Il presente scritto esamina la sentenza 22 marzo 2019, n. 1279 emessa dalla Corte d’Appello di Milano dove, oltre a ribadire il principio della applicabilità dell’art. 829 c.p.c. nel testo vigente al tempo in cui è stipulata la clausola, stabilito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 9 maggio 2016, n. 9341 e ribadito dalla sentenza n. 13/2018 della Corte costituzionale, ne estende la portata anche alle clausole compromissorie non modificate inserite in statuti oggetto di revisione dopo il 2006.
This work examines Judgment no. 1279/2019 of 22/3/2019 issued by the Court of Appeal of Milan where, in addition to reiterating the rule of law concerning the applicability of Art. 829 of the Code of Civil Procedure in the version in force at the time when the clause is concluded ruled by the United Sections of the Italian Supreme Court with Sentence 9/5/2016 n. 9341 and confirmed by the Constitutional Court Judgment 13/2018, extends its scope also to the unchanged clauses of statutes subject to revision after 2006.
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1. Il quadro normativo e giurisprudenziale - 2. La Sentenza in esame - NOTE
Come noto, l’art. 829, comma 3, c.p.c. nella versione modificata dal d.lgs. n. 40/2006 preclude la sindacabilità del lodo per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia in assenza di previsione normativa o di esplicito accordo in tal senso nella convenzione, mentre la precedente versione della norma, al comma II, lo permetteva, salvo patto contrario. Dal canto suo, l’art. 27 del d.lgs. n. 40/2006 dispone che le nuove regole si applichino: «Nei procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato sia stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto». L’applicabilità di tale novella ai giudizi attuali che però derivino da clausole compromissorie stipulate ante 2006 è stata oggetto di vexata quaestio nella giurisprudenza di legittimità, fino all’intervento dalla composizione più autorevole della nostra Corte Suprema, intervenuta a risolvere la questione della retroattività della novella dell’art. 829 c.p.c. operata dall’art. 27 del d.lgs. n. 40/2006: «In applicazione della disciplina transitoria dettata dal d.lgs. n. 40 del 2006, art. 27, l’art. 829, comma 3, c.p.c., come riformulato dal d.lgs. n. 40 del 2006, art. 24, si applica nei giudizi arbitrali promossi dopo l’entrata in vigore del suddetto decreto, ma la legge cui lo stesso art. 829, comma 3, c.p.c., rinvia, per stabilire se è ammessa l’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, è quella vigente al momento della stipulazione della convenzione d’arbitrato» [1]. Questo in quanto, secondo la Corte: In ordine alla efficacia del d.lgs. n. 40/2006 che ha escluso, quale causa di impugnativa del lodo arbitrale, la violazione di norme di diritto ex art. 829, 3° comma, c.p.c., ne va confermata la retroattività in base alla norma transitoria recata dall’art. 27 predetto decreto. La nuova disciplina tuttavia risulta inapplicabile, non essendo prospettabile che norma sopravvenuta abbia ad ascrivere al silenzio delle parti un significato convenzionale che le vincoli per il futuro in termini diversi da quelli definiti dalla legge vigente al momento della conclusione del contratto. In dottrina, i contributi maggiormente significativi a questo canone interpretativo sono stati sostanzialmente due. Il primo Autore [2] critica [continua ..]
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Milano è stata investita di un’impugnazione avverso un lodo arbitrale che aveva deciso circa tre delibere adottate dal Consorzio Saturno, il quale progetta e realizza in maniera integrata le tecnologie ed i sistemi che occorrono per il progetto Alta Velocità / Alta Capacità delle Ferrovie dello Stato ed impugnate da Alstom, una delle consorziate. Questa, nel proprio atto di gravame aveva dedotto preliminarmente l’impugnabilità del lodo anche ai sensi dell’art. 829, comma 3, c.p.c. per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, in quanto la clausola arbitrale contenuta nello statuto consortile risaliva ad epoca antecedente al 2006 per cui, in base ai summenzionati insegnamenti giurisprudenziali, in mancanza di espressa disposizione contraria, la legge alla quale far riferimento era, per l’appunto, quella ante 2006 che consentiva la sindacabilità del lodo anche per ragioni di merito della controversia. Si costituivano ritualmente sia il Consorzio Saturno sia le altre società consorziate, le quali eccepivano preliminarmente l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 829 c.p.c. per violazione delle regole di diritto relative al merito, in quanto lo statuto consortile era stato oggetto di revisione, pertanto la clausola compromissoria rilevante doveva ritenersi quella stipulata con la revisione stessa. Al riguardo il Tribunale accoglieva le argomentazioni di parte ricorrente: «Nel presente giudizio di impugnazione possono essere fatte questioni di nullità del Lodo ai sensi dell’art. 829 c. 3 per violazione delle regole di diritto attinenti al merito, in base all’interpretazione data di tale norma data dalla Cass SU 9341/16 confermata dalla Corte Cost. 13/2018, dato che la clausola arbitrale è stata stipulata anteriormente alla modifica legislativa dell’arbitrato del 2006». L’aliquid novi è costituito dal periodo che seguente: «Né in senso contrario può valere il fatto che lo Statuto del Consorzio sia stato soggetto a revisione nel corso del 2009, dato che la clausola compromissoria non è stata cambiata, in quanto la modifica ha riguardato altre parti dello Statuto consortile». Per indagare circa l’esattezza o meno di tale canone ermeneutico, merita prendere le [continua ..]