Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

L'interpretazione estensiva della convenzione d'arbitrato e l'impugnazione del lodo nelle recenti decisioni di legittimità (di Fabio Antezza)


Nel secondo semestre del 2022 la Suprema Corte ha ulteriormente segnato i limiti dell’inter­pretazione estensiva della convenzione d’arbitrato oltre che specificato i rapporti tra clausola compromissoria ed esecuzione, con particolare riferimento al pactum de non exequendo ad tempus, nonché tra la prima e l’arbitrato societario, circa l’azione di responsabilità promossa dal socio nei confronti dell’amministratore e in merito all’esclusione del socio di società di persone. Affrontate le tematiche del mancato versamento delle spese prevedibili e del mancato accordo per la nomina del terzo arbitro in materia di appalti pubblici, la giurisprudenza di legittimità si è in particolare soffermata su questioni inerenti all’impugnazione per nullità del lodo per contrarietà a norme di ordine pubblico e al termine breve per l’impugnazione del lodo rituale. Non è mancata infine la disamina delle conseguenze dell’adesione all’eccezione d’incompetenza e dei rapporti tra arbitrato irrituale e regolamento di competenza.

The extensive interpretation of the arbitration agreement and the challenge of the award in recent decisions of the supreme court

The second half of 2022 has seen the Supreme Court further marking the limits of the expansive interpretation of the arbitration agreement and clarifying the relations between arbitration clause and enforcement, particularly with reference to the pactum de non exequendo ad tempus, and the interaction between such pactum and company arbitration, in relation to the action for liability filed by the shareholder against the director and the exclusion of a from a partnerships agreement. The Court has first dealt with the failure to pay foreseeable expenses and the failure to agree on the appointment of the third arbitrator in public procurement. Then it has particularly focused on the challenge of the award for non-conformity to public order and on the short term for challenging the award (lodo rituale). The Supreme Court also examined the consequences of the plea of lack of jurisdiction and the relationship between informal arbitration and jurisdiction controversies.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La convenzione d’arbitrato: i limiti all’interpretazione estensiva e la potestas iudicandi - 3. Clausola compromissoria ed esecuzione: i rapporti con il pactum de non exequendo ad tempus - 4. Clausola compromissoria e c.d. arbitrato societario nell’azione di responsabilità e nell’esclusione del socio - 5. Spese prevedibili e mancato versamento - 6. Arbitrato e appalti pubblici: il mancato accordo per la nomina del terzo arbitro - 7. L’impugnazione: il lodo parziale - 8. Il termine breve per l’impugnazione del lodo rituale - 9. Impugnazione per nullità: oggetto e limiti - 10. L’impugnazione per contrarietà all’ordine pubblico - 11. L’adesione all’eccezione di incompetenza - 12. Arbitrato irrituale e regolamento di competenza


1. Premessa

Nel secondo semestre del 2022 la Suprema Corte ha ulteriormente segnato i limiti dell’interpretazione estensiva della convenzione d’arbitrato oltre che specificato i rapporti tra clausola compromissoria ed esecuzione, con particolare riferimento al pactum de non exequendo ad tempus, nonché tra la prima e l’arbitrato societario, circa l’azione di responsabilità promossa dal socio nei confronti dell’amministratore e in merito all’esclusione del socio di società di persone. Affrontate le tematiche del mancato versamento delle spese prevedibili e del mancato accordo per la nomina del terzo arbitro in materia di appalti pubblici, la giurisprudenza di legittimità si è in particolare soffermata su questioni inerenti all’impugnazione per nullità del lodo per contrarietà a norme di ordine pubblico e al termine breve per l’impugnazione del lodo rituale. Non è mancata infine la disamina delle conseguenze dell’adesione all’eccezione d’incom­petenza e dei rapporti tra arbitrato irrituale e regolamento di competenza.


2. La convenzione d’arbitrato: i limiti all’interpretazione estensiva e la potestas iudicandi

La clausola compromissoria con la quale sono deferite agli arbitri le controversie sull’interpretazione o sull’esecuzione del contratto cui essa accede, in mancanza di espressa volontà contraria, ascrive alla competenza arbitrale solo le controversie che si riferiscono a pretese aventi la causa petendi nel contratto stesso, dovendosi quindi escludere che tra tali controversie possano essere incluse le cause da responsabilità extracontrattuale, che hanno nel contratto solo un presupposto di fatto. Nei termini di cui innanzi Cass., sez. I, n. 31350/2022 ha concorso a delimitare l’ambito di operatività dell’interpretazione estensiva della clausola compromissoria di cui all’art. 808-quater c.p.c. il quale, in materia di interpretazione della convenzione d’arbitrato, dispone che, nel dubbio, essa debba essere interpretata nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce. In particolare, la statuizione in esame si pone esplicitamente nel solco interpretativo per cui la clausola compromissoria riferita genericamente alle “controversie nascenti dal contratto cui essa inerisce”, dovendo essere interpretata, in mancanza di espressa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte e solo le controversie aventi causa petendi nel contratto medesimo, implica l’esclusione della devoluzione agli arbitri di quelle aventi nel contratto un mero presupposto storico. In applicazione del principio è stato così escluso che una clausola formulata nei termini di cui innanzi, contenuta in un contratto di appalto, potesse operare con riferimento ad azione di responsabilità extracontrattuale, ex art. 1669 c.c., proposta mediante la deduzione di gravi difetti dell’immobile acquistato (Cass., sez. VI-III, n. 4035/2017, e Cass., sez. II, n. 1674/2012), così come è stata esclusa l’operatività della clausola, così formulata, nel caso di causa petendi avente titolo extracontrattuale ai sensi dell’art. 2598 c.c. nonché dell’art. 1337 c.c. (Cass. sez., VI.I, n. 20673/2016). Nel medesimo filone rientra anche Cass., sez. I, n. 23675/2013, per la quale la clausola compromissoria concernente le controversie relative alla risoluzione di un contratto ricomprende nel suo ambito di applicazione la domanda di [continua ..]


3. Clausola compromissoria ed esecuzione: i rapporti con il pactum de non exequendo ad tempus

Ulteriore tassello interpretativo in merito alla portata dell’interpretazione estensiva della clausola compromissoria, di cui al paragrafo che precede, era stato altresì aggiunto da Cass., sez. III, n. 7891/2018 con rifermento ai rapporti tra arbitrato ed esecuzione. Per essa, in particolare, la clausola compromissoria riferita genericamente a qualsiasi controversia nascente da un determinato rapporto giuridico cui la stessa inerisce può essere interpretata – con giudizio riservato al giudice di merito – nel senso che rientrano nella competenza arbitrale anche le opposizioni all’esecuzione forzata, salvo che si controverta di diritti indisponibili. Viceversa, non sono compromettibili in arbitri le opposizioni agli atti esecutivi, in quanto la verifica dell’osservanza di regole processuali d’ordine pubblico riguarda diritti di cui le parti non possono mai liberamente disporre [per ulteriori approfondimenti in merito si veda, diffusamente, Antezza, op. cit., p. 151 ss.]. Fermo restando quanto innanzi, comunque, il pactum de non exequendo ad tempus, inteso a subordinare l’esercizio dell’azione esecutiva alla formazione del giudicato sul provvedimento che ne rappresenti il titolo, dev’essere chiaramente contemplato dalle parti in una pattuizione contrattuale, non potendo ritenersi insito nella previsione di una clausola compromissoria. Cass., sez. III, n. 29932/2022, in applicazione di tale principio, ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto che la presenza di una clausola compromissoria nel contratto concluso dalle parti, per atto pubblico, valesse, di per sé, a escludere il diritto di procedere a esecuzione forzata sulla base del titolo esecutivo stragiudiziale rappresentato dal contratto medesimo.


4. Clausola compromissoria e c.d. arbitrato societario nell’azione di responsabilità e nell’esclusione del socio

La clausola compromissoria inserita nell’atto costitutivo di una società, che preveda la possibilità di deferire agli arbitri le controversie tra i soci e quelle tra la società e i soci, non include anche l’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. promossa dal socio nei confronti dell’amministratore, essendo irrilevante che quest’ultimo sia anche socio della società, come precisato da Cass., sez. I, n. 33149/2022 (in termini conformi a Cass., sez. VI-I, n. 12333/2012). Parimenti, la presenza nello statuto di una clausola compromissoria non comporta l’attribuzione agli arbitri del potere di decidere l’esclusione del socio della società di persone ma solo la devoluzione agli stessi della cognizione sulla controversia conseguente all’adozione della delibera di esclusione, poiché la previsione di tale clausola è cosa ben diversa dalla deroga alle disposizioni di legge che, come nel caso dell’art. 2287 c.c., attribuiscono alla maggioranza dei soci determinati poteri nei confronti della minoranza, regolandone l’esercizio. In tali termini statuisce Cass., sez. I, n. 25927/2022 ma si veda altresì Cass., sez. I, n. 5019/2009 per la quale in tema di controversie tra soci di una società in accomandita semplice, per le quali l’atto costitutivo preveda, con clausola compromissoria, la conseguente devoluzione ad arbitri, sussiste la legittimazione in capo al socio escluso – nella specie con delibera, assunta dai soci accomandanti – a promuovere il procedimento arbitrale, volto a contestare la legittimità della privazione di tale qualità, giacché, trattandosi dell’eser­cizio di un potere che pur dipende dal citato status, esso non può essere negato al socio la cui qualifica sia venuta meno per diretta conseguenza proprio dell’atto che intende impugnare, posto che la legittimazione sta o cade a seconda che la delibera impugnata risulti o meno legittima e della quale il socio vorrebbe veder eliminati gli effetti tramite lo strumento di reazione apprestato dall’atto costitutivo.


5. Spese prevedibili e mancato versamento

In tema di arbitrato rituale, nel caso di subordinazione, da parte degli arbitri, della prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili, il mancato versamento del fondo spese nel termine fissato determina ipso iure, ex art. 816-septies c.p.c., lo scioglimento del vincolo derivante dalla convenzione di arbitrato, limitatamente alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale, non necessitando alcuna dichiarazione in tal senso degli arbitri (Cass., sez. I, n. 3259/2022). Lo svincolo dalla convenzione di arbitrato relativa alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale, di cui all’art. 816-septies, comma 2, c.p.c., nel caso in cui le parti non provvedano all’anticipazione del termine fissato dagli arbitri, riguarda però la sola ipotesi in cui nessuna delle parti abbia provveduto al versamento nel termine fissato. Nella diversa ipotesi in cui una delle parti abbia tempestivamente versato la sua quota, invece, a differenza dell’altra fattispecie, l’interpretazione logico sistematica della norma impone la concessione di un secondo termine per consentire alla parte adempiente di versare anche la quota di pertinenza della controparte inadempiente (Cass., sez. I, n. 31210/2022). Quanto innanzi non toglie però che la previsione dell’art. 816-septies c.p.c., secondo cui gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili, pur dettata a tutela degli arbitri e fondata sui doveri di collaborazione scaturenti dal rapporto di mandato, non sia ricollegabile a una mera richiesta degli arbitri stessi, essendo necessaria – come ben evidenzia il termine “subordinare” usato dal legislatore – una specifica manifestazione di volontà diretta a condizionare la prosecuzione del procedimento al versamento delle somme dovute a titolo di anticipazione delle spese, la cui indicazione non può comprendere anche gli onorari, non essendo consentito agli arbitri procedere alla liquidazione del proprio compenso (Cass., sez. I, n. 17956/2015).


6. Arbitrato e appalti pubblici: il mancato accordo per la nomina del terzo arbitro

In tema di appalti pubblici, ove la costituzione del collegio arbitrale previsto da clausola compromissoria abbia avuto luogo successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, in caso di mancato accordo per la nomina del terzo arbitro a essa deve provvedere la camera arbitrale, ai sensi dell’art. 241 dello stesso decreto, nel testo vigente ratione temporis. Ne deriva che, come chiarito da Cass., sez. I, n. 27613 del 2022, la nomina del terzo arbitro compiuta dal Presidente del tribunale è illegittima, con conseguente irregolare costituzione del collegio, denunciabile in sede di impugnazione del lodo ai sensi dell’art. 829, comma 1, n. 2, c.p.c. In materia si veda, in termini più generali, Cass., sez. VI-I, n. 28871 del 2020, per cui in tema di arbitrato cd. amministrato di lavori pubblici, la norma transitoria di cui all’art. 253, comma 34, del d.lgs. n. 163/2006 dispone, quanto alla disciplina dell’arbitrato di cui agli artt. 241, 242 e 243 del medesimo codice dei contratti pubblici, la salvezza delle clausole compromissorie e delle procedure arbitrali antecedenti alla sua entrata in vigore, nei soli casi ivi specificamente previsti e alla condizione che i collegi arbitrali risultino già costituiti entro tale data. Ne consegue l’immediata applicabilità delle nuove disposizioni, aventi carattere inderogabile, riguardo ai collegi arbitrali relativi ad appalti non ricadenti nel d.P.R. n. 1063/1962. Nella specie la Suprema Corte aveva cassato senza rinvio la decisione dei giudici d’appello che aveva trascurato la tardività dell’impugnazione, ancorché l’abrogazione dell’art. 15, comma 6, del d.lgs. n. 53/2010, a opera del d.l. n. 40/2010 comportasse l’applicabilità all’impugnazione dei lodi pronunciati successivamente all’eli­minazione della disciplina transitoria dei termini previsti dall’art. 241, comma 15-bis, d.lgs. n. 163/2006 [in tema di rapporti tra arbitrato e Pubblica Amministrazione, con particolare riferimento ai rapporti con le opere pubbliche, al c.d. arbitrato amministrato di lavori pubblici e ai rapporti con la concessione di pubblici servizi, si veda, per approfondimenti, Antezza, La giurisprudenza di legittimità circa l’opponibilità della clausola compromissoria ed in merito all’impugnazione del lodo, in questa Rivista, 2021, n. 1, p. 198 ss., in particolare p. 203 [continua ..]


7. L’impugnazione: il lodo parziale

Il lodo parziale è immediatamente impugnabile, ai sensi dell’art. 827, comma 3, c.p.c., solo nel caso in cui, decidendo su una o più domande, abbia definito il giudizio relativamente ad esse, attesa l’esecutività che il lodo stesso può assumere in questa ipotesi; viceversa, l’immediata impugnabilità deve essere esclusa quando il lodo abbia deciso questioni preliminari di merito senza definire il giudizio (Cass., sez. I, n. 28190/2020, e, in senso conforme Cass., sez. II, n. 16963/2014, in fattispecie nella quale si trattava di decisione di mero rigetto di eccezione di prescrizione senza definizione del giudizio). Al fine di stabilire se si versi o meno in ipotesi di lodo che decide parzialmente il merito della controversia, come già ricordato in questa rivista, occorre avere riguardo alla verifica dell’esaurimento della funzione giurisdizionale dinanzi agli arbitri, di guisa che, con riguardo all’immediata impugnabilità, deve essere considerato un lodo parziale, nonostante la formulazione della norma di cui all’art. 827, comma 3, c.p.c., anche quello che, pur senza pervenire allo scrutinio del merito del giudizio, abbia comunque in parte esaurito la funzione decisoria devoluta al collegio arbitrale. In applicazione del principio di cui innanzi, Cass., sez. VI-I, n. 18507/2020, in linea con quanto statuito da Cass., S.U, n. 23463/2016, ha confermato la decisione d’inammissibilità del­l’impugnazione del lodo in quanto, con esso, gli arbitri si erano limitati a pronunziare sulle questioni pregiudiziali e preliminari, senza definire neppure in parte la controversia. Le citate Sezioni Unite, difatti, avevano già chiarito che alla stregua dell’art. 827, comma 3, c.p.c., è immediatamente impugnabile, perché parzialmente decisorio del merito della controversia, il lodo recante una condanna generica, ex art. 278 c.p.c., o che decida una o alcune domande proposte senza definire l’intero giudizio, ma non quello che decida questioni pregiudiziali (nella specie la validità della convenzione arbitrale) o preliminari [in merito, per il riferimento di cui nel testo, si veda, Antezza, op. ult. cit., p. 198 ss., in particolare p. 211 s.]. Nel solco interpretativo di cui innanzi Cass., sez. I, n. 32996/2022 ha infine ritenuto il lodo parziale immediatamente impugnabile, ai sensi del­l’art. 827, comma 3, c.p.c., [continua ..]


8. Il termine breve per l’impugnazione del lodo rituale

Ai fini della decorrenza del c.d. “termine breve” di cui all’art. 828 c.p.c., la disposizione contenuta nell’art. 816-bis, comma 1, ultima proposizione, dello stesso codice, deve essere interpretata nel senso che la notificazione del lodo arbitrale e quella della sua impugnazione possono farsi mediante consegna di tali atti alla parte personalmente e, in alternativa, al difensore eventualmente nominato dalla parte nel procedimento arbitrale definito dal lodo, senza che allo scopo assuma alcun rilievo l’eventuale elezione di domicilio presso il professionista fatta dalla parte. La notificazione alla parte, continua sul punto Cass., sez. I, n. 33140/2022, trova la sua ragione nella rilevante differenza fra procedimento arbitrale e processo avanti il giudice desumibile dal contenuto del medesimo art. 816-bis, comma 1, del codice di rito. Gli arbitri, infatti, non sono tenuti a seguire le norme processuali del giudizio avanti il giudice, atteso che spetta alle parti stabilire le norme che gli arbitri debbono osservare, e che, in difetto, gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio nel modo che ritengono più opportuno. Nel procedimento arbitrale, si aggiunge, non vige l’obbligatorietà del ministero del difensore, poiché il giudizio si svolge direttamente nei confronti delle parti, le quali hanno meramente la facoltà e non l’obbligo di avvalersi dell’assistenza di un difensore. Non può quindi ritenersi applicabile la norma che sancisce l’ese­cuzione di comunicazioni e notificazioni esclusivamente al procuratore costituito (art. 170 c.p.c.), poiché tale norma è necessariamente collegata all’ob­bligatorietà del ministero del difensore, non prevista nel procedimento arbitrale. La disposizione secondo cui “in ogni caso, il difensore può essere destinatario della comunicazione della notificazione del lodo” (che fra le parti ha gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria dalla data della sua ultima sottoscrizione ex art. 824-bis c.p.c.) “e della notificazione della sua impugnazione”, attribuisce validità anche alla notificazione di tali atti che sia fatta al difensore con procura della parte che ha partecipato al procedimento quale alternativa alla notificazione degli stessi alla parte personalmente. Ciò conferma la differenza [continua ..]


9. Impugnazione per nullità: oggetto e limiti

Il giudizio di impugnazione del lodo arbitrale ha ad oggetto unicamente la verifica della legittimità della decisione resa dagli arbitri non il riesame delle questioni di merito ad essi sottoposte, sicché, ribadisce Cass., sez. I, n. 32838/ 2022 (conformemente a quanto peraltro già confermato da Cass., sez. I, n. 19602 del 2020), l’accertamento in fatto compiuto dagli arbitri, qual è quello concernente l’interpretazione del contratto oggetto del contendere, non è censurabile nel giudizio di impugnazione del lodo, salvo che la motivazione sul punto sia completamente mancante o assolutamente carente (in senso conforme anche la precedente Cass., sez. I, n. 13511/2007). Parimenti, la valutazione dei fatti dedotti dalle parti nel giudizio arbitrale e delle prove acquisite nel corso del procedimento non può essere contestata per mezzo dell’impugnazione per nullità del lodo, in quanto rimessa alla competenza istituzionale degli arbitri. In tal senso Cass., sez. I, n. 27954/2022 (in merito all’art. 829 c.p.c. nel testo anteriore all’entrata in vigore delle modificazioni introdotte mediante il d.lgs. n. 40/2006) oltre che Cass., sez. I, n. 16553/2020 che, sul punto, è conforme anche alle precedenti Cass., sez. I, n. 13968/2011 e Cass., sez. I, n. 17097/2013. Per quest’ultima, peraltro, non è preclusa l’impugnazione del lodo per nullità con riguardo all’errore di diritto (nella specie, circa la qualificazione di un disciplinare come contratto c.d. quadro) concernente l’esistenza e gli effetti di un contratto per prestazioni professionali per le quali si nega il pagamento. Per la stessa ratio è stata altresì ritenuta non contestabile a mezzo dell’impugnazione per nullità del lodo arbitrale la mancata ammissione, da parte degli arbitri, di determinati mezzi di prova per la ritenuta inidoneità probatoria o superfluità di particolari fatti e circostanze per come articolati dal deducente, trattandosi di una valutazione negozialmente rimessa alla competenza istituzionale degli arbitri medesimi (Cass., sez. I, n. 23597/2006). [Per riferimenti alle citate statuizioni antecedenti al 2022 si veda Antezza, La Suprema Corte alle prese con clausola compromissoria, potestas iudicandi, arbitrato estero ed impugnazione del lodo, in questa Rivista, 2020, n. 2, p. 354 ss., in particolare p. 362].


10. L’impugnazione per contrarietà all’ordine pubblico

In tema di impugnazione del lodo per contrarietà all’ordine pubblico, deve escludersi che la decisione arbitrale possa essere impugnata per violazione del divieto del patto commissorio poiché il disposto dell’art. 2744 c.c., pur trattandosi di una norma imperativa, non esprime in sé un valore insopprimibile dell’ordinamento, ma è posto a tutela del patrimonio del contraente, tant’è che lo stesso legislatore ha previsto casi in cui tale divieto non si applica ex art. 6 del d.lgs. n. 170/2004. Nei termini di cui innanzi ha statuito Cass., sez. I, n. 27615/2022 muovendo dalla ratio del divieto del patto commissorio e dall’interpretazione del richiamo alla clausola dell’ordine pubblico in tema di arbitrato. Come già più volte affermato dalla Suprema Corte, il richiamo alla clausola dell’ordine pubblico, operato dall’art. 829, comma 3, c.p.c., deve essere interpretato come rinvio alle norme fondamentali e cogenti dell’ordinamento e non sottende una nozione “attenuata” di ordine pubblico, che comprende tutte le norme imperative esistenti (Cass., sez. II, n. 21850/2020 e Cass., sez. II n. 25187/2021). Tale soluzione si pone in piena coerenza con il dettato codicistico, che distingue tra contrarietà a norme imperative e contrarietà all’ordine pubblico (art. 1343 c.c.). In particolare, la nozione di ordine pubblico esprime quei principi etici, economici, politici e sociali che, in un determinato momento storico, caratterizzano l’ordinamento nei vari campi della convivenza sociale, i “valori di fondo” del sistema giuridico italiano, che trovano in larga parte espressione nella Carta costituzionale. Si tratta, in sintesi, di un complesso di norme e principi che esprimono interessi e valori generalizzati dell’intera collettività, dettati a tutela di interessi generali, per questo non derogabili dalla volontà delle parti né suscettibili di compromesso (così, con riferimento all’impugnazione del lodo pronunciato secondo equità, Cass., sez. I, n. 16755/2013 e Cass., sez. III, n. 4228/1999). In tale ottica, la giurisprudenza di legittimità ha di recente escluso che costituisca causa di nullità del lodo per contrasto con l’ordine pubblico la circostanza che l’arbitro abbia statuito circa il risarcimento del danno derivante da un contratto di [continua ..]


11. L’adesione all’eccezione di incompetenza

L’adesione all’eccezione di incompetenza arbitrale proposta dalla controparte determina l’immediata e definitiva caducazione del potere di giudizio in capo agli arbitri, i quali, conseguentemente, non possono più statuire sulla propria competenza, neppure nel caso in cui, prima della loro pronuncia, l’eccezione suddetta sia stata rinunciata (Cass., sez. I, n. 24689/2022).


12. Arbitrato irrituale e regolamento di competenza