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O tempora, o mores: la distrazione delle spese arriva in arbitrato

Paolo Comoglio

In questo lodo l’arbitro unico si pronuncia su una questione molto interessante e finora rimasta a margine dell’arbitrato, ossia l’applicabilità della distrazione delle spese di lite a favore del difensore della parte vincitrice del procedimento arbitrale. Più specificamente, l’arbitro unico ritiene ammissibile la possibilità di condannare la parte soccombente a corrispondere le spese di lite direttamente al difensore della parte vincitrice.

tempora, o mores: even in arbitration the arbitrator should allow the counsel of the winning party to recover its fees directly from the losing party

In this award, the sole arbitrator decides upon an interesting issue, so far never analyzed in arbitration case law; in particular, the arbitrator ruled that, even in arbitration, the arbitration tribunal should allow the counsel of the winning party to recover its own fees directly from the losing party.

Keywords: Arbitration, Recovery of attorney fees

 

Lodo Torino, 9 luglio 2018 (Borca arbitro unico) – Gamma s.r.l. – Tizio

Arbitrato – Distrazione delle spese – Ammissibilità

La distrazione delle spese, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., è ammissibile anche nei procedimenti arbitrali. Il tribunale arbitrale, quindi, pronunciando sulle spese, può condannare la parte soccombente
a rifondere direttamente le spese al difensore antistatario 

Società – Azione di responsabilità – natura contrattuale della responsabilità – Onere della prova


L’azione di [continua..]

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COMMENTO

Sommario:

1. Il caso - 2. Le incerte origini della distrazione delle spese - 3. L’ambigua natura del provvedimento ex art. 93 c.p.c. - 4. Arbitrato e distrazione delle spese - NOTE


1. Il caso

La controversia decisa dal lodo qui annotato ha ad oggetto l’azione di responsabilità promossa da una società immobiliare nei confronti del proprio ex amministratore, accusato da aver tenuto condotte distrattive, in violazione dei propri doveri, e, quindi, di aver creato un danno alla società stessa. L’arbitro unico, dopo aver precisamente inquadrato la natura giuridica (contrattuale) dell’azione di responsabilità, compie una dettagliata analisi degli elementi di prova raccolti nel corso del procedimento e, sulla base di essi, accoglie, benché non integralmente, la domanda proposta dalla società attrice. Al di là dei profili relativi al merito (pur interessanti), il lodo si segnala soprattutto nella parte relativa alla regolamentazione delle spese di lite. L’arbitro unico, infatti, oltre a condannare la parte soccombente al pagamento delle spese di lite (pur operando una compensazione parziale delle stesse in considerazione dell’accoglimento solo parziale della domanda), dispone il pagamento di tali spese direttamente a favore del difensore della parte attrice, dichiaratosi antistatario. Proprio quest’ultimo aspetto appare particolarmente innovativo e di indubbio interesse. E ciò sia da un punto di vista giuridico (stante la novità della questione affrontata nel lodo) sia per così dire sociologico. In effetti, finora l’arbitrato è stato sempre considerato [continua ..]

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2. Le incerte origini della distrazione delle spese

L’origine della distrazione delle spese non è chiara[3]. Certamente l’idea che le anticipazioni del difensore potessero essere soddisfatte direttamente dal debitore soccombente è risalente e risiede in ragioni non solo di economia processuale, ma anche di semplice buon senso. Meno risalente è, invece, l’idea che ciò potesse avvenire senza il consenso del cliente e, addirittura, ad opera del giudice[4]. L’origine dell’odierna figura della distrazione delle spese viene fatta risalire alla legislazione francese, in cui la stessa veniva configurata come cessione coattiva del credito operata dal giudice su richiesta del difensore; e da ciò appunto il nome distrazione[5]. Progressivamente, però, per evitare che le vicende relative al rapporto tra la parte vittoriosa e quella soccombente (come, ad esempio, in caso di compensazione con rapporti creditori) paralizzasse la distrazione, quest’ultima è stata progressivamente concepita come una fictio giuridica, in base alla quale si doveva ritenere che il credito fosse passato direttamente al procuratore[6]. L’applicazione del codice napoleonico ai territori italiani ha determinato l’introduzione anche in Italia di tale istituto, con conseguente estensione dei dubbi teorici e interpretativi sollevati in Francia[7]. In realtà, va rilevato che il codice di procedura civile del Regno del Piemonte del 20 novembre 1859 [continua ..]

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3. L’ambigua natura del provvedimento ex art. 93 c.p.c.

La situazione non è migliorata con l’attuale codice di rito. In effetti, il legislatore del 1942, contrariamente a quanto previsto nel codice previgente, nella disciplina delle spese processuali (collocata, non più, come in passato, tra le norme dedicate alle sentenze, ma nella nuova parte generale del codice), ha ripreso la terminologia del codice napoleonico, parlando nuovamente di “distrazione”, di fatto provocando espressamente la riproposizione di tutti i (mai sopiti) problemi teorici sollevati dalla stessa[11]. In effetti, sono pochi gli aspetti davvero chiari. Invero, sembra indiscutibile che la distrazione delle spese costituisca una deroga alla regola generale secondo cui il compenso dell’avvocato è sostenuto dalla parte rappresentata anche in caso di esito vittorioso della controversia (ferma restando, ovviamente, la possibilità di ripetere tali spese dalla parte soccombente, ai sensi dell’art. 91 c.p.c.). In sostanza, considerando l’assenza di qualsiasi diritto di ritenzione a favore dell’avvocato[12], con l’art. 93 c.p.c. il legislatore ha ritenuto opportuno assicurare al difensore una garanzia ulteriore rispetto al privilegio speciale previsto dall’art. 2751-bis, primo comma, n. 2), c.c. In caso di addebito delle spese di lite a carico della parte soccombente, il legislatore ha quindi ritenuto ragionevole consentire al difensore della parte vittoriosa di escutere il proprio [continua ..]

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4. Arbitrato e distrazione delle spese

Come già segnalato, contrariamente a quanto previsto nel codice di procedura civile del 1865, l’art. 93 c.p.c. riprende la terminologia del codice napoleonico, parlando espressamente di “distrazione”. La scelta, di fatto, ha determinato la riproposizione di tutti i problemi ermeneutici già emersi nella disciplina francese e trasportati (nonostante la differente formulazione normativa) nel codice del 1865. Tali dubbi si ripropongono e, per così dire, si aggravano in materia arbitrale. E ciò soprattutto in considerazione del fatto che, come già segnalato all’inizio, per ammettere l’applicabilità della distrazione delle spese in arbitrato è essenziale determinare la corretta qualificazione dell’istituto. Invero, se l’istanza del difensore distrattario venisse qualificata come vera e propria domanda, essa ben difficilmente potrebbe essere ricompresa fra le controversie incluse nell’oggetto della clausola compromissoria (o nel com­promesso). In secondo luogo, anche considerandola inclusa, sarebbe difficile ipotizzare la possibilità per gli arbitri di pronunciare una statuizione (benché favorevole) nei confronti di un soggetto (il difensore) non direttamente vincolato dalla clausola compromissoria. Per questa ragione, quindi, appare opportuno svolgere ancora alcune osservazioni a proposito della qualificazione giuridica della distrazione delle spese. [continua ..]

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NOTE

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