Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

La negata accettazione tacita della competenza arbitrale (di Paola Licci)


La Cassazione affronta le conseguenze della produzione in giudizio di un contratto la cui sottoscrizione è disconosciuta dall’attore e, in particolare, esamina le conseguenze della mancata approvazione specifica della clausola compromissoria. Giunge alla conclusione che, mentre la produzione del contratto determina il tacito riconoscimento delle clausole negoziali, non altrettanto può accadere con riferimento alla convenzione arbitrale, vieppiù quando il comportamento del creditore è incompatibile con la volontà di avvalersi dell’arbitrato.

The denied tacit acceptance of arbitral jurisdiction

The Supreme Court addresses the consequences of the production in court of a contract whose delivery is unknown by the plaintiff and, in particular, examines the consequences of the failure to specifically approve the arbitration clause. The Court comes to the conclusion that, while the production of the contract determines the tacit recognition of the contractual clause, the same cannot happen with reference to the arbitration agreement, especially when the creditor’s behavior is incompatible with the desire to make use of arbitration.

MASSIMA: La produzione in giudizio, ad opera della parte che non l’ha sottoscritta, di una scrittura privata, costituisce equipollente della sottoscrizione, e pertanto perfeziona, sul piano sostanziale o su quello probatorio, il contratto in essa contenuto, ma solo in relazione all’intenzione di avvalersi del relativo contenuto negoziale, e non già con riferimento alla clausola compromissoria ivi eventualmente presente, dal momento che la produzione in giudizio della scrittura, effettuata per far valere davanti al giudice ordinario i diritti da essa derivanti, è incompatibile con l’in­tento di attivare la competenza arbitrale. (1) PROVVEDIMENTO (1) [Omissis] DMO S.p.a. ha proposto ricorso per regolamento di competenza, basato su tre motivi, avverso la sentenza del Tribunale di Ravenna n. 146/2020, pubblicata il 20 febbraio 2020, con la quale quel Tribunale – nel giudizio RG 4226/2018 di opposizione a decreto ingiuntivo emesso su istanza dell’attuale ricorrente, opposta, nei confronti di Bolognetta s.c.p.a., opponente – ha declinato la competenza in favore di quella arbitrale, dichiarando la nullità, disponendo la revoca del decreto ingiuntivo opposto e regolando le spese; Bolognetta S.c.p.a. in concordato preventivo e l’avv. Giuseppe D.C., in proprio, hanno depositato distinte memorie difensive; tutte le parti hanno depositato memorie ex art. 380-ter c.p.c.; il P.G. ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso per regolamento, con declaratoria di competenza del Tribunale di Ravenna, con fissazione del termine per la riassunzione del giudizio. Rilevato che: il Tribunale di Ravenna ha dichiarato la propria incompetenza con riguardo al giudizio concernente le pretese per corrispettivi non pagati avanzate da DMO verso Bolognetta, conseguenti a due contratti di noleggio “a freddo” di mini escavatori, ritenendo la competenza di arbitri in base alle clausole in tal senso contenute nei contratti (n. 15 per entrambi); in particolare, nonostante il disconoscimento da parte di DMO delle sottoscrizioni apposte sulle pagine dei contratti di noleggio, perché non riferibili a soggetti abilitati a impegnare la società fornitrice, il Tribunale ha ritenuto di fare applicazione delle previsioni contrattuali già richiamate in base al principio del riconoscimento tacito, avvenuto attraverso l’equivalente della sottoscrizione consistente nella produzione in giudizio dei contratti, ha reputato che le clausole, vessatorie, fossero state approvate specificamente attraverso il loro richiamo in blocco negli elenchi correlativi, sottoscritti per approvazione in entrambi i contratti e ha, quindi, revocato il d.i. e condannato l’opposta alle spese in favore del difensore antistatario di Bolognetta s.c.p.a., avv. D.C.; la ricorrente ha proposto tre motivi sollevando, in sintesi, le seguenti censure: a) con il primo mezzo, critica [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso in esame - 2. La produzione in giudizio e il tacito riconoscimento - 3. L’autonomia della clausola compromissoria - 4. La mancata operatività del riconoscimento tacito della clau­sola arbitrale - NOTE


1. Il caso in esame

La Corte di cassazione, adita con regolamento di competenza, torna ad esaminare gli effetti della produzione in giudizio da parte dell’attore di un contratto la cui sottoscrizione da lui viene disconosciuta e, in particolare, se essa comporti un riconoscimento tacito di ogni clausola contenuta nel documento, inclusa quella derogatoria della competenza giurisdizionale in favore degli arbitri. Il caso preso in esame dalla pronuncia in commento origina da un ricorso per decreto ingiuntivo proposto allo scopo di ottenere il pagamento dei corrispettivi nascenti da un contratto di noleggio. Tale contratto però, così come eccepito in sede di opposizione dal debitore ingiunto, conteneva una clausola compromissoria che perciò avrebbe determinato l’incompetenza del giudice adito. Di contro, l’opposto evidenziava che tale clausola fosse invalida per effetto del disconoscimento delle sottoscrizioni apposte al contratto, cosicché solo le clausole “sostanziali” avrebbero potuto trovare applicazione e non anche quelle vessatorie, quali quelle arbitrali, non espressamente sottoscritte. Il tribunale, accogliendo l’eccezione del debitore, riconosceva che la produzione in giudizio del documento da parte del creditore costituisca una forma di riconoscimento tacito, equivalente alla sottoscrizione (qui disconosciuta), che si estende anche alle clausole vessatorie che si intenderebbero così approvate per il loro richiamo in blocco. Avverso detta pronuncia, resa con sentenza, veniva poi proposto regolamento di competenza ai sensi dell’art. 819-ter c.p.c. [1]. La Corte di cassazione, accogliendo l’impugnazione, non condivide la posizione espressa dal giudice di merito e, richiamando un orientamento consolidato, afferma che il riconoscimento tacito per effetto della produzione in giudizio del contratto contenente la clausola compromissoria non si possa estendere anche a quest’ultima.


2. La produzione in giudizio e il tacito riconoscimento

Gli argomenti utilizzati dalla Corte appaiono convincenti. Cominciamo col dire che, conformemente a quanto da tempo statuito dalla giurisprudenza di legittimità [2], deve ritenersi che con la produzione in giudizio di una scrittura privata ad opera di chi non l’ha sottoscritta, la parte intenda manifestare la volontà di avvalersi del documento. Tale intenzione si estende non solo sul piano negoziale, ovvero attraverso la richiesta di adempimento (fondata appunto sul documento prodotto), ma anche su quello processuale, cosicché quel documento costituisce prova del diritto che si fa valere. Ne consegue perciò che la produzione in giudizio abbia lo stesso valore del riconoscimento tacito del documento non sottoscritto, con l’effetto di rendere applicabili all’istante tutte le clausole sostanziali contenute nel contratto, le quali costituiranno tanto prova del diritto fatto valere, quanto prova di eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi dello stesso [3]. Non è ipotizzabile scindere arbitrariamente il contenuto dell’accordo, consentendo all’agente di scegliere quali parti intende fare valere davanti al giudice e quali invece vuole disconoscere. Delle due l’una: o l’accordo è tacitamente riconosciuto per effetto della produzione in giudizio, e allora si applicano tutte le clausole, ovvero non lo è e quindi neppure le pattuizioni sostanziali invocate per ottenere l’adempimento sono richiamabili da chi agisce. In altri termini, con la produzione in giudizio si realizza il perfezionamento del contratto, originariamente mancante della sottoscrizione della parte, e si costituisce il consenso del soggetto che decide di far valere quel documento [4]. Il riconoscimento tacito così realizzato produce effetti solo ex nunc e non anche ex tunc, al punto che non può considerarsi perfezionato il contratto in ragione della produzione in giudizio se, medio tempore, la parte che ha sottoscritto la proposta l’abbia regolarmente revocata [5].


3. L’autonomia della clausola compromissoria

Occorre a questo punto comprendere se il principio secondo cui le clausole sostanziali contenute nel contratto tacitamente riconosciuto non siano scindibili si possa estendere anche alle clausole processuali derogatorie della competenza. All’uopo, con riferimento alla produzione in giudizio di un documento sottoscritto dal rappresentante senza potere, la giurisprudenza ha ritenuto che l’eventuale ratifica dell’operato non possa avvenire solo in relazione alle clausole sostanziali (invocate per l’adempimento del contratto), estendendosi gli effetti della ratifica anche alle clausole processuali quali quelle derogatorie della competenza territoriale. Ne consegue perciò che, una volta ritenuto valido il contratto per effetto della ratifica, questa deve estendersi anche ad ogni altro profilo contenuto nel contratto, compresa la clausola (vessatoria) che deroga alla competenza per territorio [6]. La fattispecie in esame però differisce dall’ipotesi appena indicata in quanto, pur trattandosi di clausole processuali, quelle derogatorie della competenza sono pur sempre pattuizioni che non mettono in discussione il potere giurisdizionale del giudice ordinario. Diversamente, le clausole arbitrali privano il giudice del potere di decidere, e dirottano la risoluzione della lite su un piano parallelo e stragiudiziale. Inoltre, le clausole compromissorie, a dispetto delle altre condizioni contrattuali di natura sostanziale e/o processuale, sono dotate di autonomia rispetto al contratto al quale accedono sicché non può valere il principio in forza del quale non si può dar luogo a scissione del contenuto contrattuale per determinare quali clausole abbiano efficacia e quali no, a fronte della produzione in giudizio del contratto disconosciuto. L’art. 808 c.p.c. stabilisce infatti che la clausola compromissoria (come il compromesso) ha natura e contenuto negoziale, assumendo le parti l’obbligo convenzionale di deferire ad arbitri la risoluzione della lite e, in relazione agli effetti processuali, ha carattere autonomo rispetto al diritto sostanziale che è consacrato nel contratto. Questo implica anche che i requisiti di validità ed efficacia della convenzione arbitrale vanno valutati autonomamente rispetto a quelli del contratto e che, se è vero che i vizi del contratto non si estendono automaticamente alla clausola, è anche vero il contrario: la [continua ..]


4. La mancata operatività del riconoscimento tacito della clau­sola arbitrale

Stante perciò il carattere autonomo della clausola arbitrale, ben potrebbe già escludersi che il riconoscimento tacito del contratto implichi automaticamente quello della convenzione arbitrale. Ove poi sia espressa chiaramente la volontà di non avvalersi della clausola (proprio in forza della sua mancata sottoscrizione), la scelta per la via arbitrale non potrebbe operare, ben potendo l’agente rivolgersi al giudice ordinario. Tale considerazione deriva non solo e non tanto dall’autonomia della clausola quanto dal valore e dalla natura che si attribuisce alla convenzione arbitrale. Con la riforma del 2006 e con le successive pronunce delle Sezioni Un. della Corte di cassazione e della Corte costituzionale [8]si è stabilita in modo chiaro la natura giurisdizionale dell’arbitrato che diviene sostitutiva in toto della funzione del giudice ordinario. Il quadro che deriva da tali interventi consente di affermare che, mentre lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione del giudice o dell’arbitro configura una questione di competenza, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in ordine alla disciplina processuale applicabile, la scelta di devolvere la lite in arbitrato nasce pur sempre dalla volontà di abdicare al potere di rivolgersi al giudice. Tale volontà, comportando la privazione del potere di decidere dei giudici dello Stato, deve essere espressa in modo chiaro e, ai sensi degli artt. 807 e 808 c.p.c., con forma scritta ad substantiam. Il requisito formale non postula che la volontà negoziale sia necessariamente espressa in un unico documento recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, potendo realizzarsi attraverso lo scambio di accettazione del deferimento della controversia ad arbitri. In tal senso, anche la richiesta di costituzione di un collegio arbitrale e la relativa accettazione esprimono la volontà di compromettere la lite in arbitri [9]. Il che implica ulteriormente che, in caso di produzione del contratto del quale si disconosce la sottoscrizione, ben potrebbe l’agente avvalersi della clausola compromissoria e rivolgersi ad arbitri, valendo la produzione del documento e la scelta per la via arbitrale come un tacito riconoscimento di tutte le clausole contenute nell’accordo. Ma se, al contrario, l’attore – come nel caso di specie – produce il documento al solo scopo di far valere le clausole [continua ..]


NOTE