Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

L'arbitrato tra clausole vessatorie, interessi usurari, controversie con gli amministratori e libertà delle forme nel rispetto del contraddittorio (di Fabio Antezza)


Nel primo semestre del 2023 la Suprema Corte è stata chiamata a risolvere questioni relative ai rapporti tra clausola compromissoria e condizioni generali di contratto, con particolare riferimento alla c.d. “clausola broker”, oltre a quelle inerenti al deferimento alla decisione arbitrale dell’accerta­mento dell’usurarietà degli interessi nonostante la dedotta nullità del contratto sottostante. Affron­tate le tematiche del rilievo, in sede arbitrale, del capitolato generale d’appalto nella distinzione tra appalti dello Stato e altri appalti pubblici, dei rapporti tra arbitrato e procedure concorsuali oltre che dell’arbitrato societario in merito a controversie con gli amministratori (anche di fatto), la giuri­spru­denza di legittimità ha coniugato il principio della libertà della forme con la produzione dei mezzi di prova, in considerazione dell’impregiudicabile principio del contraddittorio, nonché ribadito prin­cipi in tema di nullità del lodo e di arbitrato estero.

Arbitration between unfair clauses, usury law, disputes with directors, and freedom from courtroom formal procedures

In the first half of 2023, the Supreme Court has been called upon to address issues concerning the connection between arbitration clause and contract general terms and conditions, particularly with reference to the “broker clause”, and the referral to an arbitration panel of the declaration of the usury nature of an interest rate despite the affirmed nullity of the relevant contract. The Court, focusing on the relevance, in an arbitration proceeding, of (i) the general tender specifications in the distinction between State and other public bodies contracts, (ii) the relationship between arbitration and bankruptcy proceedings as well as (iii) corporate arbitration in relation to disputes with directors (including directors), has pointed out the link between freedom from courtroom formal procedures and the rules of evidence in the context of the cross-examination principles, and has re-affirmed its precedent rulings on the nullity of the arbitration award and on foreign arbitration.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Clausola compromissoria: condizioni generali di contratto e c.d. “clausola broker” - 3. Convenzione d’arbitrato, interessi usurari e nullità del contratto - 4. Lodo, procedure concorsuali e difetto di potestas iudicandi - 5. L’arbitrato e il capitolato generale di appalto nella distinzione tra appalti dello Stato e altri appalti pubblici - 6. Clausola compromissoria e c.d. arbitrato societario nell’impu­gnazione delle delibere assembleari - 7. La clausola compromissoria statutaria e le controversie con gli amministratori (anche di fatto) - 8. Società di persone e liquidazione delle quote - 9. Il procedimento arbitrale nella libertà delle forme: principio del contraddittorio e termini perentori per la produzione di mezzi di prova - 10. Lodo: impugnabilità per difetto di costituzione - 11. Segue: lodo: termine per la pronuncia e nullità - 12. Segue: arbitrato societario secondo equità ed error in iudicando - 13. Arbitrato e regolamento di competenza - 14. Arbitrato estero


1. Premessa

Nel primo semestre del 2023 la Suprema Corte è stata chiamata a risolvere questioni relative ai rapporti tra clausola compromissoria e condizioni generali di contratto, con particolare riferimento alla c.d. “clausola broker”, oltre a quelle inerenti al deferimento alla decisione arbitrale dell’accertamento dell’usurarietà degli interessi nonostante la dedotta nullità del contratto sottostante. Affrontate le tematiche del rilievo, in sede arbitrale, del capitolato generale d’appalto nella distinzione tra appalti dello Stato e altri appalti pubblici, dei rapporti tra arbitrato e procedure concorsuali oltre che dell’arbitrato societario in merito a controversie con gli amministratori (anche di fatto), la giurisprudenza di legittimità ha coniugato il principio della libertà della forme con la produzione dei mezzi di prova, in considerazione dell’impregiudicabile principio del contraddittorio, nonché ribadito principi in tema di nullità del lodo e di arbitrato estero.


2. Clausola compromissoria: condizioni generali di contratto e c.d. “clausola broker”

La necessità di specifica approvazione scritta della clausola compromissoria, in materia di condizioni generali di contratto, è esclusa solo se vi sia prova che la conclusione del contratto sia stata preceduta da una trattativa che abbia avuto ad oggetto specificamente l’inserimento di tale clausola, senza che possa assumere alcuna rilevanza la dichiarazione di avvenuta ricezione, prima della stipula, di copia delle condizioni generali di polizza, stante l’obbligo informativo imposto all’assicuratore dagli artt. 120, comma 3, 183 e 185 d.lgs. n. 209/2005, né tanto meno la presenza della cd. “clausola broker” che, avendo lo scopo di assicurare all’intermediario la provvigione dovutagli, nulla consente di stabilire circa le modalità di conclusione del contratto, né se questo sia stato stipulato all’esito di una trattativa o per effetto della mera adesione del contraente a una polizza unilateralmente predisposta. Quanto innanzi è stato statuito da Cass. sez. III, n. 4531/2023, dopo aver ribadito che la Suprema Corte, quando sia investita da un regolamento di com­petenza ai sensi dell’art. 819-ter c.p.c., ha i medesimi poteri del giudice di merito per accertare la validità o l’efficacia della clausola compromissoria, ai fini della statuizione sulla competenza (in merito si vedano anche: Cass. sez. VI-II, n. 3934/2022; Cass. sez. VI-III, n. 14476/2019, e Cass. sez. VI-III, n. 17019/2011). Sempre in via preliminare, la citata ordinanza n. 4531/2023 ha osservato che la clausola compromissoria, contenuta in un contratto di assicurazione per conto altrui è opponibile all’assicurato, che abbia manifestato la volontà di voler profittare della stipulazione in suo favore, poiché, una volta intervenuta la manifestazione di volontà, essa non può riguardare che tutte le clausole contrattuali nella loro totalità, prescindendo dalla natura autonoma e non accessoria della clausola compromissoria ed essendogli opponibili ai sensi del terzo comma dell’art. 1891 cod. civ. tutte le eccezioni che si possono opporre al contraente in dipendenza del contratto (Cass. sez. I, n. 4338/2022, e Cass. sez. III, n. 2384/1997). Già in merito ai rapporti con le clausole vessatorie era stato osservato che la produzione in giudizio da parte dell’attore di un documento contrattuale sottoscritto solo dal convenuto, per [continua ..]


3. Convenzione d’arbitrato, interessi usurari e nullità del contratto

L’azione per l’accertamento della natura usuraria degli interessi dovuti in base ad un contratto di leasing, con la conseguente condanna della controparte alla restituzione di quanto indebitamente percepito a tale titolo, è suscettibile di deferimento alla decisione degli arbitri ai sensi dell’art. 806 c.p.c., in quanto ha ad oggetto un diritto disponibile, senza che la dedotta nullità del contratto posto a base della domanda, che concerne, invece, il merito della pretesa, sia sufficiente a escludere la competenza arbitrale, risultando illogico fare dipendere l’operatività della convenzione di arbitrato dalla decisione sul merito della controversia. In tal senso Cass. sez. III, n. 16364/2023 si è esplicitamente posta nel solco tracciato da Cass. sez. VI-I, n. 1119/2016 in cui si sottolinea la continuità, sul punto, tra la disciplina precedente alla novella di cui al d.lgs. n. 40/2006. Nel richiamato arresto del 2016, come ha ribadito la citata decisione del 2023, si rimarca che ai fini dell’individuazione dei predetti diritti, non assume un rilievo determinante la circostanza che la disciplina del rapporto sia dettata da norme inderogabili, esistendo una pluralità di materie disciplinate da norme imperative nell’ambito delle quali è riconosciuta alle parti la facoltà di disporre dei propri diritti, anche se a determinate condizioni ovvero nel rispetto delle modalità previste dalla legge. La natura cogente delle disposizioni che disciplinano il rapporto non risulta d’altronde incompatibile con la volontarietà del deferimento delle relative controversie al giudizio degli arbitri, i quali sono tenuti a fame applicazione ai fini della decisione. L’inderogabilità delle disposizioni che disciplinano la determinazione del tasso d’interesse, stabilendo condizioni e limiti per la pattuizione d’interessi extralegali e comminando sanzioni penali per l’imposizione d’interessi usurari, pur comportando la nullità dei patti stipulati in violazione delle stesse, non è dunque sufficiente a escludere la deferibilità agli arbitri delle controversie riguardanti il pagamento di somme dovute a tale titolo, ovvero la restituzione di quelle al medesimo titolo corrisposte. Nella specie la parte aveva invocato il dettato dell’art. 1972, primo comma, c.c., sottolineando che la pattuizione d’interessi [continua ..]


4. Lodo, procedure concorsuali e difetto di potestas iudicandi

Circa i rapporti tra arbitrato e procedure concorsuali già Cass. Sez. U, n. 10800/2015 aveva chiarito che nel caso di convenzione contenente una clausola compromissoria stipulata prima della dichiarazione di fallimento di una delle parti (nella specie, una clausola di arbitrato internazionale), il mandato conferito agli arbitri non è soggetto alla sanzione dello scioglimento prevista dal­l’art. 78 l.fall., configurandosi come atto negoziale riconducibile all’istituto del mandato collettivo e di quello conferito anche nell’interesse di terzi. Tale interpretazione, si è chiarito, trova indiretta conferma nel disposto del­l’art. 83-bis l.fall., atteso che, se il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito nel caso di scioglimento del contratto contenente la clausola compromissoria, deve, di contro, ritenersi che detta clausola conservi la sua efficacia ove il curatore subentri nel rapporto, non essendo consentito a quest’ul­timo recedere da singole clausole del contratto di cui chiede l’adempimento. Sempre nel 2015 la Suprema Corte (Cass. Sez. U, n. 23810/2015) aveva precisato che il contratto di appalto, anche di opera pubblica, si scioglie con effetto ex nunc a seguito dell’intervenuto fallimento dell’appaltatore ai sensi dell’art. 81 l.fall. (nella formulazione vigente ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte con il d.lgs. n. 5/2006), sicché al curatore spetta il corrispettivo maturato per le prestazioni eseguite fino all’intervenuto scioglimento, ferma la possibilità per il committente di legittimamente rifiutare il pagamento delle opere per la parte ineseguita o non eseguita a regola d’arte. In tema di rapporti tra arbitrato e procedure concorsuali la recente Cass. Sez. U, n. 5694/2023, procedendo nel già tracciato solco interpretativo, ha infine chiarito quanto segue: a) il giudizio arbitrale promosso sulla base della clausola compromissoria accessoria a un appalto e per l’accertamento di un credito da esso dipendente, diviene improcedibile al sopraggiungere della messa in liquidazione coatta amministrativa di una delle parti del contratto (nella specie, l’appaltatore), stante l’esclusività dell’accertamento del passivo nella sede concorsuale cui è comunque tenuta, ai sensi degli artt. 52 e 93 l.fall., la parte creditrice (nella specie, il committente), se il [continua ..]


5. L’arbitrato e il capitolato generale di appalto nella distinzione tra appalti dello Stato e altri appalti pubblici

Il capitolato generale di appalto per le opere pubbliche, approvato con d.P.R. n. 1063/1962 ed avente valore normativo soltanto per gli appalti stipulati dallo Stato, non possiede analoga efficacia vincolante per quelli stipulati dagli altri enti pubblici, tranne quando l’applicabilità dello stesso sia prevista da espressa e specifica disposizione di legge o le parti lo abbiano espressamente richiamato per regolare il singolo rapporto contrattuale, nel quale ultimo caso le previsioni del capitolato costituiscono clausole negoziali, operanti per volontà pattizia, ed assumono efficacia obbligatoria nei limiti del richiamo fatto ad esse dalle parti (ex plurimis, Cass. sez. 1, n. 25061/2018). Nel solco interpretativo di cui innanzi Cass. sez. 1, n. 7245/2023 ha ribadito che il capitolato generale di appalto del 1962 ha valore normativo e vincolante (e si applica quindi direttamente e indipendentemente dal richiamo che ne abbiano fatto le parti nel contratto) esclusivamente per gli appalti stipulati dallo Stato nonché dagli altri enti pubblici tenuti ex lege ad adottarlo; ne consegue la necessità di operare una distinzione tra gli appalti dello Stato (ovvero degli enti pubblici tenuti per legge all’osservanza dei capitolati generali per le opere statali) e gli altri appalti pubblici. In tale ipotesi, difatti, il richiamo operato dalle parti alle norme del capitolato assume la stessa natura e portata negoziale dell’atto giuridico in cui è contenuto, perdendo qualsiasi collegamento con la fonte normativa richiamata e conferendo al capitolato generale un valore negoziale tale da renderla insensibile alle modifiche normative intervenute successivamente alla stipulazione.


6. Clausola compromissoria e c.d. arbitrato societario nell’impu­gnazione delle delibere assembleari

L’impugnazione di delibere societarie aventi ad oggetto operazioni sul capitale sociale, per aumento o riduzione, è compromettibile in arbitri allorquando, in ragione della prospettazione offerta dalle parti, la corrispondente controversia non investa, in modo diretto e non semplicemente mediato, gli interessi – dei soci, della società o di terzi ad essa estranei – protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte, diversamente finendosi per devolvere agli arbitri diritti (sostanziali) inderogabili protetti da una specifica norma che li regola (Cass. sez. I, n. 9434/2023). In tema di impugnazione di delibere assembleari, già è stato chiarito che la validità ed efficacia della clausola compromissoria non è esclusa dalla natura inderogabile delle norme che regolano il rapporto giuridico che ne integra l’oggetto, ove i diritti delle parti abbiano natura disponibile, determinandosi esclusivamente l’effetto di ampliare il sindacato giurisdizionale sul lodo anche all’error in iudicando (in tal senso Cass. sez. VI-I, n. 20462/2020 che, nella specie, ha ritenuto che potesse essere oggetto di clausola compromissoria il pagamento degli oneri consortili). Sicché, la controversia avente ad oggetto la validità di una delibera assembleare, con cui è stata disposta la trasformazione di una società di persone in società di capitali, è compromettibile in arbitri, ai sensi dell’art. 34, comma 1, d.lgs. n. 5/2003, in quanto non attiene a diritti indisponibili ma riguarda i soci e la società in relazione ai rapporti sociali, essendo necessario distinguere la natura inderogabile delle norme, che gli arbitri devono applicare per risolvere la controversia, rispetto alla indisponibilità del diritto controverso. Nei termini di cui innanzi già Cass. sez. VI-I, n. 10433/2022 aveva sostanzialmente sviluppato il ragionamento già ripreso da Cass. sez. VI-I, n. 17283/2015 per la quale le controversie aventi ad oggetto la validità delle delibere assembleari, tipicamente riguardanti i soci e la società in relazione ai rapporti sociali, sono compromettibili in arbitri ai sensi dell’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 5/2003, qualora abbiano ad oggetto diritti disponibili. La Suprema Corte aveva nella specie riconosciuto la [continua ..]


7. La clausola compromissoria statutaria e le controversie con gli amministratori (anche di fatto)

La vincolatività della clausola compromissoria statutaria nei confronti degli amministratori di società ha fondamento pattizio, derivando dall’adesione che gli stessi implicitamente prestano con l’accettazione della carica. Sicché, per Cass. sez. VI-I, n. 6221/2023, non è opponibile agli amministratori la soppressione della clausola compromissoria intervenuta a seguito di modifica dell’atto costitutivo successiva alla cessazione della carica e, pertanto, in assenza di specifica adesione da parte dell’amministratore a tale modifica, la predetta soppressione non è idonea ad escludere la competenza arbitrale per le controversie relative a fatti insorti in costanza del rapporto organico. La clausola arbitrale dettata per dirimere le controversie con gli amministratori, peraltro, come statuito da Cass. sez. I, n. 3271/2023, è applicabile non solo all’amministratore nominato dall’assemblea, ma anche all’amministratore di fatto, cioè colui che sia stato nominato in modo invalido o abbia iniziato ad esercitare le funzioni prima della formale nomina e accettazione, oppure che abbia usurpato le funzioni ad altri, comportandosi come rappresentante senza averne i poteri, poiché, trattandosi di soggetto in grado di rivestire pienamente un rapporto organico all’interno della struttura organizzativa della società, è parimenti destinatario dei diritti e degli obblighi che conseguono alla funzione, incluse le previsioni statutarie riguardanti gli amministratori. Quanto innanzi si argomenta dalla circostanza per cui l’amministratore di fatto di una società di capitali, pur privo di un’investitura formale, esercita sotto il profilo sostanziale nell’ambito sociale un’influenza, completa e sistematica, che trascende la titolarità delle funzioni, con poteri analoghi se non addirittura superiori a quelli spettanti agli amministratori di diritto, potendo concorrere con questi ultimi a cagionare un danno alla società, attraverso il compimento o l’omissione di atti di gestione, sicché anche nei suoi confronti può essere promossa l’azione di responsabilità (Cass. sez. I, n. 21730/2020).


8. Società di persone e liquidazione delle quote

In mancanza di una esplicita previsione statutaria che estenda l’arbi­tra­bilità delle controversie societarie agli eredi del socio di una società di persone, questi ultimi, anche se titolari di un diritto di credito alla liquidazione della quota, sono estranei alla società e, pertanto, non possono promuovere la causa per ottenere tale liquidazione davanti agli arbitri (Cass. sez. I, n 2164/2023). Era stato già in precedenza chiarito che nella società di persone composta (anche se composta da due soli soci), ove la morte di un socio determini il venir meno della pluralità dei soci, non può difatti riconoscersi un diritto degli eredi del socio defunto a partecipare alla liquidazione della società e a pretendere una quota di liquidazione, anziché il controvalore in denaro della quota di partecipazione, in quanto lo scioglimento della società costituisce un momento successivo ed eventuale rispetto allo scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio e trova causa non tanto nel venir meno della pluralità dei soci, quanto nel persistere per oltre sei mesi della mancanza della pluralità medesima (Cass. sez. I, n. 8670/2000).


9. Il procedimento arbitrale nella libertà delle forme: principio del contraddittorio e termini perentori per la produzione di mezzi di prova

Il procedimento arbitrale è improntato al principio di libertà delle forme, sicché, ove nulla sia stato previsto nella convenzione di arbitrato, spetta al­l’ar­bitro regolare lo svolgimento del giudizio, anche assegnando termini perentori per la produzione di mezzi di prova, purché ne abbia dato avviso alle parti, salvaguardando così il loro diritto di difesa. Nei termini di cui innanzi ha statuito Cass. sez. I, n. 18772/2023 evidenziando l’importanza del principio del contraddittorio. Secondo la giurisprudenza di legittimità, in particolare, nell’arbitrato rituale gli arbitri incorrono in violazione del principio del contraddittorio per mancata conoscenza dei punti di vista di tutte le parti del procedimento ove abbiano stabilito la natura perentoria di termini fissati per le allegazioni e le istanze istruttorie alla stregua di quelli di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c. Incorrono in violazione, in particolare, se abbiano dichiarato decaduta una parte per il tardivo esercizio delle facoltà di proporre quesiti e istanze istruttorie, ovvero di produrre documenti, qualora la possibilità di declinare tale perentorietà non fosse prevista dalla convenzione di arbitrato, ovvero da un atto scritto separato o dal regolamento processuale dai medesimi predisposto, e in assenza di specifica avvertenza al riguardo al momento dell’assegnazione dei termini (in tal senso già Cass. sez. I, n. 1099/2016). Nel condividerlo, Cass. sez. I, n. 18772/2023, ha portato il detto orientamento a più compiuti sviluppi proprio in relazione all’ultima parte, affermando il principio per cui la libertà di forme che in generale caratterizza il procedimento arbitrale, se tollera che l’arbitro – ove niente di diverso emerga dalla convenzione di arbitrato – possa assegnare alle parti termini o regole istruttorie a pena di decadenza, non tollera invece che ciò possa avvenire senza un’anteriore precisa informazione alle parti stesse in merito all’andamento del giudizio in tal modo impresso. Ciò vale per qualunque regola alla quale l’arbi­tro ritenga che vada conformata la condotta delle parti con conseguenze sul processo. Ne consegue che è precluso all’arbitro di dichiarare inammissibile un atto o un’istanza o una produzione documentale per inosservanza di un termine o di una regola di condotta, ove [continua ..]


10. Lodo: impugnabilità per difetto di costituzione

Il vizio afferente all’invalida o all’irregolare costituzione del collegio arbitrale (anche costituito per obbligo di legge), derivante dal fatto che la nomina sia stata effettuata in violazione dei modi e delle forme di cui ai Capi I e II del titolo VIII del libro IV del codice civile, va ricondotto non già all’art. 158 c.p.c., relativo al vizio di costituzione del giudice, ma alle nullità previste dal­l’art. 829, comma 1, n. 2, c.p.c. Il lodo arbitrale, che costituisce una decisione per la soluzione della controversia sul piano privatistico, ha continuato sul punto Cass. sez. I, n. 7335/2023, non può difatti in alcun modo accostarsi a un dictum giurisdizionale; tale carattere è stato accentuato dalla legge n. 25/1994, senza che le modifiche apportate dall’art. 819-ter c.p.c., introdotto dal d.lgs. n. 40/2006, possano condurre ad una diversa linea ricostruttiva dell’istituto.


11. Segue: lodo: termine per la pronuncia e nullità

L’atto con cui la parte intenda far valere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 821 c.p.c., il decorso del termine previsto dall’art. 820 c.p.c. come causa di nullità del lodo, deve essere notificato alle controparti e agli arbitri, a pena di inefficacia, con le forme della notificazione degli atti processuali civili. Statuendo nei termini di cui innanzi, Cass. sez. I, n. 10444/2023, ha rigettato il ricorso contro la sentenza della Corte di appello che aveva ritenuto inidonea a far valere il decorso del termine per la pronuncia del lodo una “dichiarazione di decadenza” inviata direttamente dall’indirizzo di posta elettronica certificata della parte interessata. Deve difatti evidenziarsi che, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 40/2006, ai sensi dell’art. 829, comma 1, n. 6 c.p.c. il mero decorso del termine per la pronuncia del lodo non è, di per sé, sufficiente a determinare la nullità, essendo necessaria, ai sensi dell’art. 821 c.p.c., una manifestazione della volontà diretta a far valere la decadenza la quale costituisce oggetto di un vero e proprio onere posto a carico della parte interessata il cui adempimento non si risolve in una mera eccezione da proporsi nell’ambito del procedimento arbitrale trattandosi, invece, di un atto di disposizione in merito alla nullità, in difetto del quale quest’ultima non può essere fatta valere (Cass. sez. VI-I, n. 27364/2020).


12. Segue: arbitrato societario secondo equità ed error in iudicando

In tema di arbitrato societario, ove le parti abbiano autorizzato gli arbitri a decidere secondo equità, l’impugnazione della decisione arbitrale per error in iudicando non è consentita, salvo che abbia a oggetto questioni non compromettibili o relative alla validità di delibere assembleari, a prescindere dal fatto che la clausola compromissoria sia stata inserita prima o dopo la novella del 2006, essendo irrilevante che ratione temporis l’art. 36 del d.lgs. n. 5/2003 faccia riferimento al testo dell’art. 829, comma 3, c.p.c., conseguente al d.lgs. n. 40/2006, ovvero all’art. 829, comma 3, c.p.c., nel testo previgente (Cass. sez. I, n. 9395/2023). Già in precedenza si era chiarito che l’art. 829, comma 3, c.p.c., come riformulato dall’art. 24 del d.lgs. n. 40/2006, si applica, ai sensi della disposizione transitoria di cui all’art. 27 del d.lgs. n. 40 cit., a tutti i giudizi arbitrali promossi dopo l’entrata in vigore della novella ma, per stabilire se sia ammissibile l’impugnazione per violazione delle regole di diritto sul merito della controversia, la legge – cui l’art. 829, comma 3, c.p.c., rinvia – va identificata in quella vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato. Sicché, in caso di clausola compromissoria societaria, inserita nello statuto anteriormente alla novella, è ammissibile l’impugnazione del lodo per errores in iudicando ove “gli arbitri, per decidere, abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validità delle delibere assembleari”, così espressamente disponendo la legge di rinvio, da identificarsi con l’art. 36 del d.lgs. n. 5/2003. In linea con il ricordato insegnamento di Cass. Sez. U., n. 9285/2016, Cass. sez. I, n. 16780/2022 aveva difatti chiarito che, anche se le parti hanno autorizzato gli arbitri a decidere secondo equità, è ammissibile l’impugnazione del lodo per errores in iudicando, ove la clausola compromissoria sia stata stipulata prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 40/2006 e il giudizio abbia ad oggetto l’impugnazione di delibere del consiglio di amministrazione, da ritenere estensivamente equiparate alle deliberazioni assembleari, in relazione alle quali l’art. 36 d.lgs. n. 5/2003 prevede espressamente che gli arbitri devono sempre [continua ..]


13. Arbitrato e regolamento di competenza

Ai sensi dell’art. 819-ter, comma 3, c.p.c., così come novellato dall’art. 22 del d.lgs. n. 40/2006, in pendenza del procedimento arbitrale non possono proporsi all’autorità giudiziaria domande aventi ad oggetto l’invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato, dovendosi ritenere, per converso, che possa essere proposta una domanda giudiziale intesa ad ottenere la declaratoria della invalidità o dell’inefficacia della convenzione, quando non sia stata introdotta una controversia innanzi agli arbitri sulla base della convenzione stessa. L’invalidità o l’inefficacia della convenzione d’arbitrato può essere invocata davanti all’autorità giudiziaria con autonoma domanda di accertamento, o unitamente alla domanda relativa al rapporto cui la clausola compromissoria troverebbe applicazione, ovvero, ancora, in via di controeccezione proposta dalla parte attrice, allorché la parte convenuta abbia eccepito l’esistenza della clausola compromissoria invocando la competenza arbitrale. Ove avverso la decisione del giudice di merito, affermativa o negativa della competenza arbitrale, venga proposto regolamento di competenza, detto giudizio compete alla Corte di cassazione, nell’ambito dei poteri di statuizione sulla competenza (ex plurimis, Cass. sez. VI-III, n. 14476/2019). Quando sia investita da un regolamento di competenza ai sensi dell’art. 819-ter c.p.c., la Corte di cassazione ha i medesimi poteri del giudice di merito per accertare la validità o l’efficacia della clausola compromissoria, ai fini della statuizione sulla competenza (Cass. VI-III, n. 4531/2023).


14. Arbitrato estero