenendola non meritevole di accoglimento, una domanda risarcitoria ed il cui dispositivo, tuttavia, non conteneva alcuna espressa statuizione di rigetto al riguardo. Il principio di cui innanzi è nel 2018 non solo confermato ma portato ad ulteriori conseguenze, sempre muovendo dall’applicazione al lodo di prin­cipi elaborati con riferimento alla sentenza, in quanto emesso all’esito di un pro­cedimento di natura giurisdizionale. Il dispositivo di un lodo che per la determinazione del quantum debeatur rinvii alla motivazione, la quale, a sua volta, rinvii ad un accordo non depositato in atti ma ricavabile in forza di una tabella contenuta in una memoria di parte depositata nel corso del procedimento arbitrale ed avente portata confessoria, deve difatti considerarsi esistente, sia sul piano formale che su quello sostanziale. Ciò sempre che i giudici abbiano accertato la ricavabilità del quantum de­beatur sulla base di calcoli matematici di tipo proporzionalistico (nella specie, possibili “ex post” sulla base dell’applicazione di percentuali di pagamento delle “royalties”), anche se la tabella non sia stata sottoscritta dagli arbitri né formalmente inserita nel lodo. Cass., Sez. I, n. 5122/2018, in particolare, argomenta dal principio per il quale la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata, in via generale, tenendo conto non soltanto delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo ma anche dalle enunciazioni inserite nella motivazione che si ri­solvano in un accertamento ex [continua ..]


8. Incompatibilità degli arbitri e limite di deducibilità in termini di nullità del lodo

Sempre in tema di impugnazione per nullità del lodo, con particolare riferimento ai limiti di deducibilità con il detto mezzo di gravame delle situazioni di incompatibilità degli arbitri, interviene Cass., Sez. I, n. 20558/2015. La Suprema Corte ricorda, in particolare, che l’esistenza dell’incompati­bilità deve essere fatta valere mediante istanza di ricusazione da proporsi, a nor­ma dell’art. 815 c.p.c., entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina dell’arbitro o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Precisa altresì, la decisione da ultimo citata, che, ai fini della va­lidità del lodo, sono invece irrilevanti le situazioni di incompatibilità dellequali la parte sia venuta a conoscenza dopo la decisione; esse, ove non si traducano in una incapacità assoluta all’esercizio della funzione arbitrale e, in genere, della funzione giudiziaria, non possono essere fatte valere mediante l’impugnazione per nullità. Quanto detto si argomenta dell’efficacia vincolante acquisita dal lodo e della lettera dell’art. 829, comma 1, n. 2, c.p.c., che circoscrive l’incapa­cità ad essere arbitro alle ipotesi tassativamente previste dall’art. 812 c.p.c., le quali fanno esclusivo riferimento all’incapacità legale di agire. Sotto tale profilo, invece, antecedentemente al “revirement” del 2013 circa la natura dell’arbitrato, la Suprema Corte, seguendo il diverso insegna­mento di Cass., S.U., n. 527/2000, argomentava in senso difforme. Il vizio efferente l’invalida o l’irregolare costituzione del collegio arbitrale (anche costituito per obbligo di legge), derivante dalla nomina in violazione dei modi e delle forme di cui al codice di rito, era difatti ricondotto non già all’art. 158c.p.c., relativo al vizio di costituzione del giudice, ma alle nullità previste dal­l’art. 829, comma 1, n. 2, c.p.c. Il lodo arbitrale, inteso quale decisione per la so­luzione della controversia sul piano privatistico, non avrebbe difatti potuto in alcun modo accostarsi ad un dictum giurisdizionale. Tale carattere, sempre per le citate Sezioni Unite del 2000, era stato accentuato dalla legge n. 25/1994, non potendo [continua ..]


9. Nullità per errori di diritto inerenti il merito della controversia: intervento delle Sezioni Unite, spunti di riflessione e nuova ordinanza interlocutoria

In tema di nullità del lodo per errori di diritto inerenti il merito della controversia e conseguente sua impugnabilità, le Sezioni Unite risolvono il contrasto interpretativo sorto in merito all’applicabilità dell’art. 829, comma 3, c.p.c., nel testo riformulato dall’art 24, d.lgs. n. 40/2006, ai procedimenti arbitrali promossi successivamente alla sua entrata in vigore ma fondati su conven­zioni arbitrali antecedenti a tale data. In forza delle ordinanze interlocutorie Cass., Sez. I, nn. 25039, 25040 e 25662/2015 è rimessa alle Sezioni Unite la questione di diritto relativa all’ap­plicabilità dell’art. 829, comma 3, c.p.c., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 40/2006, ai procedimenti arbitrali promossi successivamente alla sua entrata in vigore ma fondanti su convenzione arbitrale stipulata in data anteriore. Il contrasto verte, dunque, sull’interpretazione e sulla portata della disciplina transitoria esplicitamente prevista dall’art. 27, commi 3 e 4, del citato decreto (di ri­forma dell’arbitrato) la quale distingue le norme introdotte dall’art. 20 del medesimo decreto, relative alla convenzione di arbitrato, da quelle di cui agli artt. 21, 22, 23, 24 e 25, inerenti il giudizio arbitrale ed in particolare anche il novellato art. 829 c.p.c. Secondo un primo orientamento, il nuovo regime impugnatorio non sarebbe applicabile nel caso di convenzione arbitrale antecedente all’entrata in vigore della riforma, in applicazione del generale principio sancito dall’art. 11 preleggi ed in ragione dell’incostituzionalità della specifica norma transitoria, di cui all’art. 27, comma 4, d.lgs. n. 40/2006, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., se interpretata nel senso dell’applicabilità del “nuovo regime”. In merito, si veda, ex plurimis, Cass., Sez. I, n. 6148/2012 [In dottrina si vedano, per la tesi in oggetto, NELA, Contro l’applicazione dell’art. 829, comma 3, c.p.c. al­le convenzioni arbitrali concluse prima della riforma, in Riv. dir. proc., 2009, p. 919 ss.; PETRILLO, Arbitrato – Entrata in vigore della nuove discipline sul giudizio di cassazione e dell’Arbitrato, in AA.VV., Commentario alle riforme del processo civile, a cura di Bruguglio-Capponi, III, II, Padova, 2009, p. 1088 ss., ai [continua ..]


10. Rilevabilità d’ufficio dei limiti all’impugnabilità del lodo ed immediata impugnabilità del lodo recante condanna generica

Sempre in merito all’impugnazione per nullità, la previsione nel compro­messo o nella clausola compromissoria della non impugnabilità del lodo, nei casi consentiti, rende inammissibile la sua impugnazione. Tale inammissibilità, in quanto afferente i limiti all’impugnazione del lodo stabiliti dal codice di rito, va rilevata anche di ufficio, come chiarisce Cass., Sez. I, n. 24550/2016. Risolvendo un contrasto interpretativo, Cass., S.U., n. 23463/2016 precisa che, in forza dell’art. 827, comma 3, c.p.c., è immediatamente impugnabileil lodo recante una condanna generica ex art. 278 c.p.c., in quanto parzialmente decisorio del merito della controversia, oltre che quello che decida una o alcune domande proposte senza definire l’intero giudizio, ma non il lodo che decida questioni preliminari o pregiudiziali. Le citate Sezioni Unite chiariscono altresì che la questione concernente l’esistenza o la validità della convenzione giustificativa della potestas iudicandi degli arbitri ha natura pregiudiziale di rito, perché funzionale all’accertamento di un error in procedendo che vizia il lodo quale decisione giurisdizionale. Ove però si deduca la nullità del lodo per inesistenza della clausola compromissoria, alla cognizione del giudice ordinario non possono essere applicati i limiti stabiliti per la valutazione delle altre clausole, né la sanatoria per decadenza dal termine di impugnazione o l’applicazione del principio generale di conversione dei motivi di nullità in motivi di impugnazione o ancora la sanatoria del vizio per il comportamento delle parti. In tale ipotesi, difatti, statuisce Cass., Sez. VI-I, n. 19917/2017, necessita interpretare previamente la detta pre­visione contrattuale oggetto di contestazione, per accertare se contenga o meno la volontà di compromettere in arbitri, presupposto per la regolare instaurazione del relativo giudizio.


11. Potestas iudicandi degli arbitri, verifica del giudice dell’impugnazione e sindacato di legittimità

Le considerazioni in merito alla natura (giurisdizionale) dell’arbitrato rituale si pongono anche alla base della risoluzione della questione inerente la possibilità, da parte del giudice dell’impugnazione per nullità del lodo, di compiere una verifica del perimetro della clausola arbitrale, al fine di concludere per l’esistenza o meno della potestas iudicandi da parte degli arbitri, e, conseguentemente, di quella afferente i limiti del sindacato di legittimità della relativa sentenza emessa in sede di impugnazione. In merito rileva la statuizione di Cass., Sez. I, n. 5426/2016, in fattispecie concernente la portata di una clausola compromissoria per arbitrato rituale, rispetto ad un’altra, intercorrente tra le stesse parti, per arbitrato irrituale. Per essa, anche a seguito di Cass., S.U. n. 24153/2013, quella di cui innanzi nonin­tegra una questione di “competenza”, bensì di merito, la cui soluzione richiede l’interpretazione della clausola secondo gli ordinari canoni ermeneutici, dettati per l’interpretazione dei contratti. Fissato dagli arbitri, mediante l’interpreta­zione di essa, l’ambito oggettivo della clausola, e, quindi, del loro potere decisorio, il relativo dictum, avendo previamente definito i confini della clausola stessa, non è impugnabile per nullità, per aver pronunciato fuori dei limiti della convenzione di arbitrato, ex art. 829, comma 1, n. 4, c.p.c., ma solo per violazione o falsa applicazione delle regole ermeneutiche codicistiche o per radicale inidoneità della motivazione alla comprensione dell’iter logico-giuridico seguito o all’individuazione della “ratio decidendi”.Ne consegue altresì l’im­possibilità da parte della Suprema Corte di esaminare, anche d’ufficio, quale giudice del “fatto processuale”, le clausole compromissorie per stabilire quale sia il giudice competente a decidere della controversia. La tesi opposta, dell’impossibilità di compiere, da parte del giudice del­l’impugnazione del lodo, una verifica del perimetro della clausola arbitrale e di concludere per l’esistenza o meno della potestas iudicandi degli arbitri, muo­veva invece dall’arresto giurisprudenziale di legittimità [continua ..]


12. Il compenso degli arbitri e la ricorribilità straordinaria per cassazione

In tema di arbitrato, qualora il lodo preveda che la quantificazione del com­penso degli arbitri debba essere effettuata dal Consiglio dell’ordine degli avvocati, l’accettazione del lodo integra una convenzione tra le parti, riconducibile all’art. 1349 c.c., che determina l’inapplicabilità dell’art. 814 c.p.c. Nei termini di cui innanzi statuisce Cass., Sez. II, n. 16594/2016, in fattispecie anteriore al d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. Con riferimento al procedimento di cui al citato art. 814 c.p.c. è invece rimessa alle Sezioni Unite, in quanto ritenuta di particolare importanza, la questione di massima inerente la ricorribilità straordinaria per cassazione avverso l’ordinanza emessa dalla Corte d’Appello in sede di reclamo contro l’ordinanza adottata dal Presidente del Tribunale, ritenendo oggi sussistenti forti ed apprezzabili ragioni giustificative per discostarsi del precedente orientamento delle Sezioni Unite, anche in virtù dell’intervenuto revirement circa la natura dell’arbi­trato rituale. Cass., Sez. I, n. 4517/2016 con la propria ordinanza interlocutoria ritiene difatti oggi sussistenti forti ed apprezzabili ragioni giustificative per discostarsi dal precedente orientamento delle Sezioni Unite, anche in ragione del mutamento giurisprudenziale circa la natura giurisdizionale dell’arbitrato rituale [per il precedente orientamento si vedano Cass., S.U., n. 15586/2009; Cass., S.U., n. 15582/2009, e, per le sezioni semplici, Cass., Sez. I, n. 3069/2013]. La questione è risolta in senso affermativo da Cass., S.U., n. 25045/2016, che, contrariamente ai propri precedenti, ammettono il ricorso straordinarioav­verso il provvedimento di cui innanzi, in materia di spese ed onorari degli arbitri, in ragione della natura giurisdizionale del relativo procedimento ed invirtù della decisorietà e definitività del provvedimento, in quanto incidente su situazioni di diritto soggettivo e non soggetto ad altri mezzi di impugnazione [Già antecedentemente alla citata Cass., S.U., n. 25045/2016, all’alba dell’ordinan­za di rimessione, si è ritenuto che le adite Sezioni Unite avrebbero dovuto affrontare la questione di diritto di cui innanzi, «non potendo più “opporre” l’as­senza [continua ..]


13. Procedimento: ricusazione dell’arbitro, la sua non impugnabilità ed i profili di costituzionalità