Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

La giurisprudenza di legittimità in materia di arbitrato nel primo semestre del 2022 (di Fabio Antezza)


Nel primo semestre del 2022 la Suprema Corte ha ulteriormente rimarcato la distinzione tra indisponibilità del diritto controverso e inderogabilità delle norme, i rapporti tra validità della clausola compromissoria, questioni di giurisdizione ed eccezione di devoluzione agli arbitri oltre che fra convenzione arbitrale e potestas iudicandi degli arbitri, compresa la sua verifica in sede di impugnazione, di sindacato di legittimità e le conseguenze sulla fase rescissoria. È stata altresì affrontata la tematica dei rapporti tra lodo, ordine pubblico ed inosservanza di regole di diritto sostanziale oltre che rimarcato l’oggetto ed i limiti dell’impugnazione per nullità ed ha infine chiarito la relazione tra riconoscimento del lodo arbitrale estero e Convenzione di New York.

Parole chiave: Arbitrato, Convenzione d’arbitrato, Clausola compromissoria, Potestas iudicandi, Arbitrato societario, Lodo, Lodo arbitrale estero, Impugnazione per nullità, Questioni di giurisdizione

The supreme court’s position regarding arbitration In the first half of year 2022

In the first half of year 2022, the Supreme Court has pointed out the differences between non-disposability of the litigated right and mandatory nature of rules and the proper correlations between validity of the arbitration clause, issues relating to jurisdiction, objections with respect to the deferral of claims to arbitrators and correlations between the arbitration agreement and the judicial powers of arbitrators, including the control of such powers in case of appeal or in case of review of legality and the relevant consequences on the following re-issued judgement (fase rescissoria). The Supreme Court has also addressed the issue of claims towards arbitration awards on the grounds of public policy and violation of substantive law. The Supreme Court has clarified the effects of the New York Convention on the recognition of foreign arbitration awards.

Keywords: Arbitration, Arbitration convention, Arbitration clause, Judicial powers, Corporate arbitration, Arbitration award, Foreign arbitration award, Action for annulment, Jurisdiction issues.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Controversie arbitrabili e eccezione di competenza - 3. (Segue) I rapporti con le clausole vessatorie - 4. Compromesso, clausola compromissoria e convenzione di arbitrato - 5. La convenzione nei rapporti con l’impugnazione delle delibere assembleari - 6. Il difetto di potestas iudicandi e la rilevanza del comportamento delle parti - 7. Contraddittorio, decesso della parte nel procedimento arbitrale e fase rescissoria nel giudizio d’impugnazione - 8. Impugnazione del lodo - 9. Impugnazione e c.d. “nullità di protezione” nell’ordine pubblico comunitario - 10. Manifesta iniquità ed erroneità e impugnazione del lodo - 11. Gli errores in iudicando e l’impugnazione del lodo in arbitrato societario - 12. Opposizione di terzo al lodo - 13. Arbitrato estero, lodo e Convenzione di New York - 14. Arbitrato irrituale e regolamento condominiale - 15. Il compenso degli arbitri (rituali e irrituali) - 16. Subordinazione all’anticipazione delle spese prevedibili - 17. Procedimento arbitrale e prescrizione - 18. Esecutività del lodo e ricorso straordinario per cassazione - 19. Lodo e imposta di registro


1. Premessa

Nel primo semestre del 2022 la Suprema Corte ha ulteriormente rimarcato la distinzione tra indisponibilità del diritto controverso e inderogabilità delle norme, i rapporti tra validità della clausola compromissoria, questioni di giurisdizione ed eccezione di devoluzione agli arbitri oltre che fra convenzione arbitrale e potestas iudicandi degli arbitri, anche in relazione alle c.d. “nullità di protezione”, compresa la sua verifica in sede di impugnazione, di sindacato di legittimità e le conseguenze sulla fase rescissoria. Affrontata la tematica dei rapporti tra lodo, ordine pubblico ed inosservanza di regole di diritto sostanziale, sono stati altresì ulteriormente delimitati i confini dell’impugnazione del lodo per nullità per argomentare conseguenze in tema di competenza. È stata infine chiarita la relazione tra riconoscimento del lodo arbitrale estero e Convenzione di New York.


2. Controversie arbitrabili e eccezione di competenza

In tema di arbitrato rituale, la previsione dell’art. 817, comma 2, secondo periodo, c.p.c., non preclude l’eccezione e la rilevazione d’ufficio della non arbitrabilità della controversia, perché avente ad oggetto diritti indisponibili o per l’esistenza di una espressa norma proibitiva, in sede di impugnazione del lodo per nullità, anche qualora la relativa eccezione non sia stata formulata in sede arbitrale. In applicazione di tale principio, Cass., S.U., n. 19852/2022 ha comunque escluso la nullità della clausola compromissoria inserita da una pubblica amministrazione in un contratto avente ad oggetto lavori, forniture e servizi, rilevando che l’art. 3, comma 19, della l. n. 244/2007, che aveva posto il relativo divieto, la cui entrata in vigore era stata più volte posticipata, era stata definitivamente abrogata. Le Sezioni Unite, preliminarmente, hanno ribadito il principio per cui il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo, dà luogo ad una questione di giurisdizione. Pertanto, la questione circa l’eventuale non compromettibilità ad arbitri della controversia, per essere la stessa riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo, nella specie per effetto della ritenuta nullità della clausola compromissoria in quanto travolta dalla norma proibitiva, integra una questione di giurisdizione che, ove venga in rilievo, il giudice dell’impugnazione del lodo arbitrale è tenuto ad esaminare e decidere anche d’ufficio (sul punto si veda, ex plurimis, Cass., S.U., n. 23418/2020). Guardando poi al problema dall’angolo visuale dell’articolo 817 c.p.c., la sentenza in esame ha osservato che la norma sancisce sì, che la parte che non eccepisca nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri l’incom­petenza di questi per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione di arbitrato, non possa per questo motivo impugnare il lodo, ma soggiunge immediatamente che è fatto “salvo il caso di controversia non arbitrabile”. Il che trova riscontro nella previsione dell’articolo 829, comma 1, c.p.c., secondo cui l’impugnazione per nullità è ammessa, nonostante qualunque preventiva rinuncia, tra [continua ..]


3. (Segue) I rapporti con le clausole vessatorie

La produzione in giudizio da parte dell’attore di un documento contrattuale sottoscritto solo dal convenuto, per invocarne l’esecuzione, vale a sanare la mancanza della sottoscrizione di esso attore, in quanto integra un’inequivoca manifestazione di volontà di avvalersi del negozio documentato dalla scrittura incompleta, ma non può surrogare, in ipotesi di contratto per adesione, la mancanza del requisito della specifica approvazione per iscritto, necessario all’efficacia di clausole vessatorie od onerose (art. 1341, comma 2, c.c.). Essa, pertanto, ha proseguito Cass., Sez. VI-III, n. 2666/2022 (richiamando esplicitamente Cass., Sez. I, n. 3373/1979), non può consentire al convenuto di fondare un’eccezione d’incompetenza, per compromesso in arbitri, sulla clausola compromissoria contenuta nel documento stesso, ma non specificamente sottoscritta. La produzione in giudizio, ad opera della parte che non l’ha sottoscritta, di una scrittura privata, costituisce equipollente della sottoscrizione, e pertanto perfeziona, sul piano sostanziale o su quello probatorio, il contratto in essa contenuto, ma solo in relazione all’intenzione di avvalersi del relativo contenuto negoziale, e non già con riferimento alla clausola compromissoria ivi eventualmente presente, dal momento che la produzione in giudizio della scrittura, effettuata per far valere davanti al giudice ordinario i diritti da essa derivanti, è incompatibile con l’intento di attivare la competenza arbitrale (così ha concluso la citata Cass., Sez. VI-III, n. 2666/2022).


4. Compromesso, clausola compromissoria e convenzione di arbitrato

In tema di contratti soggetti alla forma scritta ad substantiam, l’operatività del principio secondo cui il perfezionarsi del negozio può avvenire anche in base ad un documento firmato da una sola parte, ove risulti una successiva adesione, anche implicita, del contraente non firmatario, contenuta in atto scritto diretto alla controparte, presuppone che detto documento abbia tutti i requisiti necessari ad integrare una volontà contrattuale, ivi compresa l’indi­viduazione o quantomeno l’individuabilità del destinatario della dichiarazione, e che, inoltre, tale volontà non sia stata revocata dal proponente (come nella specie, con il ritiro del duplice originale della scheda contrattuale) prima che lo stesso abbia avuto notizia, anche in forma verbale o per facta concludentia, purché in modo idoneo a giungere a conoscenza dell’altra parte, dell’accet­tazione della controparte (ex plurimis: Cass., Sez. II, n. 7543/2016. Le Sezioni Unite, nel fare sostanzialmente applicazione del principio di cui innanzi in tema di arbitrato, hanno ribadito che la forma scritta ad substantiam richiesta per la validità della clausola compromissoria non postula che la corrispondente volontà sia indefettibilmente espressa in un unico documento recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, che può anche realizzarsi con lo scambio delle missive contenenti, rispettivamente, la proposta e l’uniforme accettazione, ex art. 1326 c.c., del deferimento della controversia ad arbitri. Cass., S.U., n. 15713/2022, nella specie, ha ritenuto invalidamente pattuita una clausola compromissoria la cui proposta, proveniente da una società e dalla stessa inserita unilateralmente nel contratto, doveva ritenersi tacitamente revocata dal proponente che, dopo la sottoscrizione e prima dell’accet­tazione della controparte, si era rivolto al Tribunale di Roma per ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti della resistente. Già Cass., Sez. I, n. 15993/2014 aveva considerato invalidamente pattuita una clausola compromissoria la cui proposta, proveniente da una fondazione, era stata seguita da una delibera di accettazione – sostituiva di altra precedente mai esternata – del destinatario ente pubblico rivelatasi, tra l’altro, non conforme ad essa e sfornita di prova quanto alla sua avvenuta accettazione, quale nuova proposta, da parte della [continua ..]


5. La convenzione nei rapporti con l’impugnazione delle delibere assembleari

In tema di arbitrato, la validità ed efficacia della clausola compromissoria non è esclusa dalla natura inderogabile delle norme che regolano il rapporto giuridico che ne integra l’oggetto, ove i diritti delle parti abbiano natura disponibile, determinandosi esclusivamente l’effetto di ampliare il sindacato giurisdizionale sul lodo anche all’error in iudicando (in tal senso Cass., Sez. VI-I, n. 20462/2020 che, nella specie, ha ritenuto che potesse essere oggetto di clausola compromissoria il pagamento degli oneri consortili). Sicché, la controversia avente ad oggetto la validità di una delibera assembleare, con cui è stata disposta la trasformazione di una società di persone in società di capitali, è compromettibile in arbitri, ai sensi dell’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 5/2003, in quanto non attiene a diritti indisponibili ma riguarda i soci e la società in relazione ai rapporti sociali, essendo necessario distinguere la natura inderogabile delle norme, che gli arbitri devono applicare per risolvere la controversia, rispetto alla indisponibilità del diritto controverso. Nei termini di cui innanzi, Cass., Sez. VI-I, n. 10433/2022 ha sostanzialmente sviluppato il ragionamento già ripreso da Cass., Sez. VI-I, n. 17283/2015 per la quale le controversie aventi ad oggetto la validità delle delibere assembleari, tipicamente riguardanti i soci e la società in relazione ai rapporti sociali, sono compromettibili in arbitri ai sensi dell’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 5/2003, qualora abbiano ad oggetto diritti disponibili. La Suprema Corte aveva nella specie riconosciuto la competenza arbitrale in relazione ad una controversia avente ad oggetto l’impugnativa di una delibera assembleare di aumento di capitale e la conseguente domanda di risarcimento del danno (per la tematica delle impugnazioni delle delibere assembleari condominiali si veda Antezza, La giurisprudenza di legittimità circa l’opponibilità della clausola compromissoria ed in merito all’impugnazione del lodo, in questa Rivista, 2021, n. 1, p. 198 ss.).


6. Il difetto di potestas iudicandi e la rilevanza del comportamento delle parti

Nel caso in cui sia dedotta la nullità del lodo per inesistenza della clausola compromissoria, il giudice di merito ha il potere di interpretare direttamente la previsione contrattuale oggetto di contestazione per verificare se contenga o meno la volontà di compromettere in arbitri poiché, rilevando ai fini dell’ac­certamento della potestas iudicandi di questi ultimi, l’inter­pretazione della clausola compromissoria non incontra i limiti stabiliti per l’interpretazione delle altre clausole, riservata agli arbitri e sindacabile dal giudice di merito solo per violazione delle norme di ermeneutica contrattuale o per difetto assoluto di motivazione. In tal senso Cass., Sez. I, n. 23495/2021, oltre che, in precedenza, Cass., Sez. I, n. 7649/2007 (per approfondimenti, anche in merito ai rapporti con il collegamento negoziale e la confisca delle partecipazioni societarie, si veda Antezza, op. ult. cit., p. 198 ss., in particolare p. 200 ss.). Fermo restando quanto innanzi, Cass., Sez. I, n. 2066/2022 ha però ribadito che in caso di clausola compromissoria inesistente il successivo comportamento delle parti non vale a sanare il vizio di carenza di potere degli arbitri, senza che, in contrario, possa essere invocato il disposto dell’art. 829, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 817 c.p.c. Ciò atteso che tale disposizione si riferisce al superamento, da parte degli arbitri, dei limiti loro imposti dal compromesso e non alla diversa ipotesi di originaria e totale carenza di potere, e dovendo escludersi la possibilità di una sua applicazione analogica, ponendosi la competenza arbitrale come derogatoria alla competenza del giudice naturale (sul punto si veda in senso conforme Cass., Sez. I, n. 12175/2000; in merito si veda Antezza, L’arbitrato tra interpretazione, contraddittorio, giurisdizione e convenzione di New York, in questa Rivista, 2021, n. 2, p. 393 ss.).


7. Contraddittorio, decesso della parte nel procedimento arbitrale e fase rescissoria nel giudizio d’impugnazione

In forza dell’art. 816-sexies c.p.c. se, nel corso del procedimento arbitrale, la parte venga meno per morte o altra causa, ovvero perda la capacità legale, gli arbitri devono assumere le misure idonee a garantire l’applicazione del contraddittorio ai fini della prosecuzione del giudizio, potendo anche sospendere il procedimento. La scelta del legislatore della riforma, attuata dal d.lgs. n. 40/2006, è stata dunque quella di non contemplare, per l’ipotesi di estinzione o di perdita di capacità della parte, il meccanismo dell’interruzione che è operante nel processo civile ordinario. È stato invece assegnato agli arbitri il compito di individuare le modalità più idonee ad assicurare il contraddittorio con quei soggetti che, a seguito dei citati eventi, sono legittimati a proseguire il giudizio arbitrale, quali successori della parte originaria (art. 110 c.p.c.). I chiamati all’e­redità, pur non assumendo, per il solo fatto di aver ricevuto e accettato la notifica come eredi, la suddetta qualità, hanno l’onere di contestare, costituendosi in giudizio, l’effettiva assunzione di tale condizione soggettiva, chiarendo la propria posizione, e il conseguente difetto di legittimazione. Ciò in quanto, dopo la morte della parte, la legittimazione passiva, che non si trasmette per mera delazione, dev’essere individuata dall’instante allo stato degli atti, cioè nei confronti dei soggetti che oggettivamente presentino un valido titolo per succedere, qualora non sia conosciuta, o conoscibile con l’ordinaria diligenza, alcuna circostanza idonea a dimostrare la mancanza del titolo (così Cass., Sez. VI-III, n. 12987/2020). Muovendo dalla ricostruzione di cui innanzi, Cass., Sez. I, n. 11245/2022, dopo aver ritenuto errata la decisione degli arbitri di far proseguire il procedimento nei confronti di un soggetto non più in vita, con conseguente nullità del lodo, ha ritenuto ciò non tale da giustificare la scelta della Corte d’appello, rilevata la nullità, di passare alla fase rescissoria decidendo la controversia nel merito in assenza dell’evocazione in giudizio del legittimo contraddittore. Una tale patologia è radicalmente incompatibile con la conservazione della potestas iudicandi, quanto al rescissorio, in capo al giudice dell’impugnazione. Nel giudizio ordinario di [continua ..]


8. Impugnazione del lodo

Cass., Sez. I, n. 2066/2022 ha ribadito l’inammissibilità dell’impugnazione di un lodo fondata su questioni relative alla natura rituale o irrituale dell’ar­bitrato qualora le questioni medesime risultino prospettate per la prima volta in sede di impugnazione, non essendo state mai sollevate in precedenza nel corso del giudizio arbitrale ex art. 817 c.p.c. (conforme alla precedente Cass., Sez. I, n. 2184/2000). Cass., Sez. I, n. 3260/2022 ha invece confermato che l’interpretazione, operata dagli arbitri, del contenuto di una clausola contrattuale, può essere contestata con l’impugnazione per nullità del lodo in relazione alla violazione di regole di diritto, mediante la specifica indicazione dei criteri ermeneutici non osservati, in tesi, dagli arbitri. La decisione della Corte d’appello sull’impugnazione del lodo per violazione delle norme di legge in tema d’interpretazione dei contratti, peraltro, può essere censurata con ricorso per cassazione per vizi propri della sentenza medesima e non per vizi del lodo, spettando al giudice di legittimità verificare soltanto che la Corte di merito abbia esaminato la questione interpretativa e abbia dato motivazione adeguata e corretta della soluzione adottata (conforme la precedente Cass., Sez. I, n. 15086/2012).


9. Impugnazione e c.d. “nullità di protezione” nell’ordine pubblico comunitario

La “rilevazione” ex officio delle nullità negoziali, sotto qualsiasi profilo, anche diverso da quello allegato dalla parte, ed altresì per le ipotesi di nullità speciali o c.d. “di protezione”, è sempre obbligatoria, purché la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione più liquida”, e va intesa come indicazione alle parti di tale vizio. La loro “dichiarazione”, invece, ove sia mancata un’espressa domanda della parte pure all’esito della suddetta indicazione officiosa, costituisce statuizione facoltativa (salvo per le nullità speciali, che presuppongono una manifestazione di interesse della parte) del medesimo vizio, previo suo accertamento, nella motivazione e/o nel dispositivo della pronuncia, con efficacia, peraltro, di giudicato in assenza di sua impugnazione (ex plurimis: Cass., S.U., n. 26242/2014; Cass., Sez. III, 39437/2021; Cass., Sez. II, n. 3308/2019). Il principio di cui innanzi opera anche con riferimento al giudizio arbitrale. La Suprema Corte ha difatti affrontato, risolvendole tutte in senso affermativo, le questioni del rilievo d’ufficio della nullità c.d. di protezione nel giudizio arbitrale, della possibilità di far valere tale mancato rilievo nel successivo giudizio di nullità davanti al giudice statale e dell’eventuale dovere di quest’ultimo di rilevare d’ufficio tale nullità o comunque di invitare al contraddittorio sul punto le parti. Per Cass., Sez. II, n. 14405/2022, difatti, gli arbitri hanno l’obbligo di segnalare alle parti l’esistenza di una nullità c.d. di protezione e, qualora gli stessi non pongano in essere tale segnalazione, questa deve essere compiuta dal giudice statale adito in sede di impugnazione del lodo, in quanto la mancata segnalazione della nullità di protezione è motivo di impugnazione, ai sensi dell’art. 829, comma 3, c.p.c., attenendo la disposizione che commina tale forma di nullità all’ordine pubblico comunitario. Il principio di cui innanzi è stato applicato in fattispecie inerente alla nullità di protezione derivante dalla violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 122/2005, che impone al costruttore l’ob­bligo di rilasciare e consegnare all’acquirente una fideiussione di importo corrispondente alle somme riscosse. In merito occorre [continua ..]


10. Manifesta iniquità ed erroneità e impugnazione del lodo

Qualora il terzo – cui sia stato demandato dalle parti il relativo compito – non addivenga alla determinazione della prestazione dedotta in contratto, né ad essa provvedano le parti direttamente, e una di esse adisca il giudice chiedendo la condanna della controparte all’adempimento della prestazione, la relativa controversia – che ha per oggetto il predetto adempimento e il necessario presupposto della determinazione della prestazione da eseguire – può essere risolta direttamente, anche per il principio generale dell’economia processuale, dal giudice, con una decisione il cui risultato ha la funzione di integrare, quanto alla determinazione e secondo la ratio dell’art. 1349 c.c., il contratto nel suo manchevole elemento (ex plurimis, Cass., Sez. II, n. 3835/2019). Fermo restando il generale principio di cui innanzi, Cass., Sez. I, n. 16648/2022 che chiarito che, ove, in relazione ad un contratto di compravendita di azioni, le parti convengano che il prezzo delle stesse venga stabilito da un terzo, ex art. 1349, comma 1, c.c. ma, a causa del mancato accordo sulla nomina, attivino un giudizio arbitrale all’esito del quale sia determinato il prezzo definitivo delle azioni, l’impugnazione del lodo sarà governata dalla normativa speciale di cui agli artt. 806 e 827 e ss. c.p.c., restando esclusa la possibilità di impugnazione del lodo per “manifesta iniquità ed erroneità” ex art. 1349 c.c.


11. Gli errores in iudicando e l’impugnazione del lodo in arbitrato societario

L’art. 829, comma 3, c.p.c., come riformulato dall’art. 24 del d.lgs. n. 40/2006, si applica, ai sensi della disposizione transitoria di cui all’art. 27 del d.lgs. n. 40 cit., a tutti i giudizi arbitrali promossi dopo l’entrata in vigore della novella ma, per stabilire se sia ammissibile l’impugnazione per violazione delle regole di diritto sul merito della controversia, la legge – cui l’art. 829, comma 3, c.p.c., rinvia – va identificata in quella vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato. Sicché, in caso di clausola compromissoria societaria, inserita nello statuto anteriormente alla novella, è ammissibile l’impugnazione del lodo per errores in iudicando ove “gli arbitri, per decidere, abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validità delle delibere assembleari”, così espressamente disponendo la legge di rinvio, da identificarsi con l’art. 36 del d.lgs. n. 5/2003. In linea con il ricordato insegnamento di Cass., S.U., n. 9285/2016, Cass., Sez. I, n. 16780/2022 ha chiarito che, anche se le parti hanno autorizzato gli arbitri a decidere secondo equità, è ammissibile l’impugnazione del lodo per errores in iudicando, ove la clausola compromissoria sia stata stipulata prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 40/2006 e il giudizio abbia ad oggetto l’impugnazione di delibere del consiglio di amministrazione, da ritenere estensivamente equiparate alle deliberazioni assembleari, in relazione alle quali l’art. 36 d.lgs. n. 5/2003 prevede espressamente che gli arbitri devono sempre statuire secondo diritto e che il lodo è in ogni caso impugnabile per violazione delle norme che regolano il merito della controversia. Già in precedenza Cass., Sez. I, n. 13842/2019 ha precisato che, in caso di clausola compromissoria societaria inserita nello statuto prima della novella del 2006, è ammissibile l’impugnazione del lodo per errores in iudicando anche ove, per decidere, gli arbitri abbiano conosciuto di questioni compromettibili in un giudizio non concernente l’invalidità di delibere assembleari poiché il riferimento contenuto nel citato art. 36 all’art. 829 c.p.c. va sì correlato al nuovo comma 3 di quest’ultima disposizione, ma pur sempre implica che, per stabilire [continua ..]


12. Opposizione di terzo al lodo

In tema di società di capitali, il socio può proporre opposizione di terzo revocatoria, non nella qualità di socio, facendo valere il pregiudizio patrimoniale che il danno al patrimonio sociale abbia prodotto sul valore della sua quota di partecipazione, attesa la natura meramente riflessa e non autonomamente risarcibile di tale pregiudizio; bensì quale creditore della società, qualora abbia effettuato dazioni di denaro in favore dell’ente, che abbiano natura di vero e proprio finanziamento, riconducibile allo schema del mutuo, idoneo a far sorgere un credito restitutorio certo e non meramente eventuale. In applicazione del principio, Cass., Sez. VI-I, n. 15875/2022 ha cassato con rinvio la sentenza di merito, che aveva ritenuto il socio non legittimato a proporre opposizione di terzo avverso un lodo arbitrale, non avendo accertato se egli fosse anche creditore della società, verificando se la dazione di denaro da lui erogata avesse natura di finanziamento, non imputabile a capitale di rischio, e non di conferimento).


13. Arbitrato estero, lodo e Convenzione di New York

In presenza di una clausola compromissoria di arbitrato estero, l’eccezione di compromesso, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all’arbitrato rituale in conseguenza delle disciplina complessivamente ricavabile dalla l. n. 5/1994 e dal d.lgs. n. 40/2006, deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito, dando così luogo ad una questione di giurisdizione e rendendo ammissibile il regolamento preventivo di cui all’art. 41 c.p.c. Il difetto di giurisdizione nascente dalla presenza di una clausola compromissoria siffatta può essere rilevato in qualsiasi stato e grado del processo, a condizione che il convenuto non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana, e dunque solo qualora questi, nel suo primo atto difensivo, ne abbia eccepito la carenza. Cass., S.U., 14649/2017 (conf. Cass., S.U., n. 24153/2013; in merito si veda, Antezza, L’arbitrato, cit., p. 393 ss.). Sulla scia interpretativa di cui innanzi, Cass., S.U., n. 17244/2022, ha chiarito che il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in conseguenza di una clausola compromissoria per arbitrato estero, non è rilevabile d’ufficio, stante l’imprescindibile carattere volontario dell’arbitrato in forza del quale le parti, pur in presenza di una clausola compromissoria, possono sempre concordemente optare per una decisione da parte del giudice ordinario, anche tacitamente, mediante l’introduzione del giudizio in via ordinaria alla quale faccia riscontro la mancata proposizione dell’eccezione di compromesso, né, in caso di contumacia del convenuto, risulta applicabile l’art. 11 della l. n. 218 del 1995, che non contempla espressamente l’ipotesi in cui alla base del difetto di giurisdizione vi sia una convenzione di arbitrato estero. Cass., Sez. I, n. 3259/2022 ha invece respinto il ricorso con il quale era stata dedotta la contrarietà all’ordine pubblico del lodo straniero per essere stato emesso sulla base di testimonianze e altre prove indicate come false in base ad argomenti già trattati, e respinti, dall’autorità giudiziaria straniera in sede di impugnazione dello stesso lodo. Quanto innanzi muove dal principio per cui ai fini del riconoscimento e dell’esecuzione del lodo straniero, in applicazione dell’art. 5, comma 2, lett. b), della Convenzione di New [continua ..]


14. Arbitrato irrituale e regolamento condominiale

Sulla base del relativo quadro normativo di riferimento attualmente in vigore (a cominciare imprescindibilmente dall’univoco disposto dell’art. 808-ter, comma 1, c.p.c.), la convenzione di arbitrato irrituale si connota come un contratto che determina la nascita in capo alle parti contraenti di una situazione complessa, di carattere strumentale, finalizzata alla tutela dei diritti, mediante il quale, alla stregua della nozione di cui all’art. 1703 c.c., si pone in essere un mandato, senza necessità di rappresentanza, conferito congiuntamente da una pluralità di parti (minimo due) a uno o più arbitri (Cass., Sez. I, n. 11270/2012) e preordinato alla stipula di un accordo contrattuale. L’arbitrato irrituale, ha proseguito Cass., Sez. II, n. 12058/2022, può non limitarsi a cristallizzare, come il negozio di accertamento, una situazione già in essere, comportando piuttosto addizioni alla fattispecie giuridica compromessa. Bisogna, perciò, escludere, da un lato, che l’arbitrato irrituale, alla stregua di una composizione amichevole, importi l’accoglimento di tutte le pretese di una sola parte e, dall’altro, che il medesimo obblighi sempre a procedere ad un aliquid datum, aliquid retentum, come invece implicherebbe una soluzione transattiva. Sicché, esso può correttamente definirsi quale mandato congiunto a comporre la controversia venutasi a configurare, mediante un negozio compositivo, da porre in essere nel termine stabilito dalle parti, pena l’estinzione del mandato per sua scadenza ex art. 1722, n. 1, c.c. (sul punto si veda, da ultimo, Cass., Sez. I, n. 30000/2021). La scelta dell’arbitrato irrituale comporta, quindi, in virtù della stessa voluntas legis, una deroga all’art. 824-bis c.p.c. e, conseguentemente, al successivo art. 825 c.p.c., palesandosi con essa l’intenzione pattizia di escludere quell’efficacia di sentenza divenuta ex lege propria del dictum degli arbitri rituali, suscettibile di essere reso esecutivo e trascrivibile. Si è, perciò affermato che tanto sono diversi gli effetti perseguiti con il concluso compromesso, che neppure l’erronea esecutorietà concessa al lodo irrituale vale ad originare un lodo rituale. L’applicazione delle regole proprie del “lodosentenza” è, quindi, inequivocabilmente esclusa per il “lodo-contratto”, con la [continua ..]


15. Il compenso degli arbitri (rituali e irrituali)

In caso di devoluzione della controversia ad un collegio arbitrale, il valore della stessa, rilevante ai fini della liquidazione del compenso spettante agli arbitri, si determina aprioristicamente – ai sensi dell’art. 5, n. 1, della tariffa stragiudiziale forense, che rinvia alle norme del codice di procedura civile in materia di competenza per valore – sulla base del petitum, senza che possa spiegare alcun effetto la pronunzia emessa da detto collegio, anche solo di inammissibilità o di improcedibilità della domanda, atteso che un ipotetico criterio di determinazione ex post del valore della causa sulla base del concreto decisum sarebbe in contrasto con le regole fissate nel codice di procedura civile (Cass., Sez. II, n. 8247/2009). Oltre a quanto innanzi, Cass., Sez. I, n. 11963/2022 ha altresì ribadito che il compenso spettante agli arbitri, che siano anche avvocati, deve essere liquidato in base alla tariffa professionale forense, senza possibilità, per il presidente del tribunale che procede alla liquidazione di fare ricorso a criteri equitativi (conf. anche Cass., Sez. II, n. 22322/2006). Ai fini della liquidazione degli onorari spettanti ai componenti del collegio arbitrale composto da soli avvocati, Cass., Sez. I, n. 13395/2022 ha poi precisato che si deve tenere conto, durante la vigenza delle tariffe approvate con d.m. n. 140/2012, del disposto dell’art. 3 d.m. cit., riguardante l’attività stragiudiziale, cui rinvia l’art. 6, comma 2, dello stesso decreto, recante la disciplina dei compensi dovuti agli arbitri, con la conseguenza che il valore della controversia deve essere determinato sulla base delle richieste contenute nella domanda e non di quanto attribuito con il lodo. Ciascun componente del collegio arbitrale (composto da soli avvocati), in applicazione dell’art. 23 del d.m. n. 55/2014, ha diritto ad un compenso integrale per l’attività prestata, non potendosi liquidare un compenso unico da suddividere per tre (Cass., Sez. I, n. 11800/2022). In materia di arbitrato avente ad oggetto appalti pubblici, invece, il limite massimo del compenso, fissato dall’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 53/2010, non si applica ai collegi arbitrali già costituiti alla data di entrata in vigore del predetto d.lgs., neanche qualora la composizione dell’organo sia stata successivamente modificata, atteso che ciò che condiziona il regime giuridico [continua ..]


16. Subordinazione all’anticipazione delle spese prevedibili

La previsione dell’art. 816-septies c.p.c., secondo cui gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili, pur dettata a tutela degli arbitri e fondata sui doveri di collaborazione scaturenti dal rapporto di mandato, non è ricollegabile ad una mera richiesta degli arbitri stessi, essendo necessaria – come ben evidenzia il termine “subordinare” usato dal legislatore – una specifica manifestazione di volontà diretta a condizionare la prosecuzione del procedimento al versamento delle somme dovute a titolo di anticipazione delle spese, la cui indicazione non può comprendere anche gli onorari, non essendo consentito agli arbitri procedere alla liquidazione del proprio compenso (Cass., Sez. I, n. 17956/2015). Nel caso in cui vi sia stata la detta subordinazione, però, come ha chiarito Cass., Sez. I, n. 3259/2022, il mancato versamento del fondo spese nel termine fissato determina ipso iure, in forza del citato art. 816-septies c.p.c., lo scioglimento del vincolo derivante dalla convenzione di arbitrato, limitatamente alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale, non necessitando alcuna dichiarazione in tal senso degli arbitri.


17. Procedimento arbitrale e prescrizione

Il principio di cui all’art. 2945 c.c. (nel testo ratione temporis applicabile), secondo il quale l’interruzione della prescrizione per effetto di domanda giudiziale si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, salvo il caso di estinzione del processo (Cass., Sez. I, n. 1608/2000; Cass., Sez. III, n. 24808/2005), opera anche nell’ipotesi in cui, dopo la proposizione di domanda arbitrale, che a norma dell’art. 2943 c.c. ha efficacia interruttiva della prescrizione, non sia intervenuta una dichiarazione di estinzione del procedimento (Cass., Sez. II, n. 6322/2022).


18. Esecutività del lodo e ricorso straordinario per cassazione

In tema di arbitrato, non è ricorribile per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. il provvedimento della corte d’appello che, in sede di reclamo, neghi l’esecutorietà del lodo, non rimanendo preclusa, in tal caso, la possibilità di procedere ad esecuzione forzata, sia in quanto la parte può agire in via ordinaria per fare accertare la sussistenza dei requisiti cui è subordinata l’efficacia esecutiva del lodo, sia in quanto essa può rinnovarne in alternativa il deposito, con il corredo della documentazione di cui sia stata precedentemente rilevata la mancanza o l’irregolarità (Cass., Sez. I, n. 11803/2022).


19. Lodo e imposta di registro