Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

Arbitrabilità delle controversie riguardanti l'organismo di vigilanza 231 (di Emmanuele Serlenga)


Il presente lavoro si propone di analizzare le possibilità ed i limiti dell’applicabilità della clausola compromissoria alle eventuali controversie che dovessero riguardare la società ed il proprio Organismo di Vigilanza 231.

Submission of disputes concerning the Supervisory Body to arbitration 231

Submission of disputes concerning the Supervisory Body to arbitration 231

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Arbitrabilità quando le funzioni di OdV sono svolte dall’organo gestorio o da quello di controllo - 3. Limiti all’arbitrabilità delle controversie endosocietarie - 4. Arbitrabilità quando le funzioni di OdV sono svolte da persone esterne all’or­gano gestorio o da quello di controllo - NOTE


1. Introduzione

Il tema appare sicuramente di interesse, non foss’altro che per le ragioni di speditezza e di riservatezza che di norma rende preferibile ricorrere a procedure arbitrali o comunque appartenenti al genus delle Alternative dispute resolution rispetto a quelle tradizionali di tipo giurisdizionale. In particolare, appare di palmare evidenza che, specialmente quando l’Or­ganismo di Vigilanza è composto da professionisti, la riservatezza del­l’arbi­trato appare certamente preferibile rispetto allo strepitus fori.


2. Arbitrabilità quando le funzioni di OdV sono svolte dall’organo gestorio o da quello di controllo

Andando ad indagare l’assoggettabilità della clausola compromissoria delle controversie riguardanti l’OdV, occorre prendere le mosse dalla composizione di esso. Infatti, come noto, l’art. 6, comma 4, del d.lgs. n. 231/2001 attribuisce agli enti di piccole dimensioni la possibilità di affidare il ruolo di OdV all’organo dirigente. Non è questa la sede per dirimere la vexata quaestio circa la reale efficacia definitoria della locuzione “piccole dimensioni”. Infatti parte della dottrina identifica le “piccole dimensioni” nella coesistenza da un lato del requisito della coincidenza tra direzione e proprietà e dal­l’altro di quello dimensionale, senza però che vi sia uniformità di vedute circa la misura di esso [1]. Vi è poi chi riconduce il concetto di “piccole dimensioni” a quelle economiche, sul modello dell’ultimo disposto della Legge Fallimentare frutto della novella apportata dal d.lgs. n. 5/2006 [2]. Altri ancora [3] propongono di utilizzare, rinvenendone una eadem ratio, i criteri utilizzati dal d.lgs. 14 marzo 2005, n. 35, il cui art. 9 al comma 1 riguardante i crediti di imposta spettanti in caso di concentrazioni di PMI, che definisce, per l’appunto, la “Dimensione europea per la piccola impresa” utilizzando una combinazione di requisiti economici e dimensionali. Nemmeno, questa è la sede per addentrarci, se non a volo d’angelo, sulle criticità dell’art. 6, comma 4, del d.lgs. n. 231/2001 da parte di chi [4] la vede lesiva dei requisiti di autonomia ed indipendenza che l’OdV deve possedere, autorevolmente affermati, ex aliis, dalla nota sentenza 38343/2014 della nostra Corte Suprema nella sua composizione più autorevole, la c.d. Sentenza Thyssen Krupp. Tuttavia la norma è in vigore, come vige altresì il comma 4-bis dello stesso art. 6 del d.lgs. n. 231/2001, che consente alle società di capitali di poter far esercitare le funzioni di OdV anche all’organo di controllo, sia esso collegio sindacale, consiglio di sorveglianza o comitato per il controllo per la gestione. Come noto, l’art. 34 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, che disciplina il c.d. arbitrato societario, al comma 4 prevede che: “Gli atti costitutivi possono prevedere che la clausola abbia ad oggetto controversie promosse da amministratori, [continua ..]


3. Limiti all’arbitrabilità delle controversie endosocietarie

I limiti che l’art. 34 del d.lgs. pone all’assoggettabilità a clausola compromissoria delle controversie endosocietarie sono: 1) quello generale della disponibilità dei diritti controversi; 2) quello stabilito dallo stesso art. 34 comma 1 del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 dell’inapplicabilità dell’arbitrato societario alle società quotate. Questo limite, posto a tutela degli azionisti [10], appare oggi anacronistico, sia se si pensa che, ad esempio sono compromettibili ai sensi degli artt. 5-6 del d.lgs. n. 179/2007, le controversie tra risparmiatore e intermediario finanziario [11], nonché foriero di disparità tra società quotate e non quotate. Tuttavia, come osservato in giurisprudenza: “L’esclusione di cui all’art. 34 comma I D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 delle società che fanno ricorso al capitale di rischio a norma dell’art. 2325 bis c.c. dall’ambito della disciplina del­l’arbitrato societario non può essere applicata in via analogica alle società controllate soggette alla direzione e coordinamento delle prime, ostando il divieto sancito dall’art. 14 preleggi” [12].


4. Arbitrabilità quando le funzioni di OdV sono svolte da persone esterne all’or­gano gestorio o da quello di controllo

Qualora invece, come peraltro probabilmente è auspicabile, il ruolo di OdV sia affidato a persone estranee sia all’organo gestorio che a quello di controllo, è lecito chiedersi se anche in questa fattispecie sia possibile l’as­soggettabilità a clausola compromissoria delle controversie che dovessero riguardarlo. Per tentare di fornire una risposta al quesito, occorre prendere le mosse da quella che è la natura dell’OdV. Visto il principio della tipicità degli organi societari, non riteniamo si tratti di un organo societario, anche se, come abbiamo visto, può essere impersonato da organi societari. Non si ignora infatti l’opinio iuris espressa dalla più autorevole dottrina secondo la quale: “L’organo non può essere definito che da norme primarie, poiché è strumento dell’imputazione giuridica all’ente, e quindi attiene alle figure soggettive, che nell’ordinamento possono essere stabilite e regolate solo da norme primarie” [13]. Secondo un’ipotesi, l’OdV avrebbe una funzione pubblicistica, dovendo presidiare anche all’interesse di terzi. Quest’interpretazione appare però frustrata da due argomenti che appaiono decisivi: 1) la non obbligatorietà dell’istituzione dell’OdV; 2) il fatto che, come si è esposto supra, non vi è in capo all’OdV alcun requisito di terzietà o di assenza di incompatibilità, se è vero che può essere altresì impersonato dall’organo amministrativo o da quello di controllo. Dunque sembra convincente definire l’OdV: “In termini di ufficio interno titolare di funzioni di controllo relative ad assetti specifici (relativi alla prevenzione del rischio – reato) facenti parte del più ampio assetto generale che l’organo amministrativo di vertice è chiamato a curare e valutare” [14]. Ne consegue che l’inquadramento che meglio si attaglia alla figura del componente l’Odv sia rinvenibile nel contratto di prestazione d’opera professionale intellettuale disciplinato dagli artt. 2230 ss. del Codice civile. Come noto, in riferimento a questa figura contrattuale si ritiene comunemente che: “Ancorché si verta in ipotesi di prestazione d’opera professionale intellettuale, che si assume richiesta dal cliente, si [continua ..]


NOTE