Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

Nota in tema di arbitrato d'investimento (di Giovanni Viglino)


La res judicata, per quanto possa apparire come concetto chiaro, risente di risvolti pratici intricati e molto dibattuti, sia a livello nazionale che internazionale. Infatti, nonostante il giudicato abbia origini storiche molto antiche, non esiste ancora un’uniformità d’approccio con differenze tra common law e paesi di civil law. In questo contesto s’inserisce l’arbitrato, sotto la forma del­l’arbitrato d’investimento, con tutte le particolarità che quest’ultimo possiede. Il lodo in esame fa applicazione del principio di res judicata rispondendo positivamente a due questioni: (i) ciò che è coperto da giudicato è soltanto quanto sia stato effettivamente deciso in precedente giudizio; e (ii) l’indagine volta a comprendere cosa sia stato deciso deve prendere in considerazione il processo logico-interpretativo utilizzato dai precedenti organi giudicanti. Il commento ripercorre le posizioni espresse in dottrina e in giurisprudenza, con particolare riferimento alle pronunce della Corte Internazionale di Giustizia e di lodi amministrati dal Centro Internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti, presentando infine una possibile soluzione che prescinda dal sogno – utopia – di un’uniformità nell’approccio al giudicato.

Note with regard to investment arbitration

Res judicata, though it may appear a crystal clear notion, it encounters problems and hurdles in its application, both at a national and at an international level. Indeed, notwithstanding its ancient origins, yet there is not a uniform approach, considering the different understanding of the principle in civil law and common law countries. In this analysis, we shall include arbitration, in the form of investment arbitration, with all the particularities the latter brings. The award in analysis applies res judicata answering positively to two questions: (i) res judicata attaches only to those claims that have actually been decided in a previous proceeding; and (ii) the investigation of what have been decided must take into consideration the logical path enforced by previous adjudicators. The analysis recalls the positions of scholars and judges, with a specific focus on certain decisions by the International Court of Justice and certain awards under the International Centre for Settlement of Investment Disputes, arguing eventually towards a solution that does not necessarily purse the dream – utopia – of a worldwide uniformity in the approach towards res judicata.

Keywords: Res judicata, Investment arbitration, ICSID, ICJ, Interpretation, Operative part of a judgment, Reasonings

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(Sir Christopher Greenwood, presidente; Mr. J. William Rowley, Dr Gavan Griffith, arbitri) – Mobil Investments Canada Inc. (avv.ti O’Gorman, Neufeld, Nichols, Connolly, Sikora, O’Dea) – Governo del Canada (avv.ti Luz, Douglas, Squires, Perrault, Amalraj, Hoffmann) Arbitrato – Arbitrato ICSID – Arbitrato d’investimento – Res judicata – Danno emergente – Lucro cessante – NAFTA La stabilità delle relazioni giuridiche non è minacciata dal permettere a una parte di perseguire una richiesta quando un precedente collegio arbitrale ha statuito che tale medesima richiesta non era “ancora matura di decisione” e che avrebbe potuto essere perseguita successivamente. Al contrario, statuire che in tali circostanze alla parte dovrebbe essere preclusa tale via significherebbe permettere una considerabile ingiustizia. [1] (46)   [Omissis] VII. THE RES JUDICATA ISSUE A. Canada’s Position Canada maintains that the doctrine of res judicata is a well established general principle of international law, which has been recognized in the jurisprudence of a wide range of international courts and tribunals and in the literature of international law. Canada refers, in particular, to the decisions of NAFTA arbitration tribunals which have applied the doctrine of res judicata, specifically the tribunals in Apotex Holdings Inc. v. United States (Apotex III) and Waste Management v. Mexico, as well as the decisions of other investment tribunals, such as that in Vivendi v. Argentina. As this argument was set out in Canada’s Counter-Memorial, it was summarized as follows: The doctrine of res judicata stipulates that a final decision made by a competent international court or tribunal is conclusive between those same parties. This means that the same question or dispute cannot be raised again by the same parties before another international tribunal. The doctrine is intended to assure consistency amongst decisions, efficiency in decision making, and finality of disputes. For a claim to be barred by the res judicata effect of a prior decision, three criteria have to be satisfied: the proceedings must have been conducted (1) before international courts or arbitral tribunals in the same legal order, that is, both decision-making bodies are international courts or international tribunals; (2) between the same parties; (3) concerning the same subject matter. These requirements are met in the present case. Canada refers to the passage in Mobil’s Memorial quoted in para. 82, above as indicating that Mobil’s claim in the present proceedings was identical to that advanced in the Mobil I proceedings, with the same cause of action and a claim for the same relief. The only difference is that the claim for damages allegedly sustained during the period 2012 to 2015 was there advanced as a claim for future losses and is here put forward as a claim for damages [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Il quadro legale di riferimento - 3. Gli orientamenti nazionali circa l’interpretazione del principio generale di diritto internazionale di res judicata e la sua applicazione nella giurisprudenza e in arbitrato internazionale - 4. La posizione espressa nel lodo - 5. Osservazioni critiche: sull’interpretazione del lodo e l’ampiezza della res judicata - NOTE


1. Il caso

La massima riferita al lodo del Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti (“ICSID” o “Centro”) ha per oggetto l’estensione dell’applicazione del principio generale di diritto internazionale di res judicata. Il punto controverso vede la sua origine in un precedente arbitrato ICSID [2] (“Mobil 1”), nel quale l’attore (d’ora in avanti, “Mobil” o “Attore”) chiedeva al collegio arbitrale di condannare il convenuto (d’ora in avanti, “Canada” o “Convenuto”) al risarcimento dei danni (sia presenti che futuri) subiti come conseguenza dell’introduzione, da parte del Canada, di linee guida sulla ricerca e lo sviluppo. Queste ultime sancirono quali spese obbligatorie a carico dell’Attore per due investimenti nelle province canadesi di Newfoundland e Terranova (insieme, gli “Investimenti”). Gli arbitri ravvisarono la violazione da parte del Canada dell’articolo 1106 dell’Accordo Nordamericano per il Libero Scambio (“NAFTA” o “Accordo”) [3] e condannarono quest’ultimo a risarcire l’Attore dei danni subiti fino a tale data [4], esclu­dendo che ci fossero sufficienti elementi per determinare l’(eventuale) ammontare dei danni futuri [5]. Tre anni più tardi [6], Mobil presentò la richiesta al segretariato ICSID per un secondo arbitrato (“Mobil 2”) contro il Canada avente ad oggetto la medesima richiesta di risarcimento danni come conseguenza della continua applicazione da parte del Canada delle linee guida già dichiarata illegittima in esito al­l’ar­bitrato Mobil 1. Con la decisione in commento, gli arbitri hanno riconosciuto la propria giurisdizione a decidere sulla questione, nonostante l’ecce­zione di cosa giudicata sollevata dal Convenuto con riferimento alla richiesta di condanna al risarcimento danni già sollevata (e decisa) nel precedente arbitrato.


2. Il quadro legale di riferimento

Il lodo in commento si inserisce all’interno di un sistema che prevede, per la parte procedurale, l’applicazione delle regole arbitrali ICSID e, per la parte sostanziale, l’applicazione delle norme comprese nell’imponente e complesso Accordo Nordamericano per il Libero Scambio, di cui brevemente si accennava. Il NAFTA, firmato nel 1992 ed entrato in vigore nel 1994, ha segnato un importante passaggio nelle relazioni commerciali tra Stati Uniti, Canada e Messico. L’Accordo, attraverso un intricato complesso di norme e garanzie, ambisce al delicato compito di offrire un’area di libero scambio tra gli stati contraenti e i cittadini dei medesimi [7]. Di particolare interesse per la nostra analisi è il capitolo undicesimo del­l’Accordo, il quale delinea, da un lato, una serie di requisiti che ognuno dei tre Stati è chiamato a rispettare con riferimento ad un investimento effettuato da uno (o più) cittadini di un altro Stato; e, da altro lato, prevede un sistema di risoluzione di controversie qualora i requisiti di cui sopra non vengano rispettati. Tra le limitate opzioni previste dall’Accordo, vi è la possibilità di devolvere le controversie al Centro. Quest’ultimo, con sede a Washington, rappresenta una delle diverse istituzioni di cui si compone la Banca Mondiale. Senza entrare eccessivamente nel dettaglio, lo scopo principale del Centro consiste nell’amministrare procedimenti d’arbitrato, mediazione e conciliazione scaturenti principalmente da una controversia tra uno stato ed un cittadino (investitore) di altro Stato [8]. All’esterno di questo contesto (e a comprenderlo al suo interno), nel quale gli arbitri del primo arbitrato hanno dovuto muoversi per dirimere la questione circa la violazione o meno da parte del Canada di alcune norme NAFTA, si inserisce il diritto pubblico internazionale con i suoi principi generali, tra cui la res judicata. Di quest’ultima, vero punto nevralgico del nostro commento, verrà illustrata, senza pretese di esaustività, la differente recettività a livello di ordinamenti nazionali e l’applicazione (giurisprudenziale o arbitrale). A questo seguirà un’analisi della posizione espressa dagli arbitri nel lodo e qualche osservazione critica dell’Autore.


3. Gli orientamenti nazionali circa l’interpretazione del principio generale di diritto internazionale di res judicata e la sua applicazione nella giurisprudenza e in arbitrato internazionale

Il principio di res judicata (di seguito anche “giudicato” o “cosa giudicata”), secondo il quale, in termini generali, una questione decisa (da un giudice o da un arbitro) in via definitiva non possa più essere oggetto di secondo e successivo dibattito tra le stesse parti, è accettato pressoché ovunque [9]. Scrivere in termini generali aiuta a fissare un concetto ed a comprendere le diverse sfaccettature che quest’ultimo genera nel campo dell’interpretazione dottrinale e giurisprudenziale. Tra chi definisce la res judicata come un principio [10], chi come una dottrina [11], chi come entrambi [12], chi anche si disinteressa della questione circa una sua definizione [13], vi è sicuramente una prima fondamentale distinzione da operare: l’approccio al giudicato operato nei paesi di civil law comparato a quello di common law [14]. In breve, gli ordinamenti di common law sono caratterizzati, da un lato, dal “collateral estoppel”, sconosciuto agli ordinamenti di civil law e che impedisce ad una parte di ri-litigare su una questione o su un fatto già discusso e deciso in precedenza in altra sede [15]; e, d’altro lato, da uno sviluppo giurisprudenziale molto più flessibile della res judicata (“claim preclusion”, in inglese) [16]. Viceversa, gli ordinamenti di civil law sono caratterizzati dalla tradizionale richiesta d’identità di tre elementi: (i) persone; (ii) petitum e (iii) causa petendi [17] e da un approccio restrittivo e severo alla res judicata (se comparato a quello utilizzato nei paesi di common law e con maggiore riferimento al grado di rilevanza assegnato alle motivazioni). Anche per quanto concerne la ratio, gli effetti, le conseguenze, gli interessi protetti si è scritto e discusso tantissimo [18]. Occorre distinguere tra portata positiva e portata negativa del giudicato: quest’ultimo, tradizionalmente individuato nel brocardo latino “ne bis in idem”, impedisce alle parti di discutere davanti ad un giudice (o arbitro) nuovamente una questione già decisa in precedenza tra le medesime parti [19]. L’effetto positivo, viceversa, si può sintetizzare nel fatto che quanto deciso (in via definitiva) fa stato tra le parti e si esprime oltre la specifica e singola vicenda processuale dalla quale origina la decisione [20]. Prima di [continua ..]


4. La posizione espressa nel lodo

Il lodo in commento ha affrontato la questione della res judicata con riferimento ai danni futuri. Il quesito che gli arbitri hanno dovuto affrontare si può riassumere nei seguenti termini: avendo il Collegio in Mobil 1 discusso circa la risarcibilità dei danni futuri, e concluso che l’ammontare del risarcimento per i danni futuri fosse non ancora maturo di determinazione [47], si può considerare la questione decisa (negativamente) e quindi dotata di forza di giudicato? A giudizio degli arbitri, la questione non fu decisa in Mobil 1, ma soltanto affrontata. E, come abbiamo visto in precedenza, il mero fatto che una questione venga affrontata non implica che venga poi effettivamente decisa. Ciò che traspare dall’argomentazione logica del Collegio [48] è la considerazione di tre punti fondamentali: (i) l’ampiezza della cosa giudicata; (ii) la ratio della cosa giudicata; e (iii) un’interpretazione da un lato letterale e da un lato funzionale allo scopo sotteso al NAFTA e in generale ai trattati. Per quanto concerne il primo punto, pochissimi dubbi tra gli arbitri sul fatto che affinché il giudicato possa operare, la questione debba essere stata “distintamente messa in discussione e direttamente decisa” [49], lasciando quindi nessuno spazio per una decisione “implicita”, come invece avvenuto in altre occasioni [50]. Quanto al secondo punto, attraverso nuovamente una citazione [51], gli arbitri hanno individuato nella stabilità dei rapporti, e nell’interesse specifico di ciascun soggetto alla certezza che una questione decisa non venga nuovamente discussa, rispettivamente un interesse generale e specifico della questione giudicata. Quanto al terzo punto, il più delicato, si è trattato di interpretare, da un lato, il testo letterale del lodo Mobil 1 e, da altro lato, di inserire nell’interpreta­zio­ne un criterio di funzionalità agli interessi delle parti coinvolte. In altre parole, se in un contesto di investimenti di lungo periodo si possa “caricare” di giudicato una “decisione” relativa al risarcimento di danni futuri su un periodo, nel caso di specie, comprendente ventisei anni (i.e. 2010-2036, il periodo citato in Mobil 1). Non è questa la sede per ripercorrere ogni singolo passaggio della motivazione [52], ma ci limiteremo a riportare i due più [continua ..]


5. Osservazioni critiche: sull’interpretazione del lodo e l’ampiezza della res judicata

Il lodo in commento ha mostrato, per un verso, l’importanza della ricostruzione della portata del precedente; e, per altro verso, come l’obiettivo (più o meno dichiarato) di un’uniformità di approccio alla res judicata resti una chimera. Lasciando da parte i dubbi circa le precise qualificazioni giuridiche di persone, petitum e causa petendi, l’evidente difficoltà nell’approcciare uniformemente la res judicata s’incentra su altre questioni, e precisamente: (i) la rilevanza delle motivazioni espresse in sentenza o in lodo e (ii) la necessarietà o meno di una decisione esplicita su una data questione. Sul primo punto si è discusso tantissimo in dottrina e giurisprudenza [55], e in questa sede è sufficiente ricordare come la soluzione in parte graviti intorno al contesto giuridico di riferimento. In un sistema di arbitrato di investimento, considerare, ai fini di sciogliere il nodo riguardo cosa sia coperto da giudicato, soltanto il dispositivo tralasciando le motivazioni non appare essere la soluzione più efficiente possibile. Come abbiamo visto, spesso il percorso logico-interpretativo compiuto dai giudici o dagli arbitri non rimane confinato ad una mera operatività funzionale al dispositivo, bensì si estende fino ad ergersi quale pilastro per la successiva interpretazione circa cosa sia stato deciso e cosa no. Sul secondo punto, probabilmente più interessante e di difficilissima analisi, la domanda centrale è la seguente: può avere forza di giudicato una questione decisa implicitamente o quest’ultima deve, necessariamente, essere decisa espressamente? Secondo una pronuncia della ICJ [56] che ha fatto molto discutere in dottrina [57], la risposta è affermativa. Senza entrare nel dettaglio del caso, la Corte, a decisione maggioritaria, ha impedito ad una parte di presentare nuovamente una questione perché quest’ultima era stata già decisa per “necessaria implicazione” (“necessary implication”, in originale) [58]. Da quest’ultima circostanza si può comprendere pienamente come l’utiliz­zo di un linguaggio adeguato allo scopo (i.e. per decidere o, viceversa, per rimandare una questione) sia di fondamentale importanza. L’auspicio è dunque quello di ottenere sentenze e lodi che contengano un linguaggio chiaro con riferimento a [continua ..]


NOTE