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Esclusione del socio di s.r.l. per svolgimento di attività concorrente e abuso di maggioranza

Barbara Petrazzini

Traendo spunto da un lodo arbitrale reso per dirimere una controversia relativa all’esclusione di un socio di s.r.l., il commento esamina dapprima i presupposti di validità della clausola di esclusione richiesti dall’art. 2473-bis c.c. e, successivamente, si sofferma sulla possibilità di sanzionarne l’uso abusivo fatto dalla maggioranza.

Partner exclusion in limited liability company due to competing activities and majority abuse

Inspired by an arbitration to settle a dispute concerning the partner exclusion in a limited liability company, the comment examines the conditions of validity of the exclusion clause required by art. 2473-bis of the Italian Civil Code and, subsequently, analyses the possibility of sanction in case of majority abuse.

Keywords: Limited liability company, Partner exclusion, Majority abuse

(Perrino presidente; Abriani, De Poli arbitri – C.S. – Alfa s.r.l.)

Società – Società a responsabilità limitata – Esclusione – Svolgimento di attività concorrente

È legittima la clausola statutaria che preveda l’esclusione del socio nell’ipotesi di svolgimento di attività in concorrenza con la società. (44)

Società – Società di capitali – Esclusione del socio – Annullabilità per abuso di maggioranza – Sussistenza – Fattispecie

È annullabile per abuso di maggioranza la delibera di esclusione di un socio allorché le concrete modalità di assunzione della decisione si pongano palesemente in contrasto con il dovere di esecuzione del contratto sociale secondo buona fede e con il rispetto del principio di collaborazione tra i soci (nella specie, [continua..]

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COMMENTO

Sommario:

1. Il fatto - 2. L’esclusione del socio nella società a responsabilità limitata - 2.1. Le “specifiche ipotesi” - 2.2. La “giusta causa” - 2.3. Esclusione e abuso di maggioranza - NOTE


1. Il fatto

Il lodo in commento (del quale si pubblica un estratto della parte in diritto) è stato pronunciato per risolvere la controversia insorta tra CS, socio della Alfa s.r.l., e la società in merito alla impugnazione della delibera assembleare con la quale era stata decisa l’esclusione del primo dalla società. Nel caso di specie il socio risultava essere socio di maggioranza e amministratore unico di altra società a responsabilità limitata, costituita nel 2011, avente un oggetto sociale in gran parte sovrapponibile con quello della Alfa s.r.l. E poiché l’atto costitutivo di quest’ultima prevedeva la possibilità di estromettere il socio in caso di “esercizio di un’attività concorrente o in conflitto di interessi con quella della società o con quella dei soci”, l’assemblea deliberava, nel novembre 2017, l’esclusione del socio dalla società. Questi, azionando la clausola arbitrale prevista dalla Statuto, impugnava davanti al Collegio arbitrale la delibera che aveva sancito la sua estromissione dalla compagine sociale, contestando anzitutto la nullità della clausola statutaria per carenza del requisito della specificità (sostenendo che la mancata indicazione del periodo temporale cui la condotta avrebbe dovuto riferirsi avrebbe consentito un utilizzo discrezionale e perciò abusivo della previsione statutaria); in secondo luogo censurava [continua ..]

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2. L’esclusione del socio nella società a responsabilità limitata

L’introduzione di una disciplina dell’esclusione nella società a responsabilità limitata risale, come noto, alla riforma del diritto societario del 2003, allorché il legislatore, impegnato a ridisegnare il volto della s.r.l. e ad offrire ai soci la possibilità di accentuarne l’elemento personalistico [1], decide di prevedere un rimedio che, affiancandosi alla storica ipotesi di esclusione per mancata esecuzione dei conferimenti, consenta l’allontanamento del socio in tutte quelle situazioni, riconducibili a fatti o comportamenti a lui personalmente relativi, che possano ostacolare o impedire il perseguimento dello scopo della società [2]. Si tratta però di un rimedio soltanto eventuale, destinato ad operare esclusivamente in presenza di un’esplicita scelta dei soci in tal senso [3]: se infatti l’estromissione del socio inadempiente rispetto all’obbligo di conferimento, posta a tutela dell’integrità del capitale sociale, si applica prescindendo da qualsivoglia previsione statutaria, l’esclusione, facoltativa, di cui all’art. 2473-bis c.c. è destinata a tutelare in via prioritaria gli interessi dei soci e presuppone, a monte, un’espressa volontà dei contraenti di sfruttare gli spazi lasciati all’autonomia negoziale, enfatizzando ruolo e caratteristiche personali dei soci [4]. Non solo; la libertà dei contraenti di [continua ..]

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2.1. Le “specifiche ipotesi”

Ora, è indubbio che la clausola statutaria prevista nello statuto della Alfa s.r.l., che riecheggia nella sua formulazione il disposto dell’art. 2301 c.c., possedesse il requisito della specificità, individuando in modo preciso la condotta che poteva condurre l’assemblea a decidere l’estromissione del socio dalla compagine sociale (annoverando tra i casi considerati giusta causa di esclusione “l’esercizio da parte del socio di un’attività concorrente o in conflitto di interesse con quella della società o con quella dei soci”); così come il fatto che la clausola fosse presente nello statuto sin dalla sua originaria formulazione non poteva dar adito ai dubbi che, in alcuni casi, hanno portato i giudici a decretare l’illegittimità di alcune previsioni statutarie quando le stesse erano for­mulate in modo tale da poter essere utilizzate per sanzionare, in modo abusivo, condotte del socio antecedenti alla sua introduzione [7]. Il tema della concorrenza tra socio e società richiede infatti qualche precisazione volta a meglio definire, sotto il profilo temporale, il rapporto tra lo svolgimento dell’attività concorrente e l’operatività della clausola di esclusione. Se non pone particolari problemi la situazione –analoga a quella esaminata dal Lodo in commento– nella quale l’attività imprenditoriale concorrente svolta dal socio [continua ..]

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2.2. La “giusta causa”

La specificità della clausola statutaria non è infatti, da sola, sufficiente, posto che l’art. 2473-bis c.c. non si limita a disporre che le ipotesi di esclusione debbano essere specifiche, ma prevede che esse, per essere legittime, siano sorrette da una giusta causa. Di questo secondo requisito sono state proposte due distinte letture [12]. Una prima, secondo la quale il fatto stesso che i soci abbiano statutariamente previsto un determinato evento quale presupposto dell’esclusione sarebbe di per sé sufficiente a qualificare l’evento stesso come “giusta causa” di scioglimento del rapporto sociale [13]; una seconda, per cui l’esistenza di una giusta causa non può desumersi dalla semplice circostanza che i soci abbiano a priori ed ex ante qualificato un certo fatto o comportamento come motivo di esclusione, ma si verifica solo allorché il fatto o il comportamento astrattamente individuati in statuto siano potenzialmente idonei ad incidere negativamente sul rapporto fiduciario esistente tra le parti del rapporto societario [14]. La prima soluzione prospettata non sembra tuttavia condivisibile: se l’atto costitutivo potesse infatti legittimare l’esclusione del socio in qualsiasi circostanza, purché specifica, limitandosi a qualificarla come circostanza integrante una giusta causa, si verificherebbe una indebita sovrapposizione dei due requisiti (che invece il legislatore [continua ..]

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2.3. Esclusione e abuso di maggioranza

Ed è su questa linea che si è mosso il Collegio là dove, dopo aver valutato, in astratto, la legittimità della clausola statutaria, è passato ad esaminare la concreta applicazione fattane dall’assemblea. Anzitutto ha preso in considerazione l’eventualità che, nonostante la previsione statutaria, vi potessero essere elementi di fatto dai quali desumere un consenso degli altri soci allo svolgimento dell’attività concorrenziale da parte del socio poi escluso; poiché l’art. 2473-bis c.c. disciplina un’ipotesi di esclusione facoltativa, e dunque individua un diritto disponibile dalle parti, ben potrebbero infatti i soci (analogamente a quanto pacificamente è ammesso nei casi disciplinati dagli artt. 2301 e 2557 c.c.) [19] autorizzare vuoi in modo espres­so, vuoi tacitamente (attraverso l’adozione di condotte inequivocabilmente incompatibili con la volontà di avvalersi della facoltà riconosciuta dallo statuto), lo svolgimento di attività in concorrenza con quella della società. L’indagine non è tuttavia stata risolutiva: pur avendo il socio CS costituito la società concorrente sei anni prima rispetto al momento della sua esclusione, non sono emersi durante l’articolata fase istruttoria profili che potessero dimostrare né un’approvazione, espressa o tacita, della condotta del socio, né, per contro, una [continua ..]

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NOTE

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