Nel lodo in commento, recependo quanto statuito nella propria precedente ordinanza (altresì commentata), l’arbitro unico si pronuncia su alcune questioni tecnico-processuali relative alla costituzione in giudizio del convenuto, sancendo: la qualificazione in termini di mera ordinatorietà dei termini processuali stabiliti per la costituzione in giudizio e per la proposizione di istanze istruttorie; la sanabilità ad libitum del difetto di assistenza legale e, comunque, l’inapplicabilità della disciplina dettata dal codice di rito alla procura alle liti rilasciata per l’arbitrato; l’inammissibilità della chiamata di terzo in caso di disaccordo delle parti o del terzo ovvero in caso di dissenso degli arbitri.
In the award at issue, by reference to the previous interim award rendered, the sole arbitrator decided upon some technical and procedural matters relating to the filing of the statement of defense, holding that: the time-bars for the defendant to send its defenses and to raise its requests for admission of evidence are non-mandatory; the initial lack of legal assistance can be remedied and, in any case, the power of attorney conferred for arbitration is not subject to the discipline set out by the Italian Code of Civil Procedure; the joinder of third parties is not admissible unless all parties agree and the arbitrators consent to it.
Keywords: Administered arbitration, Time-limits, Foreclosure, Power of attorney, Lack of legal assistance, Third-party joinder
Articoli Correlati: arbitrato amministrato - termini processuali - preclusione - decadenza - procura alle liti - difetto di assistenza - chiamata di terzo
1. Il caso di specie - 2. Conferimento e modalità di trasmissione della procura alle liti, difetto di assistenza e cenni alla difesa tecnica nell’arbitrato - 3. Termini processuali, decadenze e preclusioni nel Regolamento della Camera Arbitrale Piemonte e nell’arbitrato in generale - 4. La chiamata del terzo (cenni) - NOTE
Nel caso al vaglio dell’arbitro unico Tizia, promittente venditrice di un immobile sito in Biella, depositava presso la Camera Arbitrale del Piemonte e notificava, in data 22 ottobre 2018, a Caio e Sempronia, promissari acquirenti, domanda di arbitrato rapido, per veder accertati il proprio diritto a recedere dal contratto preliminare di compravendita stipulato con i convenuti e, per l’effetto, a trattenere la caparra da questi versata [1]. Con la stipulazione del contratto, infatti, le parti si erano impegnate a deferire in arbitrato “tutte le controversie derivanti dal presente contratto […] in conformità al regolamento della Camera Arbitrale del Piemonte […] ed al quale fanno rinvio anche per le norme procedurali in esso stabilite, che si intendono quindi dettate dalle parti stesse, per gli effetti di cui all’art. 832 e 816-bis c.p.c.”. Ricevuta la notificazione avversaria, in data 2 novembre 2018, il presunto difensore depositava presso la Camera Arbitrale e trasmetteva via pec all’avvocato della parte attrice l’atto di risposta, unitamente alla procura alle liti ed ai documenti con esso prodotti, ed ivi formulando domanda riconvenzionale, istanze istruttorie per l’assunzione di prove costituende (segnatamente, prova per testi e consulenza tecnica d’ufficio) e, infine, istanza per l’autorizzazione alla chiamata in garanzia di un terzo (i.e. la titolare dell’agenzia immobiliare). Con successiva memoria di replica, il procuratore della parte attrice rilevava due criticità con riguardo all’atto di costituzione avversario, e segnatamente che: (i) la procura speciale alle liti conferita da Caio e Sempronia in relazione al contenzioso arbitrale non risultava apposta “in calce” al file della risposta, bensì era stata allegata come file separato; (ii) sia la procura alle liti, sia l’atto di risposta risultavano peraltro sottoscritti digitalmente da un avvocato diverso da quello indicato nella procura medesima. Su tali basi, eccepiva quindi l’inammissibilità delle domande svolte dai convenuti per carenza di ius postulandi (in capo tanto all’avvocato che aveva sottoscritto i files, quanto all’avvocato in delega). Pertanto, in data 16 gennaio 2019, il difensore delle parti convenute depositava nuovamente i files della risposta e della procura, sottoscritti [continua ..]
L’arbitro unico, nel pronunciarsi preliminarmente sull’“eccezione preliminare di inammissibilità della domanda [dei convenuti] per inesistenza dello jus postulandi svolta dall’attrice nella propria replica” – seconda, ma logicamente prima, questione affrontata – ha (correttamente) propeso per il suo rigetto, spendendo la seguente, sintetica motivazione. Si è infatti limitata a rilevare che: (i) il Regolamento per la Camera Arbitrale del Piemonte (di seguito, “il Regolamento”) non contiene alcuna previsione tesa a disciplinare le modalità di invio o le caratteristiche intrinseche della procura ad litem; (ii) in ogni caso, l’invio della procura alle liti quale file separato rispetto all’atto cui si riferisce, ma con la medesima comunicazione pec recante il file dell’atto (rectius: del procedimento) per cui è conferita, “sgombera ogni dubbio in ordine alla riferibilità della procura alla comparsa di costituzione de qua”; (iii) ferma restando la (implicitamente riconosciuta) iniziale carenza di ius postulandi in capo al primo avvocato – non in delega – che aveva sottoscritto l’atto di risposta con il primo invio, “per l’effetto del secondo invio […] deve riconoscersi in capo agli avvocati dei convenuti lo ius postulandi” e dunque sanato l’originario difetto di assistenza. Nel fornire tale (pur condivisibile) motivazione, l’arbitro unico ha tuttavia “dato per scontati” alcuni passaggi, quali la completa individuazione del parametro normativo di riferimento, certamente necessaria ai fini della decisione, ed inoltre particolarmente utile, visto l’acceso dibattito sull’applicabilità ai procedimenti arbitrali della disciplina codicistica sulla procura alle liti [2]. Innanzitutto, l’invio della procura alle liti trova disciplina all’interno del Regolamento, come si evince dal combinato disposto degli artt. 12.3, 12.2 e 9.1. Più precisamente, con riferimento alla “risposta del convenuto”, all’art. 12.3 si legge che “la Risposta contiene […] la procura conferita al difensore”; all’art. 12.2 si precisa che “la Risposta viene comunicata e scambiata ad onere di parte convenuta nelle modalità indicate all’art. 9.1”; giusta l’art 9.1. cui l’art. 12.2 rinvia, [continua ..]
Ritenuto pienamente sanato il difetto di ius postulandi e conseguentemente ammissibile la costituzione dei convenuti, l’arbitro unico si è rivolta a dirimere la sollevata eccezione di “improduttività di effetti dell’atto di risposta e conseguente decadenza dalle richieste istruttorie”, dovendo dunque interrogarsi in ordine alla perentorietà dei termini processuali stabiliti dal Regolamento e all’esistenza di eventuali decadenze o preclusioni. Giova a questo punto ricordare che, come evidenziato in premessa, i convenuti si costituivano “validamente” – dovendosi pacificamente riconoscere l’inesistenza del precedente deposito e scambio dell’atto di risposta a mezzo difensore sprovvisto di procura in data 2 novembre 2018 – in data 16 gennaio 2019, e cioè quasi 90 giorni dalla notificazione della domanda di arbitrato in data 22 ottobre 2018. Ad avviso dell’attrice, tale costituzione in giudizio sarebbe risultata tardiva, essendo intervenuta oltre il termine di 15 giorni dettato dall’art. 22.1 del Regolamento, in forza del quale “entro 15 giorni dal ricevimento della Domanda, il Convenuto deve comunicare e scambiare la sua Risposta secondo le modalità di cui all’art. 9.1”. Per l’effetto, avrebbero dovuto dichiararsi inammissibili le “domande” contenute nell’atto di risposta, in esse potendosi ragionevolmente ricomprendere tanto le istanze istruttorie, quanto la domanda riconvenzionale e la chiamata di terzo. Nel disattendere tale eccezione, invece, l’arbitro unico ha così motivato. In primo luogo, ha affermato che, nel Regolamento, “non [sarebbe] previsto un termine perentorio per la costituzione del convenuto in giudizio” – senza riferimento alcuno al citato art. 22.1 – e che vi sarebbe anzi un’espressa previsione in senso contrario all’art. 6.3, per cui “se non diversamente specificato, i termini si intendono ordinatori” (disposizione che, pur dettata in tema di arbitrato ordinario, risulterebbe anche applicabile all’arbitrato rapido a norma dell’art. 20.3, per cui “per tutto quanto non espressamente regolato, si applicano all’arbitrato rapido le norme previste per il procedimento ordinario, in quanto compatibili”). Ancor prima di analizzare la questione alla luce della dottrina e della [continua ..]
Infine, merita ancora qualche breve osservazione la terza statuizione ordinatoria dell’arbitro unico, il quale ha, infine, rigettato l’istanza di chiamata del terzo svolta dai convenuti, rilevando che (i) “la competenza dell’arbitro non [può] essere estesa ad un terzo che non ha preventivamente sottoscritto alcuna clausola compromissoria” e che, comunque, (ii) “la chiamata del terzo è ammessa con l’accordo del terzo e delle parti e con il consenso degli arbitri e […] nel caso di specie l’attrice ha già dichiarato nei propri scritti difensivi che non intende aderire alla domanda svolta dai convenuti”. Nell’offrire questa motivazione, ad una prima sensazione corretta e comunque coerente con i principi dell’arbitrato, l’arbitro unico non ha offerto qualsiasi riferimento normativo, tanto alle disposizioni del Regolamento, quanto alle regole codicistiche, quanto ai principi generali. Si rende dunque preliminarmente necessario indagarne il fondamento normativo. Innanzitutto, va rilevato che l’istituto della chiamata (o dell’intervento volontario) del terzo non trovano disciplina all’interno del Regolamento. La valutazione espressa non fa che ricalcare il disposto dell’art. 816-quinques c.p.c. [29], secondo cui “l’intervento volontario o la chiamata di un terzo sono ammessi solo con l’accordo del terzo e delle parti e con il consenso degli arbitri”. Nell’impianto codicistico, quindi, i terzi possono partecipare all’arbitrato, a condizione che tutti i soggetti coinvolti (parti, terzi medesimi ed arbitri) prestino il proprio consenso; in mancanza, l’ingresso nel procedimento è precluso, tanto quello spontaneo, quanto quello “suscitato”, anche dei terzi che abbiano tuttavia sottoscritto la clausola arbitrale [30]. Sebbene siano state sollevate obiezioni alla mancata tracciatura di una distinzione tra queste ultime due eventualità e non manchi in tal senso chi prescinda dalla necessità del consenso quando il terzo ha sottoscritto la clausola compromissoria [31], si è correttamente notato che questa interpretazione non garantirebbe un’adeguata tutela per il terzo, il quale si troverebbe da ultimo vincolato dalla decisione di un organo arbitrale alla cui composizione non ha potuto prendere parte [32]. Al riguardo, “si pone [continua ..]