Tra la fine del 2019 ed il primo semestre del 2020 la Suprema Corte ha ulteriormente chiarito i criteri interpretativi della clausola compromissoria (anche in ragione della causa petendi contrattuale), ribadendo altresì i rapporti tra essa ed il contratto preliminare oltre che le differenze tra arbitrato, arbitraggio e perizia contrattuale (quest’ultima anche in relazione all’assicurazione contro i danni). Sono stati altresì ulteriormente delimitati i confini dell’arbitrato irrituale, in relazione all’attività della Pubblica Amministrazione, oltre che i rapporti tra quello rituale e la Concessione di pubblici servizi (in particolare circa validità della clausola compromissoria e questioni di giurisdizione), senza tralasciare la decadenza in ordine alla domanda di arbitrato nella materia dell’appalto di opere pubbliche ed in relazione alla risoluzione per inadempimento. Individuati i limiti dell’impugnabilità del lodo rituale in materia di lavoro privato, la Suprema Corte ha trattato della Giurisdizione del G.A., con particolare riferimento alla natura della relativa questione (se di giurisdizione in senso tecnico o di merito attinente alla validità della convezione d’arbitrato), chiarendo i confini del giudizio di legittimità oltre che esplicitando i rapporti con il G.A., circa il conflitto negativo di competenza. È stata infine trattata la tematica della declinatoria di competenza in favore di arbitri, con particolare riferimento al regolamento di competenza ed al potere della Suprema Corte di dichiarare d’ufficio l’improponibilità dell’azione.
Between the end of year 2019 and the first semester of year 2020, the Supreme Court has further clarified the interpretation rules concerning the arbitration clause (also in light the specific causa petendi of the relevant contract) and has restated the grounds of the relation between such clause and a preliminary agreement and the differences between arbitration, determination by a third party of the object of the contract (arbitraggio) and independent expert dispute resolution clause (perizia contrattuale) (with a focus also on insurance liability). The Supreme Court has also identified limits and perimeter of application of informal arbitration (arbitrato irrituale) with respect to the activities of the public authorities and the connection between formal arbitration (arbitrato rituale) and public service delegation (concessione di pubblico servizio) (specifically in relation to the validity of an arbitration clause (clausola compromissoria) attached thereto and to the connected jurisdiction conflicts). It has also addressed the issue relating to the forfeiture of the right to file an arbitration in the field of public procurements in consequence of a termination for breach of contract. In addition, the Supreme Court has specified terms and conditions for the challenge of an arbitration award relating to private employment controversies and has dealt with the qualification of jurisdiction of the administrative courts (that could be interpreted as an issue of proper jurisdiction (giurisdizione in senso tecnico) or as jurisdiction with respect to validity of the arbitration clause (giurisdizione di merito), by clarifying the limits of the judgment on procedure (giudizio di legittimità) and the relation with the administrative courts with respect to the declination of jurisdiction conflict (conflitto negativo di competenza).
Eventually, the Court has addressed the declination of jurisdiction in favour of the arbitrators, with a focus on the jurisdiction claim (regolamento di competenza) on the possibility of the Supreme Court to declare ex officio the inadmissibility (improponibilità) of the proceeding.
1. Premessa - 2. Clausola compromissoria: interpretazione in ragione della causa petendi contrattuale - 3. Autonomia della clausola compromissoria e contratto preliminare - 4. Arbitrato, arbitraggio, perizia contrattuale e assicurazione contro i danni - 5. Pubblica Amministrazione e arbitrato - 6. Segue: P.A. e arbitrato irrituale - 7. Concessione di pubblici servizi e arbitrato rituale: validità della clausola compromissoria e questioni di giurisdizione - 8. Appalto di opere pubbliche, risoluzione, domanda di arbitrato e decadenza - 9. Arbitrato irrituale in materia di lavoro privato e impugnabilità del lodo - 10. Giurisdizione del G.A., questione di giurisdizione in senso tecnico o di merito attinente alla validità della convezione d’arbitrato: poteri del Giudice di legittimità - 11. Segue: rapporti con il G.A. e ammissibilità del conflitto negativo di competenza - 12. Declinatoria di competenza in favore di arbitri, regolamento di competenza e potere della Suprema Corte di dichiarare d’ufficio l’improponibilità dell’azione
Tra la fine del 2019 ed il primo semestre del 2020 la Suprema Corte ha ulteriormente chiarito i criteri interpretativi della clausola compromissoria (anche in ragione della causa petendi contrattuale), ribadendo altresì i rapporti tra essa ed il contratto preliminare oltre che le differenze tra arbitrato, arbitraggio e perizia contrattuale (quest’ultima in relazione all’assicurazione contro i danni). Sono stati altresì ulteriormente delimitati i confini dell’arbitrato irrituale, in relazione all’attività della Pubblica Amministrazione, oltre che i rapporti tra quello rituale e la Concessione di pubblici servizi (in particolare circa validità della clausola compromissoria e questioni di giurisdizione), senza tralasciare la decadenza in ordine alla domanda di arbitrato nella materia dell’appalto di opere pubbliche ed in relazione alla risoluzione per inadempimento. Individuati i limiti dell’impugnabilità del lodo rituale in materia di lavoro privato, la Suprema Corte ha trattato della Giurisdizione del G.A., con particolare riferimento alla natura della relativa questione (se di giurisdizione in senso tecnico o di merito attinente alla validità della convezione d’arbitrato), chiarendo i confini del giudizio di legittimità oltre che esplicitando i rapporti con il G.A., circa il conflitto negativo di competenza. È stata infine trattata la tematica della declinatoria di competenza in favore di arbitri, con particolare riferimento al regolamento di competenza ed al potere della Suprema Corte di dichiarare d’ufficio l’improponibilità dell’azione.
La clausola compromissoria, in mancanza di espressa volontà contraria, deve essere interpretata nel senso di ascrivere alla competenza arbitrale tutte le controversie che si riferiscono a pretese aventi la causa petendi nel contratto cui essa è annessa (ex plurimis: Cass., sez. VI-III, n. 4035 del 2017; Cass., sez., VI-I, n. 20673 del 2016, e Cass., sez. II, n. 1674 del 2012). Sicché, per Cass., sez. VI-III, n. 3523 del 2020, ove tale clausola sia stata inserita nell’atto di cessione ad una società delle quote di capitale di una s.r.l., in seguito sottoposte a sequestro nell’ambito di una misura di prevenzione, spetta all’Autorità giudiziaria e non agli arbitri la cognizione della controversia, relativa al successivo accordo con il quale i precedenti titolari delle quote in questione e l’Amministrazione giudiziaria interessata hanno assunto, in favore delle due società coinvolte nel menzionato atto, un obbligo di garanzia di alcuni crediti specificamente indicati. In particolare, è esclusa l’esistenza di una fonte legale di responsabilità dei venditori delle dette quote poiché anche nella società semplice l’art. 2290 c.c., nel prevedere una siffatta responsabilità verso i terzi per le obbligazioni sociali anteriori alla cessione, non la estende nei confronti della società o dei cessionari, salvo che una simile garanzia non sia stata pattuita. La Suprema Corte fa esplicita applicazione della costante giurisprudenza di legittimità per la quale la clausola compromissoria, che si riferisce genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui inerisce, in mancanza di espressa volontà contraria, deve essere interpretata nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le controversie che si riferiscono a pretese aventi la loro causa petendi nel contratto medesimo. Essa chiarisce che, in ragione della circostanza per la quale il deferimento di una controversia al giudizio degli arbitri comporta una deroga alla giurisdizione dell’Autorità giudiziaria, la clausola compromissoria deve essere espressa in modo chiaro ed univoco con riguardo alla precisa determinazione dell’oggetto delle future controversie e, in caso di dubbio in ordine all’interpretazione della portata della clausola compromissoria, deve preferirsi un’interpretazione restrittiva di essa e affermativa [continua ..]
La clausola compromissoria contenuta in un preliminare di compravendita sopravvive alla sua mancata riproduzione nel contratto definitivo, trattandosi di negozio autonomo ad effetti processuali, avente funzione distinta dal contratto preliminare cui accede; ne consegue che le parti possono porla nel nulla solo mediante una manifestazione di volontà specificamente diretta a tale effetto. Cass., sez. VI-II, n. 1439 del 2020, ribadisce in particolare che la clausola compromissoria costituisce un contratto ad effetti processuali a sé stante, sia rispetto al contratto in cui sia inserita sia rispetto al contratto successivo che costituisca attuazione degli obblighi assunti con il primo negozio (ex plurimis: Cass., sez. I, n. 17711 del 2014; Cass., sez. I, n. 8868 del 2014; Cass., sez. II, n. 25024 del 2013; Cass., sez. I, n. 22608 del 2011; Cass., sez. I, n. 2529 del 2005; Cass., sez. I, n. 8376 del 2000; Cass., sez. I, n. 2011 del 1990; Cass. S.U., n. 3989 del 1977). Tale principio trova conferma nell’art. 808, comma 3, c.p.c. (come novellato dalla legge n. 25 del 1994), per il quale la validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale essa si riferisce (ex plurimis: Cass., sez. III, n. 4842 del 2000; Cass., sez. I, n. 9162 del 1995). Sicché, proprio in ragione di tale autonomia, «la clausola contenuta nel preliminare non viene meno per effetto della … conclusione del definitivo», a prescindere dalla sua mancata riproduzione in tale ultimo contratto, rilevando, ai fini della sua operatività, che la specifica controversia rientri tra quelle che le parti abbiano inteso rimettere al giudizio degli arbitri. In senso inverso, la citata statuizione del 2020, non ritiene risolutivo il richiamo all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il contratto definitivo, una volta stipulato, costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni assunte dalle parti, poiché ciò vale per il rapporto sostanziale (nella specie di compravendita), ossia per l’assetto che le parti abbiano dato ai propri interessi mediante il definitivo, non anche per il distinto rapporto scaturente dal negozio compromissorio (in questi esatti termini, anche Cass., sez. I, n. 22608 del 2011). Diversamente, l’efficacia della clausola compromissoria verrebbe posta automaticamente nel nulla alla stipula definitivo, in pregiudizio della sua [continua ..]
Nell’assicurazione contro i danni, la previsione della perizia contrattuale, rendendo inesigibile il diritto all’indennizzo fino alla conclusione delle operazioni peritali, sospende fino a tale momento la decorrenza del relativo termine di prescrizione ex art. 2952, comma 2, c.c., sempre che, tuttavia, il sinistro sia stato denunciato all’assicuratore entro il termine di prescrizione del diritto all’indennizzo, decorrente dal giorno in cui si è verificato, in questo modo potendosi attivare la procedura di accertamento del diritto ed evitandosi che la richiesta del menzionato indennizzo sia dilazionata all’infinito (Cass., sez. III, n. 3961 del 2012). Proprio in applicazione del detto principio, Cass., sez. VI-III, n. 8973 del 2020 ha cassato la pronuncia di merito che, nonostante il sinistro fosse stato denunciato entro il termine – ratione temporis vigente – di un anno dalla relativa verificazione, aveva ritenuto prescritto il diritto all’indennizzo sul presupposto che la dichiarazione di volersi avvalere della procedura arbitrale fosse stata fatta dall’assicurato oltre un anno dopo la suddetta denuncia, senza tener conto dell’effetto sospensivo determinato dalla previsione della perizia contrattuale. Sovviene dunque la tradizionale distinzione tra arbitrato, arbitraggio e perizia contrattuale. Con la clausola di arbitraggio, inserita in un negozio incompleto in uno dei suoi elementi, le parti demandano ad un terzo (arbitratore) la determinazione della prestazione, impegnandosi ad accettarla. Il terzo arbitratore, a meno che le parti si siano affidate al suo “mero arbitrio”, deve procedere con equo apprezzamento alla determinazione della prestazione, adottando cioè un criterio di valutazione ispirato all’equità contrattuale, che in questo caso svolge una funzione di ricerca in via preventiva dell’equilibrio mercantile tra prestazioni contrapposte e di perequazione degli interessi economici in gioco. Pertanto l’equo apprezzamento si risolve in valutazioni che, pur ammettendo un certo margine di soggettività, sono ancorate a criteri obbiettivi, desumibili dal settore economico nel quale il contratto incompleto si iscrive, in quanto tali suscettibili di dare luogo ad un controllo in sede giudiziale circa la loro applicazione nel caso in cui la determinazione dell’arbitro sia viziata da iniquità o erroneità manifesta. [continua ..]
Con riferimento all’attività delle Pubblica Amministrazione, nel periodo in considerazione, come detto, sono stati altresì ulteriormente delimitati i confini dell’arbitrato irrituale oltre che scandagliati i rapporti tra quello rituale e la Concessione di pubblici servizi (in particolare circa validità della clausola compromissoria e questioni di giurisdizione), senza tralasciare la decadenza in ordine alla domanda di arbitrato nella materia dell’appalto di opere pubbliche ed in relazione alla risoluzione per inadempimento.
La Pubblica Amministrazione non può avvalersi, per la risoluzione delle controversie derivanti da contratti conclusi con privati (nella specie, transazione relativa a contratto di affitto agrario), dell’arbitrato irrituale (o libero) poiché, in tal modo, il componimento della vertenza verrebbe ad essere affidato a soggetti (gli arbitri irrituali) che, oltre ad essere individuati in difetto di qualsiasi procedimento legalmente determinato e, pertanto, senza adeguate garanzie di trasparenza e pubblicità della scelta, sarebbero pure destinati ad operare secondo modalità parimenti non predefinite e non corredate dalle dette garanzie. Come già affermato in sede di legittimità, difatti, Cass., sez. III, n. 7759 del 2020 ribadisce che benché la P.A., nel suo operare negoziale, si trovi su un piano paritetico a quello dei privati, ciò non significa che vi sia una piena ed assoluta equiparazione della sua posizione a quella del privato, poiché l’Amministrazione è comunque portatrice di un interesse pubblico cui il suo agire deve in ogni caso ispirarsi (ex plurimis: Cass. S.U., n. 8987 del 2009, e successive conformi, tra le quali Cass., sez. VI-I, n. 28533 del 2018, per la quale è valida la clausola compromissoria di deferimento ad arbitri della soluzione della controversia riguardante contratti stipulati tra la P.A. e terzi purché si verta in tema di diritti disponibili e non di interessi legittimi, l’arbitrato abbia carattere rituale e sia escluso il potere di decidere secondo equità). In applicazione del principio la citata statuizione del 2020 ritiene invalida l’apposta clausola di arbitrato in quanto, nella specie, irrituale, essendo stata agli arbitri affidata la soluzione della controversia unicamente su base negoziale, mediante una composizione amichevole riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si sono impegnate a considerare la decisione arbitrale come espressione della loro Volontà. L’arbitrato rituale, invece, poggia anch’esso su un’originaria manifestazione di volontà negoziale delle parti, ed ha perciò anch’esso natura privata, ma è destinato a svolgersi con l’osservanza del regime formale del procedimento arbitrale, e comporta che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti previsti dal codice di rito. Come [continua ..]
In tema di concessioni di pubblici servizi, per Cass. S.U., n. 33691 del 2019, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto successiva all’aggiudicazione, ivi comprese le questioni inerenti agli adempimenti ed alle relative conseguenze indennitarie (nella specie, le domande aventi ad oggetto il pagamento delle indennità e dei corrispettivi per la gestione del servizio e la risoluzione per eccessiva onerosità della convenzione), sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, venendo in discussione il profilo paritario e meramente patrimoniale del rapporto concessorio e non già l’esercizio di poteri autoritativi della pubblica amministrazione, sicché possono essere compromesse in arbitrato rituale. Nella giurisprudenza delle Sezioni Unite è ormai acquisito il principio secondo cui, anche in tema di concessioni di servizi pubblici, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto, sia se implicanti la costruzione (e gestione) dell’opera pubblica, sia se non collegate all’esecuzione di un’opera, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, al quale spetta di giudicare sugli adempimenti e inadempimenti (e sui relativi effetti) con indagine diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell’Amministrazione e del concessionario, nonché di valutare, in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione delle somme dovute (Cass. S.U., n. 32728 del 2018). Alla giurisdizione del giudice ordinario, infatti, sono riservate le controversie riguardanti “indennità, canoni ed altri corrispettivi”, alle quali appartengono quelle relative alla fase esecutiva (anche) dei rapporti di concessione di pubblico servizio, ivi comprese le questioni inerenti agli adempimenti e alle relative conseguenze indennitarie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti che si colloca a valle dell’esercizio del potere di cui è espressione la fase costitutiva del rapporto di impronta pubblicistica, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui la P.A. eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge e impugnati dal privato (Cass. S.U., n. 18267 del 2019). Ipotesi quest’ultima non configurabile rispetto alle domande di risoluzione per inadempimento o, come nella fattispecie di cui alla citata Cass. S.U., n. 33691 del [continua ..]
In tema di appalto di opere pubbliche, ogni qualvolta si faccia questione della risoluzione del contratto per inadempimento dell’appaltante (o, in generale, dell’invalidità del contratto o della sua estinzione), la relativa domanda, arbitrale (o giudiziaria), non è soggetta alla decadenza prevista per l’inosservanza dell’onere della riserva, sussistente solo con riferimento alle pretese dell’appaltatore che si riflettono sul corrispettivo a lui dovuto. Quanto innanzi, tuttavia, ribadisce Cass., sez. III, n. 8517 del 2020, non esclude che – ove il prospettato inadempimento consista nell’illegittima disposizione o protrazione della sospensione dei lavori – assuma rilievo la mancata contestazione, da parte dell’appaltatore, dei presupposti giustificativi del provvedimento nel verbale di sospensione ovvero di ripresa dei lavori (a seconda del carattere originario o sopravvenuto delle ragioni di illegittimità e del tempo in cui l’appaltatore ha potuto averne consapevolezza), ai fini della verifica (non già della decadenza, bensì) della gravità dell’inadempimento del committente, che deve essere tale da giustificare la risoluzione del contratto (in senso conforme anche Cass., sez. I, n. 19531 del 2014, e Cass., sez. I, n. 388 del 2006). Più in generale, in materia di arbitrato ed appalto di opere pubbliche, la Suprema Corte si è già occupata della preventiva autorizzazione amministrativa quale clausola di efficacia, oltre che dell’arbitrato c.d. amministrato di lavori pubblici e disciplina transitoria. La preventiva autorizzazione amministrativa dell’arbitrato, prevista dall’art. 1, comma 25, della legge 6 novembre 2012, n. 190 per gli appalti pubblici conclusi prima dell’entrata in vigore della legge (28 novembre 2012), in particolare, costituisce una clausola di efficacia che non può identificarsi con la delibera mediante la quale sia stato approvato il contratto contenente la clausola compromissoria, dovendo essa rinvenirsi in atti con i quali la P.A. abbia manifestato, con riferimento ad una controversia specificamente individuata, la volontà di avvalersi della clausola arbitrale. Nei termini di cui innanzi ha pronunciato Cass., sez. I, n. 13410 del 2019, argomentando, in forza di quanto statuito da Corte cost., n. 108/2015, dalla circostanza per la quale il [continua ..]
Nelle procedure di arbitrato irrituale in materia di lavoro privato, il lodo non è impugnabile nelle forme e nei modi ordinari ma, ai sensi dell’art. 412 quater c.p.c., in unico grado innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro, la cui sentenza è ricorribile in cassazione. Ne consegue l’inammissibilità dell’eventuale impugnazione in appello e, trattandosi di incompetenza per grado, la non operatività del principio in forza del quale la decadenza dalla impugnazione è impedita dalla proposizione del gravame ad un giudice incompetente. Nei termini di cui statuisce innanzi Cass., sez. IV, n. 10988 del 2020 (sostanzialmente ribadendo Cass., sez. IV, n. 19182 del 2013), la quale premette che la differenza tra l’arbitrato rituale e quello irrituale – aventi entrambi natura privata – va ravvisata nel fatto che nell’arbitrato rituale, le parti mirano a pervenire ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art. 825 c.p.c., con l’osservanza delle regole del procedimento arbitrale, mentre nell’arbitrato irrituale esse intendono affidare all’arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà (ex plurimis: Cass., sez. IV, n. 19182 del 2013; Cass., sez. I, n. 7574 del 2011; Cass., sez. II, n. 21585 del 2009). Prosegue la citata statuizione del 2020 nell’evidenziare che, nella specie, trattasi di lodo irrituale, secondo quanto accertato dalla Corte territoriale (con qualificazione incensurata) e che, inoltre, le procedure arbitrali riguardanti controversie di lavoro privato – sia che siano previste dalla legge che dalla contrattazione collettiva o nelle clausole compromissorie inserite nello statuto e nei regolamenti federali delle Federazioni sportive – nonché quelle concernenti controversie in materia di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego contrattualizzato – a decorrere dalla vigenza dell’art. 59 bis del d.lgs. n. 20 del 1993 operante a far data dalla stipulazione del primo contratto collettivo di settore [continua ..]
La non deferibilità della controversia al giudizio arbitrale, per essere la stessa devoluta alla giurisdizione di legittimità o esclusiva del giudice amministrativo, non dà luogo ad una questione di giurisdizione in senso tecnico, bensì ad una questione di merito attinente alla validità del compromesso o della clausola compromissoria, nell’ambito delle previsioni di cui all’art. 829, n. 1, c.p.c. Sicché, ribadisce Cass., sez. I, n. 7405 del 2020, ponendosi la questione di giurisdizione solo in funzione di tale accertamento, essa non può essere sollevata in ogni stato e grado del processo con il solo limite del giudicato interno, esplicito o implicito, ma, trattandosi di una questione di merito, può essere sottoposta all’esame del giudice di legittimità solo se sia stata dibattuta e decisa come motivo di nullità del lodo (si vedano, ex plurimis: Cass. S.U., n. 17205 del 2003; Cass. S.U., n. 9070 2003; Cass. S.U., n. 7858 del 2011). La mancata impugnazione su esistenza e validità della clausola arbitrale, nella valutazione comunque diffusamente e pianamente condotta dal giudice amministrativo, nella fattispecie al vaglio della citata statuizione del 2020, ha determinato la vincolatività con efficacia di giudicato di quell’accertamento tra le parti, la cui natura di merito rileva nel successivo e distinto giudizio arbitrale.
Sempre in merito ai rapporti con il G.A. le Sezioni Unite hanno già statuito in ordine ad alla questione dell’ammissibilità del conflitto negativo di competenza sollevata dal G.A. in sede di riassunzione all’esito di lodo arbitrale di declinatoria della giurisdizione. È stato in particolare ritenuto ammissibile il conflitto negativo di giurisdizione sollevato dal G.A., innanzi al quale la causa era stata riassunta a seguito di un lodo arbitrale di declinatoria della giurisdizione, fondata sulla ritenuta giurisdizione esclusiva del detto Giudice ex art. 133, comma 1, lettera e), n. 2, del d.lgs. n. 104 del 2010, senza alcun rilievo dell’omessa riproposizione della questione di giurisdizione mediante l’impugnazione del lodo ad opera delle parti (Cass. S.U., n. 1251 del 2019). Nell’ipotesi di deferimento a collegio arbitrale, mediante convenzione stipulata nella vigenza dell’art. 6, comma 2, della legge n. 205 del 2000, di controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione esclusiva del G.A., si pone invece una questione di rapporto tra le differenti giurisdizioni, ordinaria e speciale, e non una questione di merito circa la validità della compromissione in arbitrato della controversia. Pertanto, per Cass. S.U., n. 27847 del 2019, deve essere applicato, ai sensi dell’art. 5 c.p.c., il sopravvenuto art. 12 del d.lgs. n. 104 del 2010, che generalizza la possibilità di risolvere mediante arbitrato rituale le predette controversie, con conseguente ravvisabilità della giurisdizione ordinaria degli arbitri.