Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

Interventi della suprema corte in tema di nomina del­l'arbitro, di giudizio d'impugnazione, di arbitrato internazionale e di rapporti con g.o. e g.a (di Fabio Antezza )


Nel corso del 2019 la Suprema Corte ha statuito in materia di arbitrato internazionale ed ha esaminato i rapporti tra arbitri, autorità giudiziaria ordinaria e quella amministrativa, con particolare riferimento ai riflessi in tema di eccezioni di compromesso e di competenza e regolamento di competenza. È stata altresì presa posizione in ordine alle conseguenze della violazione della competenza funzionale del presidente del tribunale nella nomina dell’arbitro, con quanto ne consegue in termini di nullità del lodo e non di invalidità della convenzione, e sono stati chiariti numerosi aspetti in tema di giudizio d’impugnazione. Sotto tale ultimo profilo, in particolare, il Giudice di legittimità ha vagliato: il c.d. “termine breve”; l’errore rilevante ai fini dell’impugnazione del lodo irrituale; i limiti di applicabilità delle regole del giudizio innanzi al giudice ordinario, ferme restando le persistenti peculiarità strutturali.

Supreme court’s rulings on the appointment of arbitrators, the appeal proceedings, international arbitration and relationship between ordinary courts and administrative courts

In 2019, the Supreme Court has ruled on international arbitration issues concerning the relationship between arbitrators, ordinary courts and administrative courts. The focus has been mainly on pleas of lack of jurisdiction in consequence of an arbitration agreement (exceptio compromissi) and on pleas for lack of territorial jurisdiction (regolamento di competenza). The Supreme Court also took a stand with respect to the appointment of an arbitrator by the President of the Court in violation of its competence ratione auctoritatis (competenza funzionale), addressing the consequences in terms of nullity (excluding invalidity) of the relevant arbitration award. In addition, questions relating to the appeal proceedings have been clarified. In this regard, the Supreme Court has examined issues pertaining: the term for appealing (so-called “termine breve”); the qualification of the materiality of the error for the purposes of appealing; the limits to the application of the rules governing ordinary judiciary proceedings.

Keywords: International arbitration, Exceptio compromissi, Exception of territorial jurisdiction, Regulation of territorial jurisdiction, Appointment of an arbitrator, Arbitrator, Appeal of the arbitration award

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Segue. In materia di arbitrato internazionale - 3. Nomina giudiziale dell’arbitro, nullità del lodo ed invalidità della convenzione arbitrale: i riflessi sul giudizio d’impugnazione - 4. L’impugnazione ed il termine breve per l’arbitrato rituale e per quello irrituale - 5. L’errore rilevante ed i limiti all’impugnazione del lodo arbitrale irrituale - 6. L’impugnazione del lodo rituale, l’applicabilità delle regole del giudizio innanzi al giudice ordinario e le persistenti peculiarità strutturali - 7. Rapporti tra arbitri, l’autorità giudiziaria ordinaria e quella amministrativa: eccezioni di compromesso e di competenza e regolamento di competenza - 8. Arbitrato straniero e conflitto di competenza


1. Premessa

Nel corso del 2019 la Suprema Corte ha statuito in materia di arbitrato internazionale ed ha esaminato i rapporti tra arbitri, autorità giudiziaria ordinaria e quella amministrativa, con particolare riferimento ai riflessi in tema di eccezioni di compromesso e di competenza e regolamento di competenza. È stata altresì presa posizione in ordine alle conseguenze della violazione della competenza funzionale del presidente del tribunale nella nomina dell’ar­bitro, con quanto ne consegue in termini di nullità del lodo e non di invalidità della convenzione, e sono stati chiariti numerosi aspetti in tema di giudizio d’impugnazione. Sotto tale ultimo profilo, in particolare, il Giudice di legittimità ha esaminato: il c.d. “termine breve”; l’errore rilevante ai fini dell’impugnazione del lodo irrituale; i limiti di applicabilità delle regole del giudizio innanzi al giudice ordinario, ferme restando le persistenti peculiarità strutturali.


2. Segue. In materia di arbitrato internazionale

Statuendo in materia di arbitrato internazionale e dell’accertamento della sua natura ante novella del 2006, Cass., Sez. I, n. 7183/2019, ha cassato la decisione della Corte di merito per aver ritenuto che, in conseguenza del mero subentro di una società italiana nel rapporto contrattuale, con acquisizione dei diritti ed assunzione degli obblighi contrattuali della parte originaria straniera con effetto ex tunc, l’arbitrato non potesse qualificarsi internazionale perché nessuna delle parti contraenti avrebbe potuto considerarsi straniera. Il giudice di merito aveva in particolare omesso del tutto di motivare per quale ragione l’originaria contraente estera dovesse ritenersi essere rimasta totalmente estranea al rapporto contrattuale, sebbene avesse assunto pattiziamente la responsabilità in solido del corretto e tempestivo adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto. Al fine di accertare la natura internazionale dell’arbitrato, nella disciplina vigente prima dell’entrata in vigore della legge n. 40/2006, con conseguente esclusione dell’impugnabilità del lodo per inosservanza delle regole di diritto, occorre difatti in particolare verificare se ricorra uno dei due criteri identificativi dell’istituto individuati dalla legge, l’uno di natura soggettiva, l’altro di carattere oggettivo. Come precisato dalla sentenza da ultimo citata, essi consistono, rispettivamente, nella residenza o sede effettiva all’estero di almeno una delle parti alla data della sottoscrizione della clausola compromissoria o del compromesso, ovvero, in alternativa, nella previsione che una parte rilevante delle prestazioni nascenti dal rapporto al quale la controversia si riferisce debba essere eseguita all’estero.


3. Nomina giudiziale dell’arbitro, nullità del lodo ed invalidità della convenzione arbitrale: i riflessi sul giudizio d’impugnazione

La nomina dell’arbitro in sede giudiziale deve essere effettuata, in assenza di ragioni impeditive, tenendo conto della volontà manifestata dalle parti nella clausola compromissoria in relazione alla designazione di soggetti dotati di particolari qualità o appartenenti a determinate categorie. Il previsto intervento del presidente del tribunale, difatti, è di tipo integrativo-sostitutivo della volontà negoziale, ove questa non sia contra legem o non più concretamente attuabile (Cass., Sez. I, n. 7956/2016). La violazione della regola, contenuta nell’art. 810, comma 2, c.p.c., che attribuisce tale competenza, funzionale ed inderogabile, al presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato, determina la nullità del lodo, ai sensi dell’art. 829, comma 1, c.p.c., ove disposta da giudice territorialmente non competente, nei limiti in cui la questione venga dedotta nel giudizio arbitrale, ma non l’invalidità della convenzione arbitrale. Cass., Sez. VI-III, n. 14476/2019 ha difatti chiarito che il detto intervento nella nomina dell’arbitro ha fonte in una disposizione destinata a regolare l’ipotesi residuale del mancato accordo delle parti in merito alla nomina; a ciò si aggiunge la considerazione per la quale la previsione di un foro inderogabile opera, nel processo, in modo simile al meccanismo di sostituzione di diritto delle clausole contrattuali nulle, perché in contrasto con norme imperative, di cui all’art. 1419, comma 2, c.c. Il conseguente difetto di potestas iudicandi del collegio arbitrale sembrerebbe quindi non rilevabile d’ufficio in quanto la detta rilevazione è ammissibile solo ove il difetto derivi dalla nullità del compromesso o della clausola compromissoria. In tutti gli altri casi, invece, quindi anche nelle ipotesi di nomine avvenute con modalità diverse da quelle previste dalle parti o, in difetto, dal codice di rito civile, l’irregolare composizione del collegio decidente può costituire motivo di impugnazione soltanto quando essa sia stata già denunciata nel corso del giudizio arbitrale (si veda in merito Cass., Sez. IV, n. 6425/2006, che ha ritenuto la conformità a tale principio di diritto della statuizione della Corte di appello che aveva qualificato come inammissibile il motivo di gravame, in quanto attinente ad un’ipotesi di [continua ..]


4. L’impugnazione ed il termine breve per l’arbitrato rituale e per quello irrituale

Cass., Sez. I, n. 32028/2019 ha confermato l’inidoneità della notificazione del lodo arbitrale alla parte personalmente a far decorrere il termine d’impu­gnazione fissato dall’art. 828 c.p.c. anche nel caso in cui la stessa parte sia stata assistita, nel giudizio arbitrale, da un procuratore, eleggendo domicilio presso il medesimo. Ciò in quanto il rapporto con il difensore nel giudizio in esame si svolge sul piano contrattuale del mandato con rappresentanza, senza vera e propria costituzione, in modo da rendere inapplicabile la disciplina degli artt. 170 e 285 c.p.c. La detta interpretazione delle disposizioni normative di cui innanzi, peraltro, non contrasta con i principi di cui agli artt. 3 e 24 Cost. in quanto giustificata dalle fondamentali differenze esistenti tra il giudizio arbitrale e quello pendente innanzi al giudice ordinario (come ribadito dalla statuizione da ultimo citata negli stessi termini di cui a Cass., Sez. I, n. 6300/2000). Il legislatore non ha quindi introdotto disparità di trattamento fra Pubblica Amministrazione e privati, trovando, la difformità di regolamentazione, giustificazione nella oggettiva diversità delle situazioni, è non ha violato il diritto di difesa degli interessati in merito all’esperibilità dell’impugnazione ed alle relative modalità (Cass., Sez. I, n. 6847/2004). Già il Giudice di legittimità aveva chiarito che la notifica al difensore in luogo della parte personalmente integra però un’ipotesi di nullità della notificazione e non di inesistenza, sicché il relativo vizio è sanato a seguito del­l’av­venuta costituzione in giudizio del convenuto (Cass., Sez. I, n. 544/2004), e che nelle ipotesi di patrocinio ex lege dell’Avvocatura dello Stato il destinatario della notifica va comunque individuato nella predetta Avvocatura, ai sensi dell’art. 11, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, senza che possa opporsi una distinzione tra i vari atti e senza che rilevi l’eventuale contumacia in giudizio del­l’amministrazione (così Cass., Sez. I, n. 13197/2006, che ha di conseguenza dichiarato nulla la notifica, eseguita direttamente all’amministrazione, dell’at­to di impugnazione di lodo arbitrale e, per l’effetto, cassato con rinvio la sentenza della Corte di appello che non aveva rilevato la nullità e non aveva [continua ..]


5. L’errore rilevante ed i limiti all’impugnazione del lodo arbitrale irrituale

Il lodo irrituale (al pari della perizia contrattuale) per la sua natura, quoad effectum, negoziale, essendo volto a integrare una manifestazione di volontà negoziale con funzione sostitutiva di quella delle parti in conflitto, e per esse vincolante, è impugnabile soltanto per i vizi che possono vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale, come l’errore, la violenza, il dolo e l’incapa­cità delle parti che hanno conferito l’incarico o dell’arbitro stesso. In particolare, l’errore rilevante è solo quello attinente alla formazione della volontà degli arbitri, esso si configura quando questi abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà per non aver preso visione degli elementi della controversia o per averne supposti altri inesistenti, ovvero per aver dato come contestati fatti pacifici o viceversa, mentre è preclusa ogni impugnativa per errori di diritto, sia in ordine alla valutazione delle prove che in riferimento alla idoneità della decisione adottata a comporre la controversia (Cass., Sez. I, n. 18577/2004). Seguendo questa impostazione Cass., Sez. II, n. 15665/2019 ha precisato che l’errore del giudizio arbitrale, per essere rilevante, secondo la previsione dell’art. 1428 c.c., deve essere sostanziale (o essenziale) e riconoscibile (artt. 1429 e 1431 c.c.). Ciò implica che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, devono essere gli arbitri incorsi in una falsa rappresentazione o alterata percezione degli elementi di fatto determinata dall’aver ritenuto esistenti fatti che certamente non lo sono e viceversa, ovvero contestati fatti che tali non sono, analogamente all’errore revocatorio contemplato, per i provvedimenti giurisdizionali, dall’art. 395, n. 4, c.p.c. Non rileva invece l’errore degli arbitri che attenga alla determinazione da essi adottata in base al convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti, ivi compresi i criteri di valutazione indicati dalle parti, perché costoro, nel dare contenuto alla volontà delle parti, esplicano un’attività interpretativa e non percettiva, che si trasfonde nel giudizio loro demandato e che, per volontà delle medesime, è inoppugnabile, pur essendo un negozio stipulato tramite i rispettivi arbitri-mandatari.


6. L’impugnazione del lodo rituale, l’applicabilità delle regole del giudizio innanzi al giudice ordinario e le persistenti peculiarità strutturali

L’arbitrato rituale ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario (ex plurimis, Cass., S.U., n. 24153/2013); sicché, l’impu­gnazione del lodo è soggetta alla disciplina e ai principi che regolano il giudizio di appello, in quanto compatibili. Ne consegue che, in caso di tardiva iscrizione a ruolo, l’impugnazione è improcedibile, trovando applicazione l’art. 348, comma 1, c.p.c. e non l’art. 171 c.p.c. (Cass., Sez. I, n. 13898/2014). L’intervento del terzo rimasto estraneo al procedimento davanti agli arbitri, invece, è sempre ammissibile quando il lodo potrebbe pregiudicare i suoi diritti ai sensi degli artt. 344 e 404 c.p.c., avendo l’art. 816-quinquies c.p.c., introdotto dal d.lgs. n. 40/2006, previsto e disciplinato tale intervento proprio con riferimento al giudizio arbitrale e trovando anche applicazione in materia, in mancanza di una diversa disciplina, gli istituti ordinari previsti dal codice di rito (Cass., Sez. I, n. 28827/2017; in senso inverso, circa l’intervento del terzo, si veda Cass., Sez. I, n. 2323/2014, ma con riferimento a giudizio arbitrale svoltosi nel vigore della disciplina successiva alla legge n. 25/1994 ed antecedente a quella introdotta dal d.lgs. n. 40/2006). Ulteriore tassello alla linea interpretativa di cui innanzi è stato aggiunto da Cass., Sez. I, n. 13927/2019. Dall’applicabilità di istituti e regole del processo ordinario di cognizione in appello, laddove manchi una disciplina specifica del mezzo d’impugnazione, con la citata statuizione il Giudice di legittimità ha fatto derivare che all’inerzia reiterata delle parti conseguono gli effetti previsti dalle norme processuali applicabili, ritenendo invece infondata la tesi per la quale il giudizio di impugnazione del lodo, una volta promosso, debba comunque proseguire, anche per effetto di impulso ufficioso, salva solo la rinuncia del ricorrente. In merito all’applicabilità degli istituti ordinari del processo civile, anche in ragione della natura dell’arbitrato rituale, la Suprema Corte si era già pronunciata (dopo un precedente orientamento in senso contrario). Per la linea interpretativa appena evidenziata, difatti, Cass., Sez. I, n. 26008/2018 aveva argomentato la possibilità di rinnovare la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, al ricorrere dei presupposti di legge. [continua ..]


7. Rapporti tra arbitri, l’autorità giudiziaria ordinaria e quella amministrativa: eccezioni di compromesso e di competenza e regolamento di competenza

Ai sensi dell’art. 819-ter, comma 3, c.p.c., così come novellato dall’art. 22 del d.lgs. n. 40/2006, in pendenza del procedimento arbitrale non possono proporsi all’autorità giudiziaria domande aventi ad oggetto l’invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato, dovendosi ritenere, per converso, che possa essere proposta una domanda giudiziale intesa ad ottenere la declaratoria della invalidità o dell’inefficacia della convenzione, quando non sia stata introdotta una controversia innanzi agli arbitri sulla base della convenzione stessa. L’invalidità (o l’inefficacia) della convenzione d’arbitrato può essere invocata davanti all’autorità giudiziaria con autonoma domanda di accertamento o unitamente alla domanda relativa al rapporto cui la clausola compromissoria troverebbe applicazione ovvero, ancora, in via di controeccezione proposta dalla parte attrice, allorché la parte convenuta abbia eccepito l’esi­stenza della clausola compromissoria invocando la competenza arbitrale. Sicché, ha concluso Cass., Sez. VI-III, n. 14476/2019, ove avverso la decisione del giudice di merito, affermativa o negativa della competenza arbitrale, venga proposto regolamento di competenza, detto giudizio compete alla Corte di cassazione, nell’ambito dei poteri di statuizione sulla competenza (in senso conforme la precedente Cass., Sez. VI-III, n. 17019/2011). L’eccezione di compromesso, invece, ha carattere processuale ed integra una questione di competenza che non ha natura inderogabile, così da giustificarne il rilievo d’ufficio ex art. 38, comma 3, c.p.c., atteso che essa si fonda unicamente sulla volontà delle parti, le quali sono libere di scegliere se affidare o meno la controversia agli arbitri. Ne consegue che, come ha ribadito Cass., Sez. VI-III, n. 15300/2019, anche nel procedimento sommario di cognizione, la parte interessata deve sollevarla, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta e nel termine fissato dall’art. 702-bis, comma 4, c.p.c. La detta eccezione (di compromesso) sollevata innanzi al giudice ordinario, adito sebbene la controversia sia stata deferita ad arbitri, invece, come ha chiarito Cass., Sez. II, n. 21177/2019, attiene al merito e non alla giurisdizione o alla competenza, in quanto i rapporti tra giudici ed arbitri non si pongono sul piano della ripartizione del [continua ..]


8. Arbitrato straniero e conflitto di competenza