Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

L'art. 838-ter, comma 4, c.p.c.


Viene posto a confronto la disciplina relativa alla sospensione dell’esecuzione delle decisioni assembleari invalide da parte degli Arbitri contenuta nel d.lgs. n. 5/2003 con quella oggi inserita nel codice di procedura civile.

Article 838-ter4 c.p.c.

The regulation relating to the suspension of the execution of invalid assembly decisions by the Arbitrators contained in the legislative decree 5/2003 is compared with the one now included in the code of civil procedure.

SOMMARIO:

1. Due dati normativi a confronto - 2. Dal divieto per gli Arbitri di emettere provvedimenti cautelari all’attribuzione ad essi del relativo potere - 3. La sospensione dell’esecuzione delle deliberazioni assembleari invalide - 4. Due letture dell’art. 838-ter, comma 4, c.p.c. - NOTE


1. Due dati normativi a confronto

Come è noto, la disciplina dell’arbitrato societario contenuta nel d.lgs. n. 5/2003 è stata inserita all’interno del titolo dedicato all’arbitrato attraverso la creazione del capo VI-bis (artt. 838-bis-838-quinquies c.p.c.). In particolare, il comma 5 dell’art. 35 del decreto ora richiamato è collocato oggi all’interno dell’art. 838-ter, c.p.c. al comma 4. Parallelamente alla nuova collocazione sono state introdotte alcune modificazioni e quindi l’attuale testo riproduce quello precedente, ma con variazioni. Inoltre, occorre tener conto delle innovazioni implicite derivanti dall’inseri­men­to in un testo che presenta un radicale mutamento di fondo: la norma dell’art. 35, comma 5, che prevedeva il potere degli arbitri di sospendere l’esecuzione di una deliberazione assembleare invalida, costituiva una regola eccezionale rispetto al divieto per gli arbitri di emanare provvedimenti cautelari. Nel nuovo contesto della riforma Cartabia rappresenta, per contro, un’i­potesi peculiare di provvedimento cautelare in presenza di un principio opposto, che consente agli arbitri appunto di emettere provvedimenti cautelari. Occorre ancora verificare se l’inserimento nel nuovo contesto abbia determinato un’ulteriore conseguenza, variando quindi sensibilmente la portata della norma.


2. Dal divieto per gli Arbitri di emettere provvedimenti cautelari all’attribuzione ad essi del relativo potere

La legge 26 novembre 2021, n. 206, che delega il governo a emanare la riforma del processo civile, all’art. 1, comma 15, lett. c), stabilisce che il legislatore delegato deve prevedere l’attribuzione agli arbitri rituali del potere di emanare misure cautelari nell’ipotesi di espressa volontà delle parti in tal senso; di affidare al giudice ordinario tale compito solo se la domanda è anteriore rispetto l’accettazione degli arbitri; di introdurre la reclamabilità dell’ordinan­za arbitrale dinanzi al giudice ordinario; di individuare le sue modalità di attuazione. Inoltre, in conformità alla lett. f) del comma citato, il legislatore delegato dovrà inserire nel codice di procedura civile le norme relative all’arbi­trato societario, prevedendo la reclamabilità dell’ordinanza di sospensione del­l’ef­ficacia delle delibere assembleari. La legge delega ha avuto attuazione con il d.lgs. 20 ottobre 2022, n. 149. La previsione del potere degli arbitri di concedere misure cautelari costituisce una delle innovazioni più significative concernenti l’arbitrato introdotte dalla riforma del processo civile. Infatti, il codice di procedura civile poneva il divieto per gli arbitri di concedere provvedimenti cautelari, salva diversa disposizione di legge (art. 818 c.p.c.). Parallelamente e conseguentemente stabiliva la competenza esclusiva del giudice ordinario (art. 669-quinquies c.p.c.). A seguito della riforma del processo civile, contenuta nel d.lgs. 20 ottobre 2022, n. 149 e, in particolare, dell’arbitrato, l’art. 818 c.p.c. è stato riscritto: è attribuito agli arbitri il potere di concedere misure cautelari. Tuttavia, quest’ul­timo presuppone la volontà delle parti in tal senso espressa o nella convenzione di arbitrato, o in un atto scritto anteriore all’instaurazione del giudizio arbitrale, o, ancora, un rinvio ad un regolamento arbitrale che preveda tale potere. Si tratta poi di una competenza esclusiva. L’art. 818 c.p.c., al comma 1, nella nuova versione, dispone infatti che: “le parti, anche mediante il rinvio a regolamenti arbitrali, possono attribuire agli arbitri il potere di concedere misure cautelari con la convenzione di arbitrato o con un atto scritto anteriore all’instaurazione del giudizio arbitrale. La competenza cautelare attribuita agli arbitri è [continua ..]


3. La sospensione dell’esecuzione delle deliberazioni assembleari invalide

Il legislatore della riforma ha introdotto, come si è osservato, la disciplina dell’arbitrato societario, prima contenuta nel d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, all’interno delle norme relative all’arbitrato. In particolare, per quanto riguarda i provvedimenti cautelari, il comma 4 dell’art. 838-ter c.p.c. dispone: “salvo quanto previsto dall’art. 818, in caso di devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari, agli arbitri compete il potere di disporre, con ordinanza reclamabile ai sensi dell’art. 818-bis, la sospensione dell’efficacia della delibera”. L’ultimo comma riproduce il testo precedente stabilendo che: “i dispositivi dell’ordinanza di sospensione e del lodo che decide sull’impugnazione devono essere iscritti, a cura degli amministratori, nel Registro delle Imprese”. Confrontando il comma 5 dell’art. 35 del decreto citato e il comma 4 dell’art. 838-ter ora richiamato, sotto il profilo testuale, si rilevano alcune differenze. In primo luogo, viene espressamente fatta salva la norma generale sui provvedimenti cautelari contenuta nell’art. 818 c.p.c. Inoltre, non vi è più il riferimento alla clausola compromissoria, sostituito dal più ampio richiamo alla devoluzione in arbitrato di controversie. Coerentemente con la disciplina generale l’ordinanza è dichiarata reclamabile. Viene meno anche l’attribu­zione agli arbitri del potere di sospendere l’efficacia della delibera “sempre”: tale avverbio non è più presente nel nuovo testo. Ma, al di là di tali pur significative differenze testuali, è soprattutto la collocazione sistematica della norma che risulta profondamente mutata. Nel sistema anteriore si trattava di un’eccezione rispetto al divieto per gli arbitri di emettere provvedimenti cautelari; ora invece si tratta della previsione di un’i­potesi peculiare di provvedimento cautelare in un contesto che ha eliminato tale divieto. Ciò posto, non c’è più ragione, a mio avviso, di privilegiare una lettura restrittiva della norma e quindi i vari dubbi relativi all’estensione dell’espres­sione “validità delle delibere assembleari” possono essere superati, interpretandola in senso ampio. Pertanto, può venire in [continua ..]


4. Due letture dell’art. 838-ter, comma 4, c.p.c.

Qual è la portata del nuovo articolo 838-ter, comma 4, c.p.c.? Si tratta semplicemente di una specificazione della regola generale o ha una sua valenza propria, rappresentando una parziale deroga alla prima? La risposta mi sembrerebbe in questo secondo senso, altrimenti la norma sarebbe sostanzialmente inutile. Ma in questa prospettiva in che cosa deroga rispetto alla regola generale? Occorre premettere che la salvezza inserita nell’incipit dell’art. 838-ter, comma 4, c.p.c. (“salvo quanto previsto dall’art. 818 c.p.c.”) può essere oggetto di una pluralità di letture. Se si interpreta nel senso di “fermo restando quanto disposto dall’art. 818 c.p.c.” non c’è spazio per una differenziazione tra la regola generale e quella specifica relativa alla sospensione dell’efficacia delle delibere dell’assemblea. Se, per contro, viene intesa nel senso di “ferma restando la disciplina comune per gli altri provvedimenti cautelari”, è possibile cercare di individuare le peculiarità nel caso specifico. Confrontando i due testi e tenendo conto del fondamento della norma contenuta nell’art. 838-ter c.p.c. mi sembrerebbe che la risposta debba essere data con riferimento ai presupposti del potere degli arbitri. Come si è osservato, si tratta di un potere che non deriva dalla semplice convenzione di arbitrato, ma che presuppone una specifica volontà delle parti in tal senso. Invece l’attribu­zione agli arbitri della competenza di decidere sulle controversie relative alla validità delle deliberazioni dell’assemblea / decisioni dei soci, secondo questa interpretazione, contiene implicitamente la volontà delle parti di attribuire agli arbitri anche la competenza in ordine al provvedimento di sospensione. In altre parole, in tale caso, non è necessaria una specifica volontà delle parti. Potrebbero, per contro, i soci escludere quest’ultima e attribuirla al giudice ordinario con una clausola specifica in tal senso contenuta nella convenzione arbitrale? La risposta mi sembra che debba essere positiva e trova una giustificazione testuale nel venir meno dell’avverbio “sempre”. In conclusione, secondo tale prospettiva, sussiste una sorta di presunzione semplice di attribuzione agli arbitri della competenza relativa alla sospensione dell’efficacia [continua ..]


NOTE