Giurisprudenza Arbitrale - Rivista di dottrina e giurisprudenzaISSN 2499-8745
G. Giappichelli Editore

Competenza arbitrale e annullamento della delibera di esclusione del socio in virtù di clausola contrattuale nulla che prevedeva l'allontanamento di una persona dal nucleo familiare (di Emmanuele Serlenga)


Il presente scritto esamina il Lodo Arbitrale emesso in Milano il 26 ottobre 2021, con il quale è stata annullata una delibera di esclusione del socio dalla cooperativa adottata per non avere ottemperato ad una clausola che imponeva l’allontanamento di una persona e del proprio nucleo familiare dall’alloggio di proprietà della cooperativa ad occupato dal socio.

Il Collegio Arbitrale ha ritenuto tale clausola affetta da nullità per illiceità dell’oggetto in quanto contraria a norme imperative, pertanto inidonea a legittimare una delibera di esclusione del socio.

Oltre a ciò, il Collegio Arbitrale affronta la questione dell’idoneità della decisione arbitrale a scrutinare la nullità contrattuale e la delibera di esclusione del socio dalla cooperativa, nonché quella relativa alla distrazione delle spese legali nell’ambito del procedimento arbitrale.

Parole chiave: Competenza arbitrale, Nullità di clausola contrattuale, Allontanamento del nucleo familiare, Distrazione delle spese legali nel procedimento arbitrale.

Arbitration competence and annulment of the resolution of exclusion of the shareholder by virtue of a null contractual clause which provided for the removal of a person from the family unit

This paper examines the Arbitration Award issued in Milan on 26/10/2021, with which a resolution of exclusion of the member from the cooperative adopted for not having complied with a clause that required the removal of a person and his own family unit from housing owned by the cooperative to occupied by the member.

The Arbitration Board considered this clause to be null and void due to the illegality of the object as it is contrary to mandatory rules, therefore unsuitable for legitimizing a resolution for the exclusion of the shareholder.

In addition to this, the Arbitration Board addresses the question of the suitability of the arbitration decision to scrutinize the contractual nullity and the resolution of exclusion of the member from the cooperative, as well as that relating to the diversion of legal costs in the context of the arbitration procedure.

Keywords: Arbitration jurisdiction, Nullity of contractual clause, Removal of the family unit, Diversion of legal costs in the arbitration procedure.

MASSIME: La previsione dell’art. 36 d.lgs. n. 5/2003, relativo alle delibere assembleari, deve applicarsi non solo alle delibere dell’assemblea dei soci, di cui all’art. 2377 c.c., ma estensivamente anche alle delibere del consiglio di amministrazione, di cui all’art. 2388 c.c., dal momento che entrambe le tipologie di delibere sono impugnabili dal socio davanti all’autorità giudiziaria, in assenza di clausola compromissoria, e dovendo ritenersi una diversa e restrittiva interpretazione lesiva dei diritti del socio. (1) Nullità per illiceità dell’oggetto della delibera di esclusione del socio per non avere ottemperato al divieto di ospitalità previsto da scrittura privata in relazione ad una persona ed al suo nucleo familiare – Sussistenza. Il diritto di risiedere con la propria famiglia, ancorché di fatto, è un diritto incoercibile, non negoziabile, che non può subire compromissioni di alcun genere. Pertanto, la clausola che preveda l’obbligazione in capo a una persona di allontanare la propria compagna e madre del proprio figlio è affetta da nullità per contrasto a norme imperative, a partire da quelle di diritto internazionale e di rango costituzionale. (2) Applicabilità della distrazione delle spese al giudizio arbitrale – Sussistenza. Escludendo che si tratti di domanda propria, in relazione alla quale dovrebbe verosimilmente escludersi la possibilità di rientrare nell’oggetto della clausola compromissoria, l’istituto di cui all’art. 93 c.p.c. appare applicabile anche all’arbitrato. (3)  PROVVEDIMENTO (1-3): [omissis] 1. Oggetto del giudizio La decisione della presente controversia ha ad oggetto l’impugnazione della delibera consiliare adottata in data (omissis) con la quale al punto 7 (“Aggiornamento situazione socio”), sul presupposto della “persistente violazione al divieto di ospitalità per la signora (omissis) e del suo nucleo famigliare comunicata in data (omissis)” e del “mancato impegno preso con la scrittura privata del (omissis) di allontanare la signora (omissis) e il suo nucleo famigliare entro il (omissis), pur consapevole che il mancato rispetto avrebbe portato all’esclusione da socio e conseguente obbligo al rilascio dell’alloggio”, la (omissis) ha deciso l’esclusione del Socio (omissis). Posto che la delibera de qua individua l’unico motivo dell’esclusione nell’i­nadempimento da parte del Sig. (omissis) dell’obbligo assunto con scrittura (omissis) di allontanare dalla sua abitazione la Sig.ra (omissis) ed i suoi figli (il suo nucleo familiare), la valutazione circa la legittimità del provvedimento deve necessariamente includere quella sulla validità dell’accordo [●], sottoscritto fra il medesimo (omissis) e la (omissis), del quale [continua..]
SOMMARIO:

1. La competenza del Collegio Arbitrale sulla delibera di esclusione del socio di cooperativa - 2. La nullità della clausola che prevede il divieto di ospitalità in relazione a una persona ed al suo nucleo familiare - 3. L’applicabilità della distrazione delle spese di lite al giudizio arbitrale - NOTE


1. La competenza del Collegio Arbitrale sulla delibera di esclusione del socio di cooperativa

Il Lodo in commento ha affrontato preliminarmente la questione della competenza del Collegio Arbitrale a decidere sulle questioni di nullità della scrittura privata e del conseguente annullamento della delibera di esclusione del socio di cooperativa adottata dal consiglio di amministrazione della stessa. Il Collegio Arbitrale ha correttamente preso le mosse dal disposto della clausola compromissoria, ossia: «Qualsiasi controversia insorta tra i soci e la società o fra i soci tra di loro, che abbia ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, […] sono demandate ai sensi dell’art. 34 D.L. 17.01.2003 n. 5 alla decisione di un collegio arbitrale composto di 3 membri nominati su richiesta delle parti dal Presidente del Tribunale ove ha sede la società» che il Collegio ha ritenuto conforme al dettato normativo previsto dall’art. 34 del d.lgs. n. 5/2003. Pertanto, riguardando la controversia in oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, la sua devoluzione a Collegio Arbitrale rispetta pienamente l’art. 34. Il successivo art. 36, come noto, prevede che: «Anche se la clausola compromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equità ovvero con lodo non impugnabile, gli arbitri debbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma dell’articolo 829, secondo comma, del codice di procedura civile quando per decidere abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di delibere assembleari». Pertanto, il Lodo in esame prosegue attribuendo, sempre in maniera condivisibile, all’arbitrato de quo carattere di ritualità, essendone l’oggetto la validità o meno di una delibera del consiglio di amministrazione. Così il Collegio: «È infatti pacifico che la previsione dell’art. 36 in esame, relativo alle delibere assembleari, debba applicarsi non solo alle delibere dell’assemblea dei soci, di cui all’art. 2377 cod. civ., ma estensivamente anche alle delibere del consiglio di amministrazione, di cui all’art. 2388 cod. civ., dal momento che entrambe le tipologie di delibere sono impugnabili dal socio davanti all’autorità giudiziaria, in assenza di clausola compromissoria, e dovendo ritenersi una diversa e restrittiva interpretazione lesiva dei diritti del socio (in tal senso Cass. [continua ..]


2. La nullità della clausola che prevede il divieto di ospitalità in relazione a una persona ed al suo nucleo familiare

Il merito della vicenda era costituito dall’impugnazione della delibera consiliare adottata in data (omissis), con la quale al punto 7 («Aggiornamento situazione socio omissis»), sul presupposto della «persistente violazione al divieto di ospitalità per la signora e del suo nucleo famigliare comunicata in data (omissis)” e del «mancato impegno preso con la scrittura privata del (omissis) di allontanare la signora (omissis) e il suo nucleo famigliare entro il (omissis) pur consapevole che il mancato rispetto avrebbe portato all’esclusione da socio e conseguente obbligo al rilascio dell’alloggio», la (omissis) ha deciso l’e­sclusione del socio. Naturale antecedente logico della decisione è stabilire la validità o meno della clausola il cui inadempimento ha dato origine all’esclusione, ossia, per l’appunto, dell’obbligo di allontanare dalla sua abitazione la Sig.ra (omissis) ed i suoi figli, cioè il nucleo familiare del socio escluso. La difesa di parte convenuta ha impostato le proprie difese imperniandole su una serie di condotte ascrivibili alla compagna del socio, che però, ed è il primo dei nodi sciolti correttamente dal Collegio, non sono attinenti alla causa, in quanto in realtà l’unica motivazione posta alla base dell’esclusione del socio. Ne consegue che oggetto dell’indagine non può essere altro che la liceità di una siffatta tipologia di clausola. Come impeccabilmente stabilito dal Lodo in commento, la risposta non può che essere negativa, ancorché il nucleo familiare che sarebbe stato oggetto di divisione in ossequio alla predetta clausola, configurasse una famiglia di fatto. Come noto, tale istituto affonda le proprie solide radici già negli artt. 2 [2] e 3 della nostra Carta Fondamentale, i quali presidiano, rispettivamente, le formazioni sociali ove si svolge la personalità dell’Uomo ed il principio di uguaglianza [3]. Nei decenni successivi infatti, il nostro Giudice di legittimità costituzionale ha utilizzato queste due norme, specialmente l’art. 2, per assicurare copertura giuridica alle c.d. famiglie di fatto, seguito sia dalla giurisprudenza di legittimità [4] che da quella di merito [5]. Tra le dirette emanazioni del principio di uguaglianza figura l’art. 30 Cost., che sancisce, per [continua ..]


3. L’applicabilità della distrazione delle spese di lite al giudizio arbitrale

L’ultima delle questioni scrutinate dal Lodo oggetto del presente commento attiene all’applicabilità all’arbitrato della distrazione delle spese di lite di cui all’art. 93 c.p.c. richieste da parte attrice nel proprio atto introduttivo. Come noto, la norma codicistica dispone che: «Il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate». Si tratta, evidentemente, di una deroga a quanto previsto dalla regola generale prevista dall’art. 8 del d.P.R. n. 115/2002, secondo cui le spese anticipate ed i compensi dagli avvocati sono sempre sostenuti dalla parte rappresentata, la quale, in caso di esito vittorioso della lite, può ottenerne il rimborso ai sensi dell’art. 91 c.p.c. Tale deroga è finalizzata a concedere al difensore di non fare anticipare somme al cliente, ponendole, in caso di esito favorevole, direttamente in capo alla parte soccombente. Costituisce canone ermeneutico vigente che: «In virtù del provvedimento di distrazione delle spese processuali in favore dei difensori con procura della parte vittoriosa (art. 93 cod. proc. civ.), s’instaura, fra costui e la parte soccombente, un rapporto autonomo rispetto a quello fra i contendenti che, nei limiti della somma liquidata dal giudice, si affianca a quello di prestazione d’opera professionale fra il cliente vittorioso ed il suo procuratore. Ne deriva che il difensore distrattario è l’unico legittimato ad intimare il precetto di pagamento dell’importo delle spese e degli onorari» [7]. Il Collegio Arbitrale ha dapprima individuato il nodo da sciogliere, ossia: qualora la domanda di distrazione delle spese di lite avesse posseduto carattere autonomo, non sarebbe stato possibile il suo accesso in un giudizio arbitrale in quanto non coperta da alcuna clausola compromissoria; diversamente, qualora invece la si fosse considerata una richiesta incidentale immanente alla domanda principale, la soluzione al quesito sarebbe stata positiva. Il Collegio ha, giustamente a nostro avviso, preferito la seconda opzione, imperniando il proprio ragionamento sull’assenza in capo all’istanza di distrazione delle spese di alcuna delle caratteristiche della domanda giudiziale, ivi comprese le preclusioni, [continua ..]


NOTE