Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

Clausola compromissoria unilateralmente predisposta e ratifica dell'operato del falsus procurator (di Marta Naselli Flores)


Il presente scritto si preoccupa di indagare le sorti di una clausola arbitrale, contenuta tra le condizioni generali di un contratto, predisposte unilateralmente e sottoscritte dal falsus procurator, per effetto della produzione in giudizio dell’accordo da parte del dominus dell’affare per invocarne l’esecuzione.

Unilaterally drafted arbitration clause and falsus procurator's work ratification

The purpose of this paper is to investigate the fate of arbitration clause contained in a contract signed by the “falsus procurator” but produced in an ordinary judgement by the part who don’t sign it to invoke its enforcement.

MASSIME: La produzione in giudizio da parte dell’attore di un documento contrattuale sottoscritto solo dal convenuto, per invocarne l’esecuzione, vale a sanare la mancanza della sottoscrizione di esso attore, in quanto integra un’inequivoca manifestazione di volontà di avvalersi del negozio documentato dalla scrittura incompleta, ma non può surrogare, in ipotesi di contratto per adesione, la mancanza del requisito della specifica approvazione per iscritto, necessario all’efficacia di clausole vessatorie. (1) La ratifica dell’operato del rappresentante senza potere ex art. 1399 c.c. si estende all’intero contratto, comprese le clausole vessatorie (nella specie, di deroga alla competenza per territorio), non potendosi scindere arbitrariamente il contenuto della ratifica, ipotizzandone l’operatività per certe clausole e non per altre. (2) PROVVEDIMENTO (1-2): [Omissis] Considerato che: – DMO S.p.a. ha proposto ricorso per regolamento di competenza, basato su tre motivi, avverso la sentenza del Tribunale di Ravenna n. 146/2020, pubblicata il 20 febbraio 2020, con la quale quel Tribunale – nel giudizio RG 4226/2018 di opposizione a decreto ingiuntivo emesso su istanza dell’attuale ricorrente, opposta, nei confronti di Bolognetta s.c.p.a., opponente – ha declinato la competenza in favore di quella arbitrale, dichiarando la nullità, disponendo la revoca del decreto ingiuntivo opposto e regolando le spese; – Bolognetta s.c.p.a. in concordato preventivo e l’avv. Giuseppe D.C., in proprio, hanno depositato distinte memorie difensive; – tutte le parti hanno depositato memorie ex art. 380-ter c.p.c.; – il P.G. ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso per regolamento, con declaratoria di incompetenza del Tribunale di Ravenna, con fissazione del termine per la riassunzione del giudizio; Rilevato che: – il Tribunale di Ravenna ha dichiarato la propria incompetenza con riguardo al giudizio concernente le pretese per corrispettivi non pagati avanzate da DMO verso Bolognetta, conseguenti a due contratti di noleggio “a freddo” di mini escavatori, ritenendo la competenza di arbitri in base alle clausole in tal senso contenute nei contratti (n. 15 per entrambi); – in particolare, nonostante il disconoscimento da parte di DMO delle sottoscrizioni apposte sulle pagine dei contratti di noleggio, perché non riferibili a soggetti abilitati a impegnare la società fornitrice, il Tribunale ha ritenuto di fare applicazione delle previsioni contrattuali già richiamate in base al principio del riconoscimento tacito, avvenuto attraverso l’equivalente della sottoscrizione consistente nella produzione in giudizio dei contratti, ha reputato che le clausole, vessatorie, fossero state approvate specificamente attraverso il loro richiamo in blocco negli elenchi [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Clausola compromissoria unilateralmente predisposta: tra legittimità alla stipula e vessatorietà - 3. La ratifica dell’operato del falso rappresentante: verso il rico­noscimento tacito anche in materia arbitrale? - 4. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Il caso

Il caso oggetto dell’ordinanza che si annota prende origine da una vicenda che ha di recente interessato la Corte di cassazione, concernente la produzione in giudizio di una scrittura privata, cui si inserisce un sistema di condizioni generali, sottoscritta dal falsus procurator. Costituisce, ormai, consolidato principio quello secondo cui la produzione in giudizio di una scrittura privata, ad opera della parte che non l’abbia firmata, rappresenti l’equipollente della mancata sottoscrizione contestuale del contratto, perfezionando, sul piano sostanziale e su quello probatorio, l’accordo in essa contenuto [1]. I giudici di legittimità, tuttavia, nel caso che ci interessa, vengono chiamati a far fronte ad un quid pluris, rappresentato dalla presenza, nei contratti prodotti in giudizio ed unilateralmente sottoscritti per difetto di rappresentanza, di una clausola che compromette la lite in arbitri. La società creditrice proponeva ricorso per regolamento di competenza avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Ravenna [2], all’esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, con la quale il giudice dell’opposizio­ne declinava la propria competenza in favore di quella arbitrale, in virtù delle clausole arbitrali contenute nei contratti che riportavano la dicitura “Risoluzione delle controversie e foro convenzionale” [3]. Nonostante il disconoscimento da parte della creditrice delle sottoscrizioni apposte sulle pagine dei contratti, perché non riferibili a soggetti abilitati a im­pegnare la società, il giudice dell’opposizione, ritenendo di fare comunque applicazione delle previsioni contrattuali in virtù del principio del “riconoscimento tacito” (secondo cui la produzione in giudizio del contratto costituisce l’equivalente della sottoscrizione del medesimo) dichiarava la nullità e disponeva la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Tuttavia, all’esito del giudizio promosso con regolamento di competenza dalla società opposta, la Suprema corte stabiliva che la produzione in giudizio del contratto, pur integrando un’inequivoca manifestazione di volontà di avvalersi del negozio documentato dalla scrittura incompleta, non può surrogare, in ipotesi di contratto per adesione, la mancanza del requisito della specifica approvazione per iscritto, necessario ai fini [continua ..]


2. Clausola compromissoria unilateralmente predisposta: tra legittimità alla stipula e vessatorietà

Il caso che ci interessa vede l’ipotesi di un contratto, cui accede un sistema di condizioni generali predisposte da una delle parti ai sensi dell’art. 1341 c.c., il quale è stato stipulato mediante specifica approvazione per iscritto, ma in una situazione in cui il soggetto che lo ha concluso, spedendo il nome altrui, manchi dei necessari poteri rappresentativi [5]. Ben potendosi considerare il contratto efficacemente ratificato qualora la parte falsamente rappresentata abbia nondimeno manifestato la volontà di avvalersene [6], resta comunque aperto il problema della sorte delle clausole vessatorie in esso contenute, atteso che la loro specifica sottoscrizione è avvenuta ad opera di un soggetto non legittimato. La singolarità del caso sta nella circostanza che la clausola vessatoria in esame, sottoscritta dal falsus procurator, non è altro che una clausola compromissoria, inserita in un contratto per adesione, per effetto della quale le parti avevano devoluto in arbitrato qualsivoglia lite fosse tra loro insorta. Una tale circostanza pone, preliminarmente, la disamina di due importanti questioni: la legittimazione a compromettere e la vessatorietà della clausola arbitrale ex art. 1341, comma 2, c.c. Venendo alla prima, il tema deve, anzitutto, muovere dalla previsione contenuta nell’ultima frase dell’art. 808, comma 2, c.p.c., secondo cui “il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria”. La legittimazione a compromettere, intesa quale idoneità astratta del soggetto a stipulare una convenzione arbitrale, riveste particolare importanza in quanto il suo difetto si riverbera direttamente sulla validità del patto compromissorio quale causa di nullità del medesimo [7]. Detta legittimazione a stipulare validamente un patto arbitrale nella forma, in specie, della clausola compromissoria (atteso che possa parlarsi anche di compromesso) [8], deve ritenersi scaturire direttamente dall’operazione contrattuale, nonostante essa sia autonoma rispetto al contratto cui accede [9]. Un soggetto, perciò, solo se validamente investito del potere di concludere il contratto, potrà considerarsi legittimato alla stipulazione della clausola arbitrale [10]. Giova, oltretutto, sottolineare che un’interpretazione restrittiva della norma in esame si appaleserebbe [continua ..]


3. La ratifica dell’operato del falso rappresentante: verso il rico­noscimento tacito anche in materia arbitrale?

Il contratto compiuto da chi ha agito come rappresentante, in difetto di potere o eccedendo i limiti o le facoltà conferitegli, non produce alcun effetto nella sfera giuridica dell’interessato. Esso è perciò inefficace: non può dirsi nullo, postulando la nullità un vizio intrinseco dell’atto che in quanto tale si pone in contrasto con quanto disposto dalla norma di cui all’art. 1399 c.c., stante la quale l’interessato può sempre ratificare l’operato del falsus procurator [14]. Viene, dunque, in evidenza il problema della ratifica riferita ad un contratto recante una clausola arbitrale, riconducibile al dettato di cui all’art. 1342, comma 2, c.c., alla luce dello spiccato formalismo espresso in materia dalla giurisprudenza di legittimità [15], secondo cui non basterebbe la mera produzione in giudizio dell’accordo da parte di chi non l’ha sottoscritto per colmare la lacuna. Più segnatamente, il dominus, per compiere validamente la ratifica delle clausole contrattuali vessatorie o onerose dovrebbe provvedere alla specifica approvazione per iscritto dell’operato negoziale compiuto dal falso rappresentante. In linea di principio, inoltre, secondo giurisprudenza costante la ratifica del contratto stipulato dal falso rappresentante da parte del dominus dell’affare investe indiscriminatamente il contenuto dell’intero contratto, non potendosene ipotizzare l’operatività per certe clausole e non per altre [16]. La Corte, tuttavia, pur ritenendo tale principio di diritto astrattamente condivisibile, in quanto nega l’arbitraria separazione interna al negozio, ne preclude l’operatività nel caso de quo. Ed in effetti, stando alla formulazione letterale della norma di cui all’art. 1399 c.c., la ratifica, pur investendo il contratto nella sua interezza, non può ritenersi idonea di per sé ad attribuirgli efficacia in ogni sua parte, comprese le clausole vessatorie, giacché queste ultime divengono vincolanti per il dominus dell’affare solo ed in quanto siano state osservate le forme prescritte per la loro stipula [17]. La Corte, tuttavia, spiega l’inoperatività del principio alla luce non già di quest’ultimo argomento, ma del fatto che esso riguarda la non scindibilità di una clausola sulla competenza territoriale e, dunque, una [continua ..]


4. Considerazioni conclusive

Non resta che interrogarsi sulla fondatezza dell’indirizzo interpretativo che in generale assume come necessaria, ai fini della ratifica delle clausole vessatorie, che le stesse, già approvate per iscritto dal rappresentante senza poteri, lo siano anche dal dominus all’atto della ratifica. Non vi è dubbio che la lettura in combinato disposto degli artt. 1341, comma 2, e 1399, comma 1, c.c., solleciti una ricostruzione dell’operazione di ratifica quale atto capace di consentire una selezione, sia pur limitata, nell’ambito dei patti fissati da rappresentante e terzo, espungendo le clausole vessatorie dal regolamento reso operante inter partes, se non spe­cifica­ta­mente approvate. Pertanto, il diverso orientamento che ammetterebbe l’inscindibilità del contenuto dell’accordo contrattuale ratificato, ancorché condivisibile, non può trovare apprezzamento ove il contratto si doti di condizioni generali, rispetto alle quali è postulata, ai fini della ratifica, la necessaria osservanza di specifici requisiti di forma-contenuto, qualunque sia la natura della clausola vessatoria ivi contenuta [23]. E, pur volendosi ammettere che tale rigore non richieda necessariamente la manifestazione per iscritto della volontà di far proprio il contratto, ad ogni modo, detta volontà dovrebbe comunque risultare da un atto, necessariamente scritto, che manifesti in modo inequivoco la volontà del dominus di aderire al­l’accordo [24]. Viene in evidenza, dunque, la necessaria corrispondenza della ratifica ai requisiti prescritti per l’atto compiuto dal rappresentante senza poteri, con la conseguenza che deve escludersi che, se per quest’ultimo la legge prescrive l’adozione della forma scritta ad sub­stantiam, la prima possa essere integrata da un comportamento concludente. Può dunque assumersi che, se il principio della forma scritta ad substantiam prescritto per il patto di arbitrato, nella prassi, finisce per “essere di fatto annacquato” [25], lo stesso non può dirsi ove il patto arbitrale sia vessatorio perché inserito nell’ambito di condizioni generali predisposte uni­lateralmente [26]. In definitiva, l’ostacolo semantico frapposto dalla lettera della legge in tema di ratifica, nonché l’esigenza di certezza della volontà delle parti, hanno finito [continua ..]


NOTE