Traendo spunto dalla questione principale risolta per dirimere una controversia arbitrale relativa all’impugnazione di una delibera assembleare, il commento affronta la dibattuta questione dell’efficacia del trasferimento delle quote di una società a responsabilità limitata verso la società e, segnatamente, dei relativi riflessi sul diritto di voto del socio.
Inspired by the main issue resolved to settle an arbitration dispute relating to the challenge of a shareholders’resolution, the comment deals with the debated issue on the efficacy of the transfer of the shares of a private limited liability company towards the company and, in particular, of the related effects on shareholder’s voting right.
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1. Il fatto e le questioni trattate - 2. La questione centrale: effetti ed opponibilità dei trasferimenti di partecipazioni di s.r.l. - 2.1. Le origini della questione: la soppressione del libro soci ed il raffronto tra nuovo e vecchio testo dell’art. 2470 c.c. - 2.2. Le diverse interpretazioni del “nuovo” art. 2470 c.c. - 2.3. La soluzione offerta dal lodo: critiche ed elaborazione di una possibile ulteriore soluzione - 3. Conclusioni - NOTE
La convenuta (una società a responsabilità limitata) era partecipata, per il 90% del suo capitale, da altra società a responsabilità limitata, che era stata ammessa dal Tribunale di Modena alla procedura di concordato preventivo. Pochi giorni dopo l’ammissione, nell’ambito dell’attività liquidatoria in esecuzione del piano concordatario, la quota di partecipazione di quest’ultima società nella convenuta fu aggiudicata ad un terzo soggetto (altra società a responsabilità limitata). Successivamente, si tenne l’assemblea della società partecipata (la convenuta) che era stata previamente convocata per deliberare, ex art. 2471, comma 3, c.c. in merito all’assegnazione a terzi della predetta partecipazione. A tale assemblea partecipò la cedente e, con il suo voto favorevole, si deliberò di approvare la proposta dell’amministratore unico di presentare, ai sensi dell’art. 2471, comma 3, c.c. una diversa società quale nuovo socio in sostituzione dell’aggiudicatario. Tale delibera è l’oggetto della controversia, considerato che gli attori (gli altri soci), che avevano espresso voto contrario alla sua adozione, l’hanno impugnata, sostenendone l’invalidità per le seguenti ragioni. Anzitutto perché la società cedente non aveva alcuna legittimazione a partecipare all’assemblea, poiché a quella data la quota di sua partecipazione al capitale della convenuta era già stata venduta tramite IVG ed assegnata all’aggiudicataria, sicché la cedente non era più socia e quindi non era legittimata a partecipare alla predetta assemblea. In secondo luogo, la cedente, in concordato preventivo, ammesso che fosse legittimata a prendere parte all’assemblea della convenuta, avrebbe dovuto farlo a mezzo del suo liquidatore giudiziale, mentre ciò non è avvenuto, cosicché la sua partecipazione a tale assemblea ed il suo voto nel corso della medesima sarebbero stati viziati anche sotto il profilo della sua legittimazione formale. In terzo luogo, la delibera impugnata sarebbe stata, infine, approvata con il voto determinante della cedente, in assenza di un suo interesse o in suo conflitto di interesse. Gli attori, oltre a chiedere l’accertamento e la dichiarazione di invalidità della predetta delibera assembleare, [continua ..]
L’arbitro unico, mutando il suo pensiero «melius re perpensa» (afferma), rispetto alla decisione dal medesimo assunta in sede cautelare, ha ritenuto la cessione oggetto del contendere efficace verso la società nonostante non fosse iscritto al registro delle imprese il relativo atto di trasferimento, poiché vi era la prova che la società ne era comunque a conoscenza. Il caso, invero, si caratterizza anche per la sua specificità posto che la vendita era avvenuta in sede di esecuzione forzata – con il conseguente temperamento del principio consensualistico [3] –, tuttavia la soluzione scelta dall’arbitro si inserisce in un assai fitto ed irrisolto dibattito dottrinale e giurisprudenziale, sorto, in particolare, a seguito della soppressione del libro soci nella s.r.l. [4], sull’efficacia del trasferimento delle partecipazioni di s.r.l. verso la società [5]. E la soluzione scelta dall’arbitro, se ne ho ben compreso il percorso argomentativo, pare offrire lo spunto per elaborare una possibile nuova soluzione al problema.
Come è noto, la soppressione del libro dei soci con contestuale trasferimento al registro delle imprese delle relative funzioni è avvenuta con l’art. 16, commi da 12-quater a 12-undecies, d.l. 29 novembre 2008, n. 185 [convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2)] che ha, al contempo, modificato i primi due commi dell’art. 2470 c.c. Il libro dei soci svolgeva, anzitutto, l’importante funzione di rendere opponibile alla società il trasferimento di partecipazioni, tanto che – si affermava – nonostante la relativa annotazione spettasse agli amministratori, «la società, in mancanza della comunicazione di “Anmeldung”, non poteva né doveva interessarsi delle iscrizioni nel registro delle imprese, per aggiornare il proprio libro dei soci» [6]. Ciò comportava un duplice vantaggio: da un lato, l’annotazione a cura degli amministratori imponeva un diligente obbligo di questi di verificare che non esistessero impedimenti “reali” (recte, statutari) all’iscrizione (con, quindi, il dovere di verifica circa l’insussistenza di limitazioni alla circolazione delle quote), dall’altro, con l’annotazione la società poteva continuare a considerare socio il soggetto ivi iscritto a prescindere dalla registrazione presso il registro imprese e sino a quando non fosse giunto un provvedimento giudiziale sul titolo di acquisto, il tutto, quindi, con un certo grado di certezza e stabilità [7]. Di pari passo, il previgente testo dell’art. 2470 c.c. prevedeva, al comma 1, che «[i]l trasferimento delle partecipazioni ha effetto di fronte alla società dal momento dell’iscrizione nel libro dei soci secondo quanto previsto nel successivo comma». Mentre, invece, il nuovo art. 2470, comma 1 c.c., recita che «[i]l trasferimento delle partecipazioni ha effetto di fronte alla società dal momento del deposito di cui al successivo comma» [8]. Anche il secondo comma era, di conseguenza, diverso, non essendo, ora, più menzionante le modalità attraverso le quali iscrivere il trasferimento nel libro dei soci. Sicché, l’abrogazione del libro dei soci [9] ha comportato, come rilevato in dottrina [10]: i) l’onere (invero l’obbligo) degli amministratori di reperire informazioni presso il registro delle imprese; ii) lo spostamento [continua ..]
Sull’interpretazione del vigente art. 2470 c.c. e, segnatamente, sul fatto che il trasferimento di partecipazioni abbia effetto nei confronti della società soltanto a seguito, stando al tenore letterale della norma, del deposito del relativo atto nel registro delle imprese, esistono almeno sei diversi orientamenti [12] che riterrei di esporre ordinandoli da quello che più valorizza il momento della pubblicità a quello che sostanzialmente lo sminuisce quasi completamente. La distinzione a monte è tuttavia tra chi sposa un’interpretazione letterale della norma e chi, invece, ne ricerca una correttiva se non “ortopedica”. Secondo un primo orientamento, proprio per venire incontro alle esigenze da ultimo descritte, occorrerebbe interpretare la norma in senso antiletterale, ovvero attribuendo al termine “deposito” il significato di “iscrizione” [13]. La tesi si fonda sul principio per cui solo ciò che è iscritto in un registro pubblico è effettivamente consultabile e accessibile a tutti e che, a tali conclusioni, dovrebbe giungersi anche alla luce di una lettura sistematica della norma stessa con il contesto normativo in cui essa è collocata. Infatti, il terzo comma del medesimo articolo risolve i conflitti tra più acquirenti facendo riferimento a chi, tra essi, ha effettuato l’iscrizione per primo in buona fede [14], così anche gli artt. 2471 e 2472 c.c. a proposito del pignoramento e del trasferimento delle quote non integralmente liberate, si riferiscono all’iscrizione nel registro delle imprese. Sicché sarebbe inconcepibile un diverso regime di efficacia del trasferimento tra soci e terzi e tra soci e società. Tra l’altro, diversamente ragionando, sempre secondo questa tesi, qualora il nuovo socio esercitasse, nelle more dell’iscrizione, il suo diritto di voto, ma poi venisse meno l’alienazione o non potesse essere iscritto nel registro delle imprese, potrebbe risultare minata la stabilità degli atti sociali compiuti medio tempore in virtù del relativo voto. Infine, poiché l’art. 2479-bis, comma 1, c.c. fa riferimento, per la convocazione dell’assemblea, all’invio della raccomandata presso il domicilio dei soci risultante dal registro delle imprese, i sostenitori di questa tesi affermano che ciò sarebbe [continua ..]
Ciò considerato, l’arbitro unico, nel caso di specie, ha scelto di seguire, al contempo, il primo ed il quinto orientamento, nonostante la loro (astratta) incompatibilità. Ad una prima lettura si potrebbero dunque sollevare ovvie critiche, tuttavia, ad un attento esame, sembra possibile tentare una ricostruzione del ragionamento idonea ad offrire spunti interessanti. In effetti, la soluzione scelta e, quindi, l’applicazione dei due diversi orientamenti illustrati, pare essersi resa possibile applicando i principi qui evocati su diversi piani e, segnatamente, distinguendo la posizione del cedente da quella del cessionario rispetto ai diritti relativi alla quota ceduta. Secondo l’arbitro, da un lato, i diritti sociali non potrebbero essere esercitati «prima dell’iscrizione dell’atto nel registro delle imprese» (che è, in sostanza, il primo orientamento sopra descritto), dall’altro, vertendosi, nel caso di specie, in tema di «pubblicità dichiarativa […] si può sempre fornire la prova della conoscenza, da parte del soggetto a cui l’atto deve essere opposto, dell’atto che doveva essere iscritto (cfr. art. 2193, primo comma c.c.) e poiché la società sapeva dell’avvenuta cessione, ciò è quanto basta per ritenere che quest’ultima sia opponibile alla società, quantomeno per la parte in cui la titolarità della quota ceduta non spetta (più) al cedente» (che ricorda il quinto dei sei orientamenti sopra descritti). In altre parole, parrebbe emergere dalla decisione, come sintesi, un quadro per cui mentre alla società sarebbe sempre opponibile la mancata qualità di socio dell’alienante allorché si dimostri, anche aliunde, la conoscenza da parte della medesima (recte, dei suoi organi) dell’alienazione, sicché, in tali casi, sarebbe sempre inibito al “non più socio” l’esercizio dei diritti sociali (a prescindere dal deposito/iscrizione nel registro delle imprese del trasferimento), il cessionario non potrebbe, invece, esercitare i diritti sociali sino all’avvenuta iscrizione della cessione nel registro delle imprese. Così ricostruito [33], il ragionamento seguito dall’arbitro sembra aprire la strada ad una possibile nuova soluzione alla questione, che richiede tuttavia, a mio sommesso parere, qualche [continua ..]
Tanto premesso, quindi, riterrei possibile proporre un’ottava possibile soluzione (la settimana sarebbe quella proposta dall’arbitro) al problema. Anzitutto occorrerebbe distinguere la posizione del cedente da quella del cessionario. Il primo, una volta intervenuto il trasferimento, non potrà continuare ad esercitare i diritti sociali, ma ciò, riterrei, purché vi sia la prova della conoscenza, da parte della società, di tale trasferimento, poiché solo in tal caso non potrebbe esservi alcun affidamento da tutelare. Il secondo, invece, potrà esercitare i diritti sociali soltanto se, a seguito del deposito (requisito dunque essenziale ma non sufficiente), sia stata resa nota alla società la sua qualità, senza dover aspettare l’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. In questo modo, il dilemma se esercitare o meno i diritti di socio, in caso di trasferimento di quote di s.r.l. non ancora iscritto, dovrebbe riguardare solo il nuovo socio il quale, per “vivere” da socio, dovrebbe diligentemente provvedere al deposito del trasferimento e comunicare immediatamente alla società sia questa sua qualità sia il rispetto di questo adempimento.