Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

Appello Roma, 24 marzo 2017


        Appello Roma, 24 marzo 2017 – Lo Sinno presidente – relatore – estensore –Incoming Via Italia s.r.l. (avv.ti Montanari, C. Melato) – Sofraco s.r.l. in liquidazione (avv.  Scatena) Il giudizio che viene introdotto con l’impugnazione ex art. 829 c.p.c. non è un procedimento di appello, ma un giudizio a grado unico e a critica vincolata proponibile entro i limiti di cui all’art. 829 c.p.c. Nell’ambito di tale giudizio, vige il principio della specificità dei motivi, attesa la sua natura rescindente (e solo su istanza di parte anche rescissoria), considerata altresì la necessità per il giudice adito di verificare se le contestazioni mosse avverso il lodo corrispondano esattamente ai motivi di nullità previsti dall’articolo citato. In forza dell’art. 829 n. 2 c.p.c., affinché possa essere pronunciata la nullità del lodo, è necessario che l’eccezione circa la violazione delle forme e dei modi di nomina degli arbitri sia stata eccepita nel corso della procedura arbitrale, non potendo tale vizio essere dedotto, per la prima volta, in sede di impugnazione.  Nel procedimento arbitrale l’omessa osservanza del principio del contraddittorio non è un vizio formale, ma di attività. Ciò implica che, ai fini della declaratoria di nullità, è necessario allegare e dimostrare la concreta menomazione del diritto alla difesa e della parità delle armi indicando, con esattezza, in quale momento del giudizio sia stata negata l’uguaglianza fra le parti nell’esercizio delle facoltà processuali previste dalla legge. Con specifico riferimento alla fase istruttoria, inoltre, la garanzia dell’effettiva attuazione del principio del contraddittorio non implica che debbano necessariamente essere ammessi tutti i mezzi di prova proposti, ma che nell’esercizio del proprio potere discrezionale, gli arbitri compiano la valutazione di ammissibilità e rilevanza nel rispetto della posizione di terzietà ed imparzialità propria dell’incarico assunto.  Nella fase rescindente, l’esame da parte della Corte d’Appello è limitato all’accertamento della disapplicazione da parte degli arbitri delle regole di diritto che si assumano di volta in volta violate – e che pertanto devono essere evidenziate specificamente con indicazione sia dei canoni violati, sia del punto e del modo in cui gli arbitri si siano da essi discostati – senza possibilità di procedere ad un’interpretazione della volontà delle parti diversa da quella accertata dagli arbitri.   L’interpretazione di una clausola contrattuale da parte della Corte d’Appello può avvenire solo ed esclusivamente nella fase rescissoria, una volta che sia stata accertata e dichiarata la [continua..]