Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenza ISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

La legislazione emergenziale si è dimenticata dell´arbitrato? * (di Marta Naselli Flores)


Il presente scritto, sollecitato dall’ordinanza assunta dal Collegio arbitrale di Monza in data 15 aprile 2020, affronta la problematica questione legata al tema della sospensione delle udienze e qualsivoglia termine processuale nel procedimento arbitrale, durante il periodo di lockdown in Italia.

Did the legislation under emergency forget about the arbitration?

This paper, prompted from the decision taken by the Arbitration Council of Monza on April 15, 2020, addresses the crucial issue of the postponement of hearings as well as the suspension of procedural time-limits hereto related in the arbitration process, during the lockdown phase in Italy.

La sospensione dei termini (prevista nel quadro di un intervento urgente volto a contrastare l’emergenza epidemiologica da CODIV-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, assicurando, per quanto possibile, continuità ed efficienza del servizio giustizia) mira a preservare le parti del processo civile (all’infuori delle cause e dei procedimenti di cui all’art. 83, 3° co., lett. a), d.l. 17 marzo 2020, n. 18) da conseguenze sfavorevoli, sul piano processuale, derivanti dall’omesso compimento di atti durante un periodo di grande emergenza sanitaria. (1) Nell’attuale sistema processuale, improntato al principio costituzionale della ragionevole durata del processo, deve escludersi ogni possibilità di disporre la sospensione del procedimento arbitrale per ragioni di mera opportunità, salvo i casi eccezionalmente previsti dalla legge. (2)  [Omissis] Premesso che: – nel corso dell’ultima udienza, tenuta il 5 marzo 2020, il Collegio arbitrale aveva assegnato alle parti termini per il deposito di note difensive e di repliche, con riferimento alla C.T.U. depositata dal geom. (...), riservandosi di decidere circa i tempi ed i modi di prosecuzione del giudizio, all’esito degli scritti difensivi di parte; – antecedentemente la scadenza del primo termine (13 marzo 2020) era stato emesso il d.l. 8 marzo 2020 n. 11/2020, il cui art. 1 comma 1 stabiliva che: “le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari ... sono rinviate d’ufficio a data successiva al 22 marzo 2020», precisando, al comma 2 che «sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1”; – il Collegio, con ordinanza dell’11.3.2020, aveva rilevato: «la lettera dell’art. 1 comma 2 è inequivocabile nel prevedere la predetta sospensione solo ed esclusivamente per ‘i procedimenti indicati al comma 1’, che sono quelli le cui udienze cadano tra il 9 e il 23 marzo 2020», escludendo così che la sospensione introdotta dal d.l. 11/2020 potesse avere riflessi nell’odierno procedimento; – il Collegio, con la medesima ordinanza dell’11.3.2020, aveva, però, osservato come: «La sospensione dei termini stabilita dall’art. 1 comma 2 d.l. 11/2020, tuttavia, è senz’altro permeata da elementi ed esigenze di matrice pubblicistica, che trovano la loro ragion d’essere in eventi di natura eccezionale e di carattere emergenziale legati al contagio da Covid-19» e come, pertanto, non potesse «essere esclusa, in astratto e in assoluto, l’esistenza di un’ef­fi­cacia espansiva della predetta sospensione, nonostante le ordinarie regole in materia di giudizio arbitrale e gli orientamenti della giurisprudenza di [continua..]
SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il caso - 3. Un importante cambio di rotta in sede di conversione - 4. La comunità arbitrale prima della conversione - 4.1. … Una scelta opinabile - 5. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

L’Italia, uno dei Paesi più colpiti dagli effetti della pandemia, è stata tra i primi ad adottare drastiche e concise misure nella lotta al Coronavirus. Viene, così, proclamato lo stato di lockdown: uno stato di “isolamento”, e di conseguente stallo, che ha finito per coinvolgere la stessa amministrazione della giustizia, rispetto alla quale viene ordinata inter alia la sospensione delle udienze e di qualunque altro termine processuale. Non si fa, almeno in un primo momento, cenno alla sorte dei procedimenti arbitrali pendenti in Italia. Se da un lato, il silenzio della legge non sembra destare sospetto alla luce della natura “privatistica” dell’arbitrato e dell’ampia discrezionalità rimessa alle parti e agli arbitri in merito alla definizione del procedimento e dei relativi termini di adempimento processuale, dall’altro non possono che attestarsi i molteplici dubbi cui sono stati chiamati a confrontarsi tanto gli arbitri, quanto le parti in lite, accordatesi sul ricorso allo strumento processuale in questione per la definizione della stessa.


2. Il caso

La controversa natura dell’istituto processuale dell’arbitrato è stata – ancora in una nuova e recente occasione – chiamata a confrontarsi con la realtà emergenziale, tutt’ora in corso, legata al contagio da Covid-19. Nel corso di un procedimento arbitrale pendente, il Collegio arbitrale di Monza – in occasione dell’ultima udienza tenutasi il 5 marzo 2020 – ha provveduto all’assegnazione alle parti dei termini per il deposito di note difensive e di repliche, riservandosi di decidere circa i tempi ed i modi per la prosecuzione del giudizio. La successiva proclamazione dello stato di emergenza ha, tuttavia, indotto il Governo all’adozione del d.l. 8 marzo 2020 n. 11, con il quale – per quanto qui interessa – si è disposto il rinvio d’ufficio delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari a data successiva al 22 marzo 2020, sospendendo – oltremodo – i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti di cui sopra. Non manchi, inoltre, di sottolineare come il successivo d.l. 17 marzo 2020 n. 18/2020 all’art. 83, significativamente rubricato “Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenente gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare”, ha, a sua volta, esteso il periodo di sospensione processuale al 15 aprile 2020 (ora 11 maggio 2020, ai sensi dell’art. 36 d.l. n. 23/2020) [1]. Tali misure emergenziali dal respiro apparentemente inedito e straordinario, adottate allo scopo di ovviare alle più che comprensibili complessità operative del momento, non erano di certo sconosciute alla decretazione d’ur­gen­za, già a suo tempo intervenuta in materia di sospensione e rinvii in occasione di eventi calamitosi verificatisi nel tempo sul territorio nazionale [2]. Se l’esperienza pregressa aveva già visto affermarsi una molteplicità di disorientamenti giurisprudenziali, frutto di una claudicante disciplina processuale, specie con riguardo al suo ambito oggettivo di applicazione [3], la legislazione emergenziale de quo, non pronunciandosi sul versante arbitrale, finisce per riproporre i termini di quella che, ormai, ha finito per assumere le vesti di una vexata quaestio. Emerge, infatti, il mancato richiamo del procedimento arbitrale da [continua ..]


3. Un importante cambio di rotta in sede di conversione

Il mancato richiamo del giudizio arbitrale, fra le previsioni legislative destinate a combattere la diffusione del virus, costituisce scelta incongrua, ma riflette la controversa questione, forse mai definitivamente risolta, relativa alla natura dell’istituto. Benché la giurisprudenza di legittimità e costituzionale (Corte cost., 19 luglio 2013, n. 233, e Cass. S.U. 25 ottobre 2013, n. 24513) abbia ricondotto l’attività degli arbitri nel solco della giurisdizione, pervenendo all’e­qui­pa­ra­zione del lodo alla sentenza [6], al Collegio – di cui si tratta – non è sembrato un tale orientamento aver trovato un risvolto pratico, proprio in ragione del­l’e­sclusione constatata. Avendo ritenuto che sul dato teleologico della norma non vi sia dubbio alcuno [7], il Collegio giunge, difatti, ad ipotizzare la possibilità che una tale e­stromissione sia stata dettata dalla (erronea) convinzione che l’arbitrato debba ritenersi non assoggettabile ad un regime tipicamente pubblicistico [8]. L’esclusione del procedimento arbitrale dalla normativa di rinvio che la legislazione emergenziale dedica all’amministrazione della giustizia, non lascia indifferente il Collegio. Ed è proprio ad una tale dimenticanza che quest’ul­ti­mo si appella, finendo per ribadire una certa affinità di situazioni [9] che, ancorché abbiano sul piano concreto conosciuto diversa sorte e sviluppo, finiscono per essere equiparate in virtù di uno sforzo esegetico. Il campo oggettivo di applicazione della normativa emergenziale sospensiva ha visto, però, notevolmente ampliare le sue maglie in occasione della sua conversione in legge. Se, originariamente, si è conosciuta la sospensione delle sole udienze dei procedimenti civili e penali e del decorso dei termini per il compimento dell’attività processuale, è proprio con la conversione nella l. 24 aprile 2020 n. 27 del decreto “Cura Italia” che si assiste ad un definitivo, e fondamentale, cambiamento di rotta. L’art. 83, comma 21, che – prima – estendeva l’applicabilità del regime sospensivo, in quanto compatibile, anche ai procedimenti relativi alle commissioni tributarie e alla magistratura militare, è stato opportunamente modificato comprendendo ogni altro “procedimento relativo [continua ..]


4. La comunità arbitrale prima della conversione

Non può non sollevarsi il problema relativamente a quale soluzione, prima del 24 aprile, dovesse ritenersi preferibile per la sorte dei procedimenti arbitrali pendenti durante il periodo di emergenza sanitaria. Si rende, però, indispensabile ai fini prescritti condurre la dissertazione partendo dal dato empirico. Durante il periodo di omessa sospensione delle procedure di arbitrato, le principali Camere Arbitrali si allineano con la decretazione d’urgenza predisposta per i procedimenti giurisdizionali [12]. Tali provvedimenti uniformi, emessi sulla falsariga di quelli adottati dal Governo per i processi civili, predispongono la sospensione dei termini, il rinvio delle udienze, regolando, altresì, le modalità di deposito “da remoto” di atti e documenti. Al di là delle comunicazioni informative o linee guida alle quali si è fatto cenno, merita di menzionarsi il comunicato congiunto che il 16 aprile sedici tra le principali istituzioni arbitrali hanno emesso in vista della definizione di una normativa atta a definire soluzioni che consentissero, nonostante la pandemia, l’esercizio di una qualche attività giudiziaria [13]. Il quadro delineato vede il mondo dell’arbitrato propendere per la sospensione, facendosi al tempo stesso portavoce di una politica, finché compatibile, a sostegno della prosecuzione dei giudizi. Viene, così, disposta la sospensione del decorso dei termini per il deposito di tutti gli atti dei procedimenti, compresi i lodi, deferendosi a data successiva all’11 maggio il decorso del termine ove questo abbia avuto inizio durante la sospensione. Si è, contestualmente, palesata la possibilità di procedere da remoto, attraverso l’ausilio di supporti tecnologici [14]. Tale eventualità si è resa perseguibile grazie all’indubbia flessibilità dell’arbitrato, frutto della concorde volontà delle parti [15], seppur nei limiti di quanto stabilito dalle indicazioni atte a garantire la sicurezza nel corso della gestione dell’emergenza. Non si è, d’altra parte, impedito che una parte ricorresse, comunque, all’in­staurazione del giudizio attraverso la notifica telematica alla PEC della contro­parte dell’atto di nomina, e che gli arbitri, progressivamente designati, accettassero, provvedendo conseguentemente alla nomina del presidente e [continua ..]


4.1. … Una scelta opinabile

Per quanto qui interessa, la soluzione accolta dal Collegio arbitrale di Mon­za, ovviando al vuoto normativo attraverso un’iniziativa di matrice esegetica, dispone la sospensione del giudizio. Una tale scelta, però, si presta ad una qualche critica. Se, da un lato, in un momento di così forte incertezza, optare per la sospensione costituiva decisione ragionevole, dall’altro, le argomentazioni che il Collegio ne ha addotto a fondamento non si ritengono del tutto condivisibili. Il Collegio arbitrale di Monza non esclude, in prima battuta, una certa forza espansiva della normativa sospensiva, ritenendo che quella da Covid-19 non possa essere considerata una “sospensione qualunque”, ma un evento estremamente “invasivo e socialmente pregiudizievole”. Non sembra, però, esservi spazio per una tale manovra. Lo stesso Collegio arbitrale sembrava essere del medesimo avviso, avendo, con precedente ordinanza del 1° marzo 2020, reso edotte le parti del fatto che «la lettera dell’art. 1 comma 2 è inequivocabile nel prevedere la predetta sospensione solo ed esclusivamente per i procedimenti indicati al comma 1». Non vi è dubbio alcuno che la normativa disponga la sospensione esclusivamente a favore dei soli procedimenti civili e penali e, infine, tributari e militari. Deve, conseguentemente, escludersi che una tale prescrizione soddisfi una formulazione “aperta” [17], non potendosi altresì spiegare in sede di conversione in legge un così evidente cambiamento di rotta. Di un tale ordine di fattori ne costituisce ulteriore esempio l’art. 83, comma 20, del medesimo decreto, che assoggetta ad un tale regime sospensivo anche i “procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie”. La formulazione è certamente tassativa: l’effetto sospensivo non coinvolge tutte le procedure stragiudiziali, essendo chiaro il riferimento esclusivamente a i) quelle che costituiscano condizione di procedibilità e ii) quelle che siano state già promosse alla data del 9 marzo. D’altra parte, pur in mancanza di un così lampante dato normativo, deve rigettarsi la possibilità di ammettere una qualche sovrapposizione tra l’ar­bi­tra­to e le ADR alla luce delle considerazioni fin qui esposte in merito alla natura di quest’ultimo. L’arbitrato – si ribadisce – [continua ..]


5. Conclusioni

Alla luce delle argomentazioni fin qui esposte, deve concludersi che l’ori­ginario mancato richiamo del procedimento arbitrale da parte della decretazio­ne d’urgenza non susciti stupore, nonostante le ripercussioni tutt’altro che ininfluenti. Tenuto conto della portata globale dell’emergenza sanitaria, non poteva, però, che ritenersi doveroso che una tale situazione di incertezza venisse a priori esclusa attraverso la previsione di una normativa di rinvio di carattere generale, applicabile a qualsivoglia procedimento arbitrale pendente. Fatte le dovute considerazioni, qui non si intende mettere in dubbio la rilevanza che avrebbe avuto l’opportunità di sospendere il giudizio arbitrale nel­l’attesa che la gestione dello stato pandemico si manifestasse in forme più chiare. Quel che si contesta è, piuttosto, l’operazione posta in essere dal Collegio in assenza di specifici riferimenti normativi che la legittimassero, stante il silenzio della decretazione d’urgenza. Operazione, quest’ultima, che riflette un’evidente manovra analogica, non sostenibile per le ragioni di cui si è già detto [22]. Una tale prassi è da scongiurarsi, potendo finire per costituire precedente e avallare malsane manovre esegetiche. D’altra parte, è noto come «quod contra, rationem iuris receptum est, non est producendum ad consequentias» [23]. Non può, inoltre, non attestarsi una certa pretensiosità della soluzione fornita dal Collegio. Il contesto emergenziale di riferimento, difatti, ha visto comunque il procedimento civile ordinario continuare ad operare, sia pur con esclusivo riguardo a talune categorie di contenzioso [24]. Dovendosi rigettare un tale paradigma ermeneutico, non può che escludersi l’applicabilità di quel regime di sospensione previsto ab origine dalla legislazione emergenziale solo per alcune categorie di processo [25]. L’accorgimento pratico più opportuno per un Collegio arbitrale, preoccupato dallo spirare del termine per la pronuncia del lodo, sembra rinvenibile nelle prescrizioni offerte dalla norma di cui all’art. 820, comma 3, c.p.c. Alla volontà concorde delle parti e “mediante dichiarazioni scritte indirizzate agli arbitri” fa seguito, difatti, l’opportunità di differire il termine per la pronuncia del [continua ..]


NOTE